La battaglia contro il Covid non si esaurisce con il doppio tampone negativo, per almeno 6 mesi dall’avvenuta guarigione i polmoni sarebbero a rischio e addirittura un terzo dei guariti si troveranno a fare i conti con problemi respiratori cronici. Il quadro arriva dal meeting digitale organizzato dalla Società Italiana di Pneumologia (SIP) con StemNet, la Federazione delle Associazioni di Ricerca sulle Cellule Staminali e il Gruppo Italiano Staminali Mesenchimali (GISM). Un grosso problema, dicono gli esperti, è legato alla cicatrice che il Covid nei casi più gravi lascia sul polmone, una cicatrice che potrebbe anche portare ad nuova patologia di domani e «una nuova emergenza sanitaria».
DANNI PERMANENTI
Se le cose fossero realmente in questi termini, e le evidenze scientifiche di oggi sembra vadano consolidando le ipotesi avanzate, è chiaro che la strategia di cura dovrebbe tener conto anche di ambulatorio post Covid-19, nei quali poter sviluppare un appropriato follow-up dei pazienti. Ma da dove nasce l’idea che il Covid possa lasciare strascichi a lungo termine sulla funzionalità dei polmoni? Ricercatori e pneumologi sono giunti a questa conclusione confrontando i primi dati raccolti nel nostro Paese e dai medici cinesi con gli esiti di pazienti colpiti da Sars nel 2003. Si stima che in media in un adulto possano servire da 6 a 12 mesi per il recupero funzionale, che per alcuni però potrebbe non essere completo.
FOLLOW UP
Dopo la polmonite da Covid-19 potrebbero perciò essere frequenti alterazioni permanenti della funzione respiratoria ma soprattutto segni diffusi di fibrosi polmonare: il tessuto respiratorio colpito dall’infezione perde le proprie caratteristiche e la propria struttura normale, diventando rigido e poco funzionale, comportando sintomi cronici e necessità, in alcuni pazienti, di ossigenoterapia domiciliare. In questo senso è già attivo a Pavia un ambulatorio che può essere considerato il primo esempio di questo nuovo modo di gestire i casi dopo la guarigione.