Si dice “vedi Napoli e poi muori”. Beh, a giudicare dal modulo di consenso informato di una ASL del Nord viene da chiedersi se gli autori del documento la città di Napoli l’abbiamo mai vista. E’ un vero e proprio caso mediatico quello sollevato dal consigliere regionale Francesco Emilio Borrelli ai microfoni della Radiazza (programma radiofonico condotto da Gianni Simioli). A quanto pare nella nota, scritta in un modulo dell’azienda sanitaria scaligera, si descrive il rapporto rischio/beneficio di una tecnologia diagnostica con un esempio quantomeno ardito. Dal punto di vista di radiazioni assorbite, vivere per un mese a Napoli è come sottoporsi all’esame radiologico “TC cone beam”, una tecnica di tomografia computerizzata utilizzata in implantologia e in ortodonzia.
DISCRIMINAZIONE
«Sembra uno scherzo e invece è drammaticamente vero – hanno ribadito in radio il consigliere regionale dei Verdi, Francesco Emilio Borrelli, e il conduttore Simioli -. Basta andare sul sito dell’azienda sanitaria di Verona ULSS9 scaligera e cercare il modello per il consenso all’esecuzione di un esame radiologico TC Cone Beam. Una discriminazione bella e buona che non trova alcuna ratio se non quella della scarsa sensibilità e intelligenza di chi ha elaborato il testo. Ci auguriamo che la modulistica in questione venga immediatamente modificata»
LE SCUSE
«È evidente che la città di Napoli viene citata unicamente in qualità di benchmark nazionale per quanto riguarda il tasso di radioattività ambientale, senza alcuna accezione negativa, come lasciato intendere da chi ha sollevato il “caso”. Pur “nella più assoluta buona fede”, al fine di evitare ulteriori strumentalizzazioni la Direzione dell’Ulss 9 ha comunque deciso di sostituire e aggiornare il modulo in questione, che è stato già rimosso dal sito internet aziendale, e si scusa con quanti possano essersi risentiti per l’accaduto», ha spiegato l’azienda in una nota. Scuse, se così si possono definire, che non hanno convinto più di tanto i partenopei. In molti si sono lasciati andare a commenti al vetriolo sui social, convinti che un’Azienda sanitaria pubblica dovrebbe essere ben più “attenta” nel lanciarsi in esempi tanto arditi.