Si è talmente abituati a credere che malattie rare significhi “poco diffuse” che il problema resta spesso lontano dal dibattito pubblico e dalle decisioni della politica. Ciò che è difficile da far comprendere è che quella delle malattie rare è una galassia. Un’enorme quantità di patologie diverse che coinvolgono ciascuna un numero esiguo di persone, e questa lacerazione trascina spesso i pazienti affetti da malattie rare nel vortice della solitudine. Cosa può essere più drammatico di essere affetti da una malattia per la quale è difficile anche solo avere una diagnosi? Fortunatamente negli ultimi anni in Italia le cose sono cambiate in meglio, e a ben vedere il nostro paese è tra i più avanzati d’Europa rispetto alla presa in carico e alla cura dei pazienti affetti da malattie rare. Tra i nodi da sciogliere resta però un’eccessiva regionalizzazione. Lo dice a chiare lettere il professor Bruno Dallapiccola, presidente della Direzione scientifica del Bambino Gesù di Roma. «I pazienti – spiega – sono purtroppo costretti ad adattarsi alle disomogeneità, a volte piccole ma a volte enormi, che ci sono da regione a regione. La persona con malattia rara ha delle opportunità o delle lacune molto diverse, nelle varie regioni italiane».
SISTEMA ITALIA
Diversa la situazione se si guarda al sistema Italia nel contesto dei paesi europei. «In questo senso – aggiunge Dallapicolla – l’Italia ha un sistema che è tra i migliori. Il nostro paese è uno dei pochi ad aver costruito da tempo una rete che conta oltre 300 centri e che di fatto costituisce un quinto della rete europea». Per Dallapiccola l’aspetto critico è ancora quello delle lungaggini amministrative, e una rappresentanza ai tavoli istituzionali europei che non è “aggressiva” quanto quella degli altri paesi. Certo è che i fondi destinati alla ricerca sono pochi e se l’Italia resta in questo campo uno dei paesi di punta a livello mondiale è spesso grazie all’impegno di tanti professionisti pronti a sacrificare molto della propria vita personale, e a lavorare sodo nonostante tutto.
PDTA
Che la situazione italiana sia buona, seppur tra luci e ombre, lo pensa anche Annalisa Scopinaro, presidente di Uniamo FIMR Onlus. «Dal 2011 in poi – dice – perle malattie rare sono stati fatti diversi passi in avanti», aggiungendo però che «stentiamo ancora ad avere un sistema che realmente funzioni. Il decreto ministeriale 279 ha definito quelli che possiamo considerare i tre pilastri della struttura che avrebbe dovuto reggere il sistema di presa in carico dei malati rari: registri, centri di competenza (anche interregionali) e PDTA. Purtroppo su molti di questi punti siamo ancora indietro». Qualcosa a livello legislativo si sta muovendo. «Stanno uscendo indiscrezioni su un testo unico – conclude Scopinaro – ma ancora non sappiamo come andrà a finire. Guardiamo con interesse a queste pro- poste e abbiamo chiesto di essere parte attiva del pro- cesso di costruzione della proposta di legge. Al momento non abbiamo avuto alcun risconto, ma siamo speranzosi». La speranza è anche che a livello istituzionale si riesca a fare di più per tenere il passo con quanti lavorano sul territorio e fare in modo che alla malattia non debba aggiungersi anche un vero e proprio dolore burocratico.