Siti, chat, blog e “video-sharing”: lo specialista 2.0 riceve a tutte le ore. Ogni qual volta si desideri lui è lì pronto a dare risposte. Su qualsiasi argomento che riguardi la salute: dai tumori alla claustrofobia, alle diete per contrastare il colesterolo sino alle malattie più rare. I dati del Censis parlano chiaro: quattro italiani su dieci (il 42 per cento) cercano informazioni online sulla salute. L’ultimo rapporto sulla situazione sociale del Paese dice che il 58 per cento dei casi si affida al web per capire meglio le indicazioni del proprio medico. Il 55 per cento verifica su internet la diagnosi e le indicazioni dopo una visita. In altri casi si discute con il medico dei risultati delle proprie ricerche su internet (il 37 per cento). Infine c’è anche chi contesta l’esattezza di diagnosi e terapie in base a quanto ha appreso dal web (il 20 per cento). Insomma, la rete ha trasformato il rapporto tra paziente e medico. Complice la crisi economica e le liste d’attesa infinite, accade che si intraprendano terapie in totale autonomia sulla base di informazioni reperite online: nel 19 per cento dei casi si ricorre alla cosiddetta “medicina fai da te”. Molti studiosi, però, avvertono: è una pratica pericolosa. Tra gli altri Pietro Refolo – giovane ricercatore dell’Istituto di Bioetica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma – sostiene la necessità di implementare i sistemi di controllo delle informazioni e di accreditamento dei siti dedicati alla salute: «sebbene – spiega Refolo – la Rete svolga una formidabile opera di “democratizzazione” del sapere medico, offrendo a ciascuno un’“equa” possibilità di accesso, per altro verso, comporta una serie di rischi, legati alla “cattiva informazione”. Internet non è infatti in grado di garantire l’attendibilità delle informazioni, non pochi studi internazionali di revisione dei contenuti di siti internet dedicati alla salute ne hanno dimostrato la parziale, se non totale, inaffidabilità». C’è poi un lato bello di internet: quello che aiuta i malati a uscire dalla solitudine. In Italia stanno cominciando a prendere piede, ma negli Stati Uniti i social network (evoluzione dei forum) dedicati ai pazienti sono già una realtà consolidata: uno dei più famosi è PatientsLikeMe.com che raccoglie quasi 100 mila utenti. Sul web si formano gruppi di malati che si supportano a vicenda vivendo a migliaia di chilometri di distanza. Attraverso i blog i pazienti si costruiscono delle identità sociali e il sentirsi protagonisti li aiuta a uscire meglio dalla malattia; con la telemedicina i chirurghi operano a distanza; l’e-Care consente ai professionisti sanitari di consultarsi in tempo reale; le app permettono di auto-quantificare la propria forma psico-fisica in modo istantaneo; i nuovi sistemi informatici modificano la governance sanitaria e rivoluzionano la burocrazia. La pratica dell’e-health sta prendendo piede anche in Italia. Oggi cresce l’utilizzo della prenotazione via web delle visite, utilizzata attualmente dal 13 per cento dei cittadini e secondo i numeri raccolti dall’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità del Politecnico di Milano si tratta di un risparmio annuo pari a 4,9 miliardi di euro che rimangono nelle tasche dei cittadini. ll 74 per cento dei medici, quindi, ritiene internet uno strumento necessario per la propria professione: molti di loro offrono diagnosi gratuite o comunque mediate dal computer. Seduti alla propria scrivania, armati solo di computer, i “pazienti-utenti” si ritrovano davanti a sé un medico virtuale. Il quale, dopo aver letto o ascoltato i sintomi del malessere, elaborerà diagnosi e consigli post dopo post. Insomma gli strumenti digitali hanno potenzialità infinite, ma bisogna sfruttarle nel modo giusto. Il moltiplicarsi di informazioni senza confini su patologie le più disparate, ad esempio, diventa l’eden per gli ipocondriaci. Una percentuale di italiani sempre più alta cerca informazioni in modo compulsivo e si convince di avere qualche patologia: così un’emicrania si trasforma in un tumore, il male al braccio in un infarto. Effetto finale, i “cybercondriaci” rappresentano una spesa notevole sulle spalle dello stato. Intanto Google ha già messo a punto una nuova funzione per potenziare le ricerche in tema di salute. Sarà direttamente il motore di ricerca a fornire risposte. Google mostrerà, infatti, i sintomi tipici della malattia ricercata, le sue caratteristiche e i possibili trattamenti, fornendo in alcuni casi illustrazioni di alta qualità. Dopo essersi accorti che una ricerca su venti di quelle effettuate è per cercare informazioni mediche. A Mountain View hanno pensato di includere (partendo dagli Usa) le informazioni relative alla salute nel loro Knowledge Graph, lo strumento che dal 2012 ha reso più “intelligenti” i risultati delle nostre ricerche combinandoli con i dati correlati alle parole cercate (mostrandoli nel pannello al lato a fianco dei classici risultati). Il servizio si pone come mezzo di informazione ed è solo un punto di inizio per conoscere di più in merito al proprio stato di salute , magari in modo più accurato: la ricerca e l’interpretazione di informazioni sulla salute nel web rimane un argomento a dir poco delicato.
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