Tempo di lettura: 2 minutiA scrivere è Sandra Aamodt, neuroscienziata americana. Dopo aver seguito molte diete per trent’anni, ha deciso di smettere e ha cominciato a mangiare quando aveva fame, finché non si sentiva sazia. Inoltre, ha smesso di pesarsi, ha inserito l’attività fisica nella sua agenda, e nel giro di un anno ha raggiunto il suo obiettivo: essere in forma e in salute, ma senza l’ossessione della dieta.
Nel libro racconta quando ha iniziato la sua prima dieta a tredici anni. Da lì è iniziata la sua personale disavventura, fatta di chili persi e poi recuperati, in un ciclo “yo-yo” senza fine, poi un giorno ha cominciato a fare affidamento sui segnali di fame e sazietà che le inviava il suo corpo.
La ricerca della Aamodt è diventata poi un libro, “Why diets make us fat” (2016), un misto di studi scientifici ed esperienza personale, destinato a rimettere in discussione molte cose sulle diete: dalla loro efficacia ai meccanismi neurobiologici che regolano il peso corporeo, fino a tutti i temi collegati all’ossessione del mondo contemporaneo nei confronti della magrezza, come il rischio di scivolare in un disturbo dell’alimentazione e il fenomeno dell’obesità, ormai da molti considerato un’epidemia.
La scienziata spiega, infatti, che il “peso ideale”, non lo può essere stabilito in base alla forza di volontà, ma è il cervello umano a definirlo, nello specifico l’ipotalamo, che regolando il sistema complesso del metabolismo, mantiene stabile il peso nel corso del tempo all’interno di una fascia precisa.
La spiegazione è scritta nella storia dell’umanità. I nostri antenati non conoscevano la sovrabbondanza alimentare dei nostri giorni (nelle zone ricche del pianeta). I tempi sono cambiati, ma il nostro cervello non ha certamente smesso di esercitare il suo compito. Lo stare a dieta fa scattare l’allarme e il sistema nervoso centrale fa di tutto per mantenere il fisico all’interno di quella che viene definita defended weight range, ovvero quella fascia di peso che il cervello considera giusta per la sopravvivenza. Alla fine di una dieta, per paura di ritrovarsi in una nuova condizione di “carestia”, il cervello aggiunge sempre qualche etto al range prestabilito. E così, dieta dopo dieta, una volta recuperati i chili persi, si finisce addirittura per ingrassare.
Per l’autrice, dunque, bisogna uscire dalla mentalità del “peso ideale” e entrare in una logica di “stili di vita sani”, associati a un approccio più consapevole all’alimentazione, che definisce di tipo “intuitivo”. Una delle cose più importanti da fare innanzitutto è imparare a riconoscere gli stimoli di fame e sazietà che manda il proprio
corpo.