Certamente gli stili di vita, ma a quanto pare la longevità è legata soprattutto a ragioni genetiche. A rivelarlo è uno studio pubblicato sulla rivista Nature Aging basato su una popolazione di ben 515 centenari. In particolare, il lavoro degli scienziati è servito a identificare delle rare varianti genetiche legate alla longevità: si tratta di geni che consentono all’organismo di restare in salute, che probabilmente mettono al riparo chi li possiede dalle malattie, comprese quelle tipiche dell’invecchiamento. Gli esperti hanno confrontato il Dna dei 515 centenari con il Dna di un campione di quasi 500 anziani tra i 70 e i 95 anni. Le ipotesi inizialmente in campo per spiegare la longevità erano due: o i centenari sono privi di geni che favoriscono le malattie tipiche dell’età anziana (dai tumori alle demenze); o viceversa posseggono rari geni protettivi che risultano invece assenti nel Dna degli individui con una normale aspettativa di vita.
SCUDO GENETICO
È risultata vera questa seconda ipotesi: nel Dna dei centenari sono presenti rare varianti genetiche protettive, che li mettono al riparo dalle malattie e che sono sempre assenti negli anziani senza il dono della longevità. Lo studio è stato condotto da Zhengdong Zhang dell’Albert Einstein College of Medicine di New York, che spiega: «Rare varianti genetiche influenzano l’aspettativa di vita di un individuo e costituiscono parte dell’architettura genetica della longevità umana». Se questi primi importanti risultato dovessero essere confermati nel tempo e successive ricerche si potrebbe arrivare a sviluppare veri e propri farmaci anti-età “ad ampio spettro”, farmaci che potrebbero colpire i meccanismi stessi dell’invecchiamento nel loro insieme, piuttosto che concentrarsi su singole malattie legate all’età per estendere l’aspettativa di vita.