L’editoriale
È ora di recuperare terreno
di Marco Trabucco Aurilio
Sostenibilità ed equità: su questi due pilastri dovrebbero basarsi le scelte del legislatore nell’ambito della sanità pubblica italiana. Ma in questo Paese siamo abituati, ahimè, a vedere tanti, troppi remake. Così, le criticità di ieri si sommano a quelle di oggi. Il“povero” Sistema sanitario nazionale viene ormai sostenuto da un anziano esercito di camici bianchi, esausti da promesse mancate, precariato, turni massacranti. Per non parlare di stipendi che in Italia risultano troppo bassi, purtroppo ben sotto la media di un paese civile.
Sotto la media
È la disarmante “sincerità” dei numeri ancora una volta a certificare le criticità: gli ultimi dati Ocse ci rappresentano infatti una spesa sanitaria (pubblica e privata) più bassa se confrontata alla media: 3.541 dollari rispetto ai 4.000 dollari segnati da uno scontato primato agli Stati Uniti d’America, seguiti dalla Francia come primo paese dell’Unione europea. Per quanto riguarda le regioni, invece, siamo ancora di fronte ad una forte disuguaglianza e preoccupante disomogeneità nell’offerta sanitaria. Una sanità che si mostra sempre più a due velocità, con Il Sud che – pur vantando alcuni poli di grande eccellenza – arranca. Gravato dai sistemi sanitari regionali “malati” di Campania, Molise, Calabria, Sicilia e Sardegna, in “terapia” ormai cronica. Non c’è più tempo e il progresso della ricerca e delle terapie accentuerà ancora i problemi.
Nuove forme di finanziamento
Nell’ultimo anno, e nei prossimi cinque, saranno disponibili terapie innovative che sconfiggeranno nel medio e breve termine patologie come ad esempio l’epatite C e tenderanno a debellare se non a cronicizzare le patologie oncologiche. Terapie dunque ad alto costo ma ad elevatissima efficacia, frutto di ricerche, molte italiane, durate anche decenni. Questa rivoluzione della ricerca sarà sostenibile? È arrivato il momento di sviluppare nuove forme di finanziamento della spesa sanitaria che aprano anche ad una reale integrazione tra “pubblico” e “privato”? Non c’è più tempo a nostra disposizione, si rischia di perdere ciò che rende ancora unico il nostro sistema sanitario: l’universalità delle cure.
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