La cefalea, per chi ne soffre davvero, è uno dei disturbi più invalidanti che possano esistere. Secondo i dati dell’Organizzazione mondiale della sanità, questo disturbo del sistema nervoso centrale è estremamente diffuso, e questo fa sì che una gran parte della popolazione abbia gravi problemi di salute e disabilità. Per quanti soffrono di cefalee, la notizia è che i ricercatori del Consiglio nazionale delle ricerche – Istituto per i sistemi agricoli e forestali del Mediterraneo (Isafom-Cnr) e Istituto di scienze neurologiche (Isn-Cnr) – si sono interessati all’argomento con uno studio sui rimedi vegetali usati dalla medicina popolare italiana tra il XIX ed il XX secolo. I risultato di questo studio sono stati tali da far meritare alla ricerca la pubblicazione sul Journal of Ethnopharmacology.
Piante come farmaci
«Alla luce delle attuali conoscenze farmacologiche, circa il 79% delle piante utilizzate nel passato presenta metaboliti secondari (composti organici che non hanno una funzione diretta sulla crescita e lo sviluppo delle piante) con azione anti-infiammatoria e analgesica e comunque in grado di contrastare i meccanismi ritenuti alla base delle principali forme di cefalee», spiega Giuseppe Tagarelli dell’Istituto per i sistemi agricoli e forestali del Mediterraneo (Isafom-Cnr). «Componenti organici quali flavonoidi, terpenoidi, fenilpropanoidi sembrano poter bloccare, in vivo, i mediatori chimici coinvolti nell’insorgenza delle cefalee. Ad esempio, i diterpeni estratti dal girasole, dal sambuco e dall’artemisia agiscono sulle cavie come i FANS, i farmaci antiinfiammatori non steroidei che solitamente si assumono contro le cefalee, oltre che per ridurre lo stato infiammatorio in patologie articolari, reumatologiche e muscolo-scheletriche. Questi metaboliti secondari sono infatti in grado di bloccare la produzione degli enzimi che favoriscono la biosintesi delle prostaglandine, mediatori dell’infiammazione».
Antichi saperi
Lo studio ha rivelato anche altro. “È stato evidenziato che circa il 42% delle piante utilizzate dalla medicina popolare italiana per la cura della cefalea era già in uso nel periodo tra il V secolo a.C. e il II d.C., come testimoniano Ippocrate, Plinio il Vecchio, Dioscoride, Galeno e Sereno Sammonico. Lo studio testimonia, dunque, uno straordinario trasferimento di conoscenze empiriche, per circa 2.000 anni”, aggiunge il ricercatore. Un significativo bagaglio di sapere per lo sviluppo di nuovi farmaci. Youyou Tu, Premio Nobel per la Medicina nel 2015, ha “riscoperto” l’artemisina, estratta dall’Artemisia annua, pianta storicamente usata dalla medicina tradizionale cinese per la cura della malaria e oggi considerata la molecola più efficace per guarire da tale parassitosi.