In questi giorni si è molto discusso di un caso che si potrebbe definire “ai confini della realtà”, che ci deve mettere in guardia da un fenomeno di alienazione che da noi è ancora poco noto, ma ben conosciuto in Giappone sotto il nome di Hikikomori. La cronaca, riportata in prima battuta dalla Gazzetta del Mezzogiorno, è quella di famiglia rimasta per due anni e mezzo chiusa in casa, in uno stato di alienazione totale dalla realtà, perché soggiogata dal web, per il quale aveva sviluppato una dipendenza patologica. L’unica a uscire era la figlia di 9 anni per andare a scuola e comprare qualcosa da mangiare alla famiglia che, oramai, si nutriva solo di merendine, biscotti e caramelle. Secondo quanto riferito dal quotidiano, il nucleo famigliare era composto dai giovani genitori, la madre di 43 anni e il padre di 40, e da due piccoli figli, un ragazzo di 15 anni e una bambina di 9. Il 15enne, che aveva abbandonato gli studi, ha anche rischiato di restare vittima del “Blue Whale”, la trappola social che spinge gli adolescenti al suicidio. A far scoprire il caso della famiglia che aveva tagliato i ponti col mondo reale, sono state le condizioni in cui si presentava a scuola la bambina: la trascuratezza e la scarsa igiene hanno insospettito gli insegnanti che hanno allertato i servizi sociali.
Non solo web
Il fenomeno chiamato in Giappone Hikikomori in Italia è sconosciuto, quasi “invisibile” come i soggetti che ne soffrono. “Hikikomori”, in giapponese significa “stare in disparte” e colpisce più adolescenti (anche italiani) di quanto si possa immaginare. Non li vediamo perché la loro vita si svolge interamente in una stanza: la loro camera da letto. Si rifiutano di uscire, di vedere gente e di avere rapporti sociali. In quella stanza leggono, disegnano, dormono, giocano con i videogiochi e navigano su Internet. In pratica proteggono loro stessi dal giudizio del mondo esterno. Secondo gli esperto chi attribuisce la colpa del disagio solo alle nuove tecnologie sbaglia di grosso. Le cause sono molteplici e il fenomeno è sorto prima dell’avvento del Pc. Di noto c’è che l’isolamento può durare alcuni mesi o anni, ma una cosa, sostengono gli esperti, è certa: non si risolve mai spontaneamente.
Videogame
Benché il fenomeno di isolamento dalla realtà esistesse ben prima dell’avvento di videogiochi e personal computer, è chiaro che trascorrere troppo tempo davanti ad uno schermo non aiuta. Anzi, si rischia l’alienazione. Un “abuso” di videogiochi tende a creare una dipendenza e a plagiare la mente dei videogiocatori rendendoli insensibili alla realtà e spesso incapaci di distinguere la realtà dal gioco, causando una sorta di alienazione dal mondo circostante che può sfociare o in un totale isolamento dell’individuo o, al contrario, in una trasposizione del gioco nella realtà con atti inconsulti. Poi ci sono i comportamenti violenti. Diverse ricerche scientifiche hanno dimostrato che i giochi violenti nei quali si simulano sparatorie, corse ad alta velocità, atti violenti sono potenzialmente dannosi per la psiche dei giovani, provocando aggressività e comportamenti intolleranti. Insomma, senza demonizzare il mondo virtuale, l’importante è stare sempre ben piantati in quello reale.