Tempo di lettura: 3 minutiArrossire e tremare, sensazione di morsa allo stomaco, palpitazioni, tachicardia, ipersudorazione, confusione e stordimento, nausea, mal di stomaco, bisogno impellente di urinare. Tutti quanti, almeno una volta nella vita, abbiamo avuto un sintomo d’ansia, ma non è sempre patologico. Essere ansiosi prima di un colloquio di lavoro è normale, ma se condiziona molti aspetti di vita allora l’ansia diventa un motivo di sofferenza. In tutto il mondo interessa dal 3 all’8 per cento della popolazione generale. Le donne sono le più colpite, in età compresa tra i venti e i quarant’anni o durante la menopausa e in classi sociali meno abbienti. L’esordio è insidioso e sfumato, la maggior parte dei pazienti dice di averne sempre sofferto. L’ansioso manifesta un’apprensione cronica, appare sempre preoccupato in tutte le situazioni della vita, per la salute e l’incolumità fisica dei propri familiari, per i problemi finanziari e per il proprio lavoro. “Non ce la faccio a rilassarmi” è una frase tipica. Preoccupato dai sintomi, spesso si rivolge al medico di base, si sottopone a una serie di esami clinici, spesso costosi e alla fine si accorgere di essere “solo” ansioso. Chi soffre d’ansia scivola più facilmente nella dipendenza da sostanze alcoliche o analgesici. Anche se è presente in tutti i disturbi psichici, l’ansia da sola non basta per una diagnosi. Può manifestarsi in molte forme: fobie, disturbo di panico, disturbo d’ansia generalizzato, disturbo ossessivo-compulsivo, disturbo post traumatico da stress, disturbo acuto da stress. Il rimedio è la psicoterapia, il ricorso a tecniche di rilassamento e infine i farmaci. L’uso di questi ultimi, nel corso degli ultimi anni è aumentato secondo le statistiche. Il disturbo d’ansia è un fenomeno molto diffuso da sempre, racconta la dottoressa De Laurentis psichiatra e fondatrice dell’Istituto di Terapia Relazionale di Napoli e Caserta: «negli ultimi anni si è iniziato ad affrontarlo per migliorare la qualità della vita, prima semplicemente non lo si affrontava. Quindi non è che sia aumentato, ma c’è una maggiore richiesta di migliorare la qualità della vita» – poi parla delle cure – «spesso viene affrontata col minimo sforzo con i farmaci, ma il problema è che poi gli ansiolitici fanno pagare un prezzo troppo alto, che è quello della dipendenza, ecco perché è molto importante per il disturbo d’ansia, quando inficia la qualità della vita, che si attivi un percorso di psicoterapia» – sui vari disturbi d’ansia racconta – «una delle sintomatologie molto presenti in questo periodo è il disturbo da attacchi di panico. Quest’ultimo a volte impedisce, proprio per la paura che ci sia l’attacco di panico, di affrontare la vita e di uscire da casa. In questi casi, dove si crea l’isolamento, allora è utile il farmaco. L’attacco di panico dà una sintomatologia molto grande, soprattutto quello più grave, dopo il primo attacco di panico, è la paura che si ripresenti, allora ci si isola». Insomma, l’attacco di panico non dà preavviso, arriva “a ciel sereno” mentre si svolgono le normali attività quotidiane, oppure in seguito a un incidente, un lutto, una separazione, il post partum, una malattia grave, una malattia endocrina. Nei giovani il primo attacco spesso compare in concomitanza con l’assunzione di sostanze, soprattutto marjiuana, cocaina, anfetamine, LSD. Quando gli attacchi diventano frequenti si parla di disturbo di panico. Chi ne soffre spesso ha reazioni incontrollate (evitamento, fuga) e vive con la preoccupazione costante di avere un nuovo episodio o delle conseguenze che ne possono derivare (ansia anticipatoria). All’inizio tutta l’attenzione di concentra sui sintomi somatici, si va al pronto soccorso ogni volta che arriva l’attacco, si insiste per fare accertamenti. Fondamentale è quindi che i medici del dipartimento di emergenza siano in grado di riconoscere i sintomi del disturbo da panico, per formulare una diagnosi corretta, evitare accertamenti inutili e costosi e dare una terapia appropriata prima che il disturbo peggiori. Il disturbo da panico interessa dal 3 al 5,6 percento della popolazione generale. L’esordio è tra i 15 e i 35 anni, ma può comparire anche nell’infanzia e dopo i quarant’anni (15% dei casi). Studi sui familiari e sui gemelli suggeriscono una possibile ereditarietà. I dati insomma sono chiari e i rimedi ci sono. Vale anche per l’ansia e curarla non significa necessariamente eliminarla del tutto, ma migliorare la tolleranza alla stessa, utilizzandola come segnale del corpo per investigare il sottostante conflitto che l’ha provocata.