Tempo di lettura: 3 minuti«Sto male, che sarà? Ora controllo su internet». Questo semplice binomio “malattia / web” ha creato negli ultimi anni un numero infinito di guai. Non perché in internet non sia possibile trovare informazioni giuste o utili, bensì perché bisognerebbe avere la capacità di selezionarle, valutarle e interpretarle. Poi ci sono le bufale, tante e spesso molto d’effetto. «E- Health: Tra bufale e verità. Le due facce della Salute In rete» è un workshop promosso da Cittadinanzattiva che si è tenuto a Roma, durante il quale è stata presentata una ricerca promossa da Ibsa Foundation for Scientific Research. I dati che emergono sono significativi.
Tutti dal “dottor Google”
Visto che oltre l’88% degli italiani (il 93,3% tra le donne) consulta il web quando ha bisogno di informazioni sulla salute e visto che Google è il primo motore di ricerca al mondo, è facile capire come nasca l’espressione dottor Google. Un motore di ricerca con il camice bianco, che però fa quello che deve fare un motore di ricerca: trova documenti on-line, certo non può validarli dal punto di vista medico o fare una diagnosi. E qui nascono i primi guai. Dai dati del sondaggio Ibsa emerge anche che il 44% degli intervistati non considera questo tipo di consultazione di internet rischioso, quindi scende anche il livello d’allerta sulla verifica delle fonti. Dal sondaggio emerge anche che i cittadini tra i 24 e i 34 anni utilizzano intensamente il web come “supporto” delle loro ricerche, ma sono più diffidenti rispetto ai 45 – 54enni. Diffidenti a priori (usano poco il web e lo percepiscono come fonte “ad alto rischio”) sono invece gli ultra 65enni. Il dato più allarmante è relativo alla bufale in rete e, in particolare, sui social network. Basti pensare che la metà degli intervistati non si preoccupa per nulla della veridicità delle notizie. Il quadro della platea che si affida al web cambia, e molto, in base al titolo di studio. Vi ricorre il 96% dei laureati e appena il 24,5% di chi non è andato oltre la licenza elementare. Scarsa anche l’attenzione verso le fonti: il 44% si affida per abitudine ai primi risultati della pagina con una differenza rilevante tra i 18-24enni (55% del campione) e gli ultra 65enni (appena 22,7%).
Health Literacy
Silvia Misiti, direttore della Ibsa Foundation, spiega che l’idea di promuovere l’indagine è nata, e non quest’anno, dall’esigenza di alimentare il dibattito su questo tema. Si deve comprendere ciò che può essere fatto per migliorare la cosiddetta “Health Literacy” o Cultura della Salute. Del resto Ibsa che ha lo scopo di promuovere, sostenere e contribuire allo sviluppo della ricerca scientifica, sta lavorando da tempo sul tema della E-Health in generale. Il primo passo risale al 2015 e al workshop «La salute in rete: progresso o pericolo», fino all’innovativo corso sulla Health Literacy, rivolto ai rappresentati delle associazioni pazienti, organizzato lo scorso autunno. La Misti ricorda che proprio l’enorme possibilità offerta dalla rete in tema di disponibilità di informazioni può trasformarsi in un pericolo, se gli utenti non sono in grado di valutare l’affidabilità di quello che trovano.
Un decalogo anti bufala
Uno degli strumenti più interessanti venuti fuori dal workshop è il decalogo sulla cultura della salute. Facile da comprendere e pieno di buoni consigli per imparare a difendersi dalle informazioni incomplete o false che circolano in rete. La prima regola? «Occhio alle fonti». Selezionare le informazioni è un consigli d’oro, bisognerebbe sempre attingere da pagine ufficiali di organizzazioni riconosciute ed affidabili.