di Francesco Saverio Mennini*
La Sclerosi multipla è diffusa a livello mondiale con frequenze d’incidenza che variano a seconda delle aree geografiche e colpisce più le donne. Si stima che il 70% di tutti i pazienti sia di sesso femminile. Fa eccezione la forma primaria progressiva che interessa con la stessa frequenza i due sessi. Nel panorama europeo di prevalenza e incidenza della patologia, l’Italia occupa una posizione intermedia, con 113 casi ogni 100mila abitanti e 1.800 nuovi casi per ogni anno. L’incidenza è significativamente più alta in Sardegna con un tasso di 6,8 per 100mila abitanti registrato nel 1993-1997. In base a questi dati, considerando che la popolazione italiana è di 60.782.668 abitanti, è possibile stimare una prevalenza di più di 68mila casi di Sclerosi multipla sull’intero territorio nazionale. Partendo da questi numeri si capisce bene come la Sclerosi multipla rappresenti una patologia altamente impattante, tanto dal punto di vista del paziente che da quello del Sistema Sanitario, ma soprattutto dal punto di vista economico.
I costi sociali
Il peso economico di questa patologia non si riflette solamente in termini di costi sostenuti direttamente dal Sistema Sanitario, ma anche e soprattutto dai costi sostenuti dai pazienti (cure informali) e dalla perdita di produttività. Nello specifico, si stima un onere complessivo annuo pari a oltre 2,08 miliardi, di cui circa il 45% (878,2 milioni) è imputabile a costi diretti sanitari, il 47% (970,6 milioni) è causato dai costi diretti non sanitari, mentre la perdita di produttività associata all’assenza dal lavoro legata alla malattia supera i 234,6 milioni e rappresenta l’11% della spesa complessiva sostenuta nella prospettiva sociale. Per contestualizzare questi risultati, basti pensare che la spesa stimata supera di centinaia di milioni la spesa indotta da una malattia cronica come l’HCV (stima dei costi diretti ed indiretti pari a 1,05 miliardi). Un fattore da tenere in considerazione è, ancora, quello relativo alla progressione della malattia.
Sostenibilità
La progressione della disabilità rappresenta, infatti, un fattore negativo, sia in termini di qualità della vita, quanto per le risorse che occorre impiegare per il trattamento della patologia. Da analisi recenti si evince che i pazienti in stato avanzato di disabilità, pari al 14% della popolazione, assorbono più di un quarto della spesa totale. Invece, i pazienti in stato EDSS lieve si dimostrano la popolazione che assorbe la quota parte di spesa minore (23% del totale), pur costituendo il 41% dei pazienti totali. Conseguentemente, interventi precoci e appropriati potrebbero permettere di rallentare fortemente la progressione della disabilità con conseguenti ricadute positive tanto dal punto di vista della qualità di vita del paziente che di un corretto utilizzo delle risorse.
* Professore di Economia
Sanitaria Università degli Studi
di Roma Tor Vergata