Pubblico o privato? Quando si tratta di salute la scelta non è mai semplice. Se la salute è quella dei più piccoli il discorso si complica anche di più. Ma qual è l’atteggiamento delle mamme e dei papà italiani nei confronti dei pediatri? Ci si può fidare del pediatra di libera scelta del Servizio sanitario nazionale o è meglio rivolgersi ad uno specialista privato? La risposta a queste domande arriva da un’indagine molto interessante realizzata dall’organizzazione umanitaria Soleterre, una ricerca che analizza «la percezione del servizio pediatrico e l’atteggiamento verso il paziente in Italia».
Da Nord a Sud
Un primo dato che emerge con chiarezza è che il 64% delle famiglie italiane porta i propri figli (0 -14 anni) dal pediatra pubblico e in generale presso i servizi del sistema sanitario nazionale. Il 12% si rivolge invece ai pediatri privati, una percentuale che si alza al 18% nel Nord Ovest del Paese e, in generale, al 19% quando i figli hanno meno di 5 anni. Dunque sono principalmente le famiglie più giovani (18-30 anni) a rivolgersi al privato.
Quando si va dal privato
La scelta del medico dipende soprattutto dalle patologie: maggiore è la loro gravità, maggiore è la tendenza di rivolgersi a strutture specializzate. Per le patologie più gravi si preferisce il pediatra privato (22%), sul quale è possibile operare una scelta, e la pediatria ospedaliera (35%), che garantisce una molteplicità di servizi in una stessa struttura. Se un figlio avesse una malattia problematica il 49% degli intervistati si rivolgerebbe a una struttura italiana, il 17% ad una privata. Il survey mostra da parte degli italiani una larga fiducia al servizio pediatrico pubblico e ai servizi erogati: l’82% per i pediatri pubblici, l’80% per i medici di base e il 79% per le pediatrie.
L’approccio
La ricerca affronta anche la questione dell’approccio del personale medico e paramedico negli ospedali italiani. Il 31% lo giudica «professionale e attento», il 25% «cordiale e aperto», il 21% «distaccato e freddo». Le percentuali più alte su atteggiamenti negativi da parte del personale si ritrovano al Sud e nelle Isole: dove il 25% percepisce un atteggiamento “distaccato e freddo” e il 10% «scontroso e indisponibile». Un dato, quest’ultimo, che dovrebbe essere tenuto in considerazione dalle strutture ospedaliere dal momento che la maggior parte degli intervistati ritiene che un approccio positivo influenzi la guarigione (il 36% pensa che sia molto influente e il 46% abbastanza influente). Dall’analisi emerge anche che il 50% ha dichiarato di aver avuto difficoltà ad affrontare alcune spese obbligatorie nell’ultimo anno: per il 20% delle famiglie queste spese riguardano le cure dei figli.
L’importanza del pubblico
«Le famiglie italiane affidano la cura dei loro figli principalmente al sistema sanitario nazionale e sono soddisfatte dei servizi erogati», dice Damiano Rizzi, presidente di Soleterre. Un atteggiamento che vale ancora di più quando le patologie sono più gravi. Noi che ci occupiamo di cancro pediatrico sappiamo bene che solo le strutture pubbliche possono e potranno garantire cure di qualità per questa patologia ed è dunque necessario rafforzare i reparti garantendo risorse umane e finanziarie. È necessario anche combattere la tossicità finanziaria legata al cancro, facendo in modo che le famiglie non entrino in difficoltà finanziarie a causa della malattia e che a tutti i bambini, indipendentemente dalla condizione socio-economica in cui si trovano, sia garantito l’accesso a cure efficaci. Questo vale anche per quei servizi ormai ritenuti indispensabili come il sostegno psicologico in reparto: esso è fondamentale soprattutto per i bambini malati di cancro e le loro famiglie».