I dati della Piattaforma Italiana per lo studio delle Terapie delle Epatiti Virali (PITER) dell’ISS saranno il primo Registro Italiano a essere realizzato con tecnologia BlockChain. Tutti gli epatologi e infettivologi del territorio disporranno così della più grande casistica di ricerca clinica sul tema con i dati di più di 10 mila pazienti e 100 centri clinici raccolti nella piattaforma. La novità è stata presentata all’ISS in occasione del convegno “BlockChain in Sanità: sicurezza, trasparenza e democrazia dei dati”, promosso da Stefano Vella, Direttore del Centro per la Salute Globale dell’ISS, Antonio Gaudioso, Segretario Generale di Cittadinanzattiva, e da Massimiliano Barawitzka, Advisor di McCANN HEALTH.
La tecnologia BlockChain
Si tratta di un registro decentralizzato, di cui ogni centro detiene una copia, e ogni volta che un dato viene modificato, la modifica viene riportata su tutte le copie della rete ‟con un doppio obiettivo – spiega Stefano Vella – avere sempre una copia aggiornata di tutti i dati in ciascuna sede e identificare immediatamente eventuali attacchi ad uno dei database che, pur essendo riconosciuto come “differente” dalle altre copie, può essere congelato senza impedire che gli altri centri lavorino in sicurezza. Sarà più semplice sia l’interrogazione che l’aggiornamento da parte di ciascun centro”.
Prima volta in Italia
“Mettere sotto BlockChain la piattaforma dell’ISS sulle epatiti virali (PITER) – dichiara Walter Ricciardi, Presidente dell’ISS – rappresenta un passaggio pionieristico, il primo esempio italiano di “democratizzazione” di un database sanitario di cui i centri specialistici afferenti al progetto condivideranno e utilizzeranno i contenuti, secondo una metodologia che garantisce ai centri la massima trasparenza, ovvero una sorta di proprietà condivisa in cui ogni modifica apportata viene vista in tempo reale da tutti, e assicura al tempo stesso ai cittadini privacy e incorruttibilità dei dati dall’esterno”. La richiesta di trasparenza nella gestione dei dati sensibili è crescente e supportata anche dalle nuove regole europee in tema di privacy. “La nostra idea – afferma Antonio Gaudioso, segretario generale Cittadinanzattiva – non è di ‘vietare’ l’utilizzo delle informazioni personali a scopo di ricerca, ma di avere visibilità e trasparenza su chi le utilizza e a che scopo, dietro un esplicito consenso informato, fornendo possibilmente anche un ritorno a chi mette a disposizione in modo consapevole le proprie informazioni sulla salute rinforzando così un’alleanza tra ricercatori e cittadini che fa bene a tutto il sistema”.
I dati sensibili
Secondo una ricerca svolta in tutti i Paesi del mondo da McCANN sul tema della privacy, le persone considerano i dati sulla salute un valore da custodire con estrema cura, secondi solo ai dati sui propri risparmi. “Siamo in una congiuntura favorevole, in cui il sistema sanitario chiede aiuto all’innovazione per essere sempre più efficiente e i cittadini desiderano essere sempre più sicuri, meglio informati e più partecipi nella gestione delle informazioni che riguardano le proprie malattie – dichiara Massimiliano Barawitzka, esperto di innovazione nel mondo della salute – La BlockChain non è una panacea che risolve da sola tutte le sfide della interoperabilità dei dati, ma è sicuramente un percorso da intraprendere da subito con una serie di ‘cantieri’ che costruiscano soluzioni misurabili in tempi brevi. Basti pensare a tutti quei sistemi che aiutano i pazienti ad essere più aderenti alle terapie, alla ricerca clinica, alle terapie cosiddette ‘avanzate’ e alla medicina personalizzata. Anche la ricerca può beneficiare di questa tecnologia”.
In America
Ha partecipato all’evento di presentazione anche uno dei “guru” di questa tecnologia applicata al mondo della salute: John Halamka, Professore alla Harvard University di Innovation in Medicine, il quale osserva un numero sempre crescente di progetti d’impresa e startup che quasi quotidianamente nascono negli Stati Uniti. “Sono numerosi i progetti ambiziosi che promettono soluzioni al problema dello scambio dei dati dei pazienti ogni giorno – dice Halamka – ma in realtà bisogna saper distinguere tra ciò che è fattibile sin da oggi e ciò che resta una soluzione solo in teoria e personalmente tendo a non considerare tutte quelle iniziative che non hanno un vero prodotto alla base, non portano un business plan credibile e che non analizzano bene il vantaggio intrinseco nell’affiancare questa tecnologia a quanto di buono già c’è nella sanità digitale”.
La sfida italiana
Il sistema sanitario italiano, molto frammentato e regionalizzato, può apparire una sfida troppo grande per essere affrontata, ma spiega Halamka: “se è vero che l’Italia ha un sistema regionalizzato, gli Stati Uniti hanno un sistema che deve far conto con 52 Stati con regole differenti in ciascuno Stato. Eppure, funziona.”. “L’Istituto da sempre – conclude Ricciardi – si fregia di essere un punto di riferimento per la ricerca italiana e comprende bene quanto la digitalizzazione delle informazioni e una loro accurata gestione possano fare la differenza in una sanità che dovrà sempre più dimostrare di fornire risultati di outcome clinico misurabili e facilmente consultabili da chi, come noi, ha un ruolo di vigilanza per la salute pubblica dei cittadini. Da quanto emerso oggi in questa prima edizione di BlockChain in Sanità, capisco che questa tecnologia può essere strumento essenziale di questa trasformazione”.