Tumori: i 5 più frequenti e il ruolo dello stile di vita
Aumentano le diagnosi dei tumori rispetto al 2020. I cinque carcinomi più frequenti sono quelli della mammella (55.700), colon-retto (48.100), polmone (43.900), prostata (40.500) e vescica (29.200). Sull’incidenza pesa lo stile di vita. Il 33% degli italiani è in sovrappeso, il 24% fuma e i sedentari sono passati dal 23% nel 2008 al 31% nel 2021. Pesano i ritardi nell’assistenza accumulati durante la pandemia, ma si registra una ripresa dei programmi di prevenzione secondaria e degli interventi chirurgici in stadio iniziale
Tumori, i numeri in Italia
Nel 2022, in Italia, sono stimate 390.700 nuove diagnosi di cancro (nel 2020 erano 376.600), 205.000 negli uomini e 185.700 nelle donne. In due anni, l’incremento è stato di 14.100 casi. Il tumore più frequentemente diagnosticato, nel 2022, è il carcinoma della mammella (55.700 casi, +0,5% rispetto al 2020), seguito dal colon-retto (48.100, +1,5% negli uomini e +1,6% nelle donne), polmone (43.900, +1,6% negli uomini e +3,6% nelle donne), prostata (40.500, +1,5%) e vescica (29.200, +1,7% negli uomini e +1,0% nelle donne). La pandemia ha determinato, nel 2020, un calo delle nuove diagnosi, legato in parte all’interruzione degli screening oncologici e al rallentamento delle attività diagnostiche, ma oggi si assiste alla ripresa dei casi di cancro come in altri Paesi europei.
Stili di vita scorretti fattore di rischio
Un dato che preoccupa gli esperti riguarda gli stili di vita. Il 33% degli adulti è in sovrappeso e il 10% obeso, il 24% fuma e i sedentari sono aumentati dal 23% nel 2008 al 31% nel 2021. Dall’altro lato, va letta positivamente la ripresa dei programmi di screening, tornati nel 2021 ai livelli prepandemici. In particolare quello mammografico raggiunge la copertura del 46%, per il colon-retto del 30% e per la cervice uterina del 35%. Alla riattivazione dei programmi di prevenzione secondaria corrisponde un incremento del numero di interventi chirurgici per cancro del colon-retto e della mammella, anche in stadio iniziale. Nell’assistenza oncologica assume un ruolo di primo piano la vaccinazione anti Covid. Il rischio di morte, tra le persone con storia di cancro e positività all’infezione da SARS-CoV-2, è 2-3 volte superiore tra quelle non vaccinate rispetto alle vaccinate.
I numeri emergono dal censimento ufficiale, giunto alla dodicesima edizione. Descrive gli aspetti relativi alla diagnosi e terapia delle neoplasie grazie al lavoro dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM), AIRTUM (Associazione Italiana Registri Tumori), Fondazione AIOM, Osservatorio Nazionale Screening (ONS), PASSI (Progressi delle Aziende Sanitarie per la Salute in Italia), PASSI d’Argento e della Società Italiana di Anatomia Patologica e di Citologia Diagnostica (SIAPeC-IAP). Il volume “I numeri del cancro in Italia 2022”, è stato presentato qualche giorno presso il Ministero della Salute.
La prevenzione primaria dei tumori
“L’aumento a 390.700 del numero assoluto dei casi nel 2022 pone interrogativi per i quali attualmente non ci sono risposte esaurienti – afferma Saverio Cinieri, Presidente AIOM -. Queste stime per l’Italia per il 2022 sembrano indicare un aumento del numero assoluto dei tumori, in gran parte legato all’invecchiamento della popolazione, in apparente contrasto con l’andamento decrescente dei tassi di incidenza osservato se, ipoteticamente, si considera invariata l’età dei cittadini. Questi dati aggiornati invitano sempre di più a rafforzare le azioni per contrastare il ritardo diagnostico e per favorire la prevenzione secondaria e soprattutto primaria, agendo sul controllo dei fattori di rischio a partire dal fumo di tabacco, dall’obesità, dalla sedentarietà, dall’abuso di alcol e dalla necessità di favorire le vaccinazioni contro le infezioni note per causare il cancro, come quella contro l’HPV”.
“Il volume costituisce un supporto di grande valore per il Servizio Sanitario Nazionale, per il Ministero della Salute e, indubbiamente, per i pazienti oncologici, ai quali, mai come adesso, è necessario offrire le pratiche migliori di prevenzione, cura e assistenza – spiega il Ministro della Salute, Prof. Orazio Schillaci, nella prefazione del libro -. Come emerge dall’analisi, a seguito di decenni caratterizzati da notevoli progressi, la pandemia di Covid-19 ha determinato una battuta d’arresto nella lotta al cancro, causando in Italia, nel complesso, un forte rallentamento delle attività diagnostiche in campo oncologico, con conseguente incremento delle forme avanzate della malattia. Questi ritardi sicuramente influiranno sull’incidenza futura delle patologie neoplastiche. Inoltre, per quanto riguarda i fattori di rischio comportamentali, i dati raccolti durante il biennio 2020-2021 segnano un momento di accelerazione per lo più in senso peggiorativo. Si tratta di un dato che non può non destare preoccupazione se si considera che il 40% dei casi e il 50% delle morti oncologiche possono essere evitati intervenendo su fattori di rischio prevenibili, soprattutto sugli stili di vita”.
Stile di vita peggiorato con pandemia
È infatti necessario sensibilizzare i cittadini sulle regole di prevenzione primaria. “I dati PASSI sugli stili di vita confermano la non ottimale aderenza dei cittadini ad uno stile di vita sano – afferma Maria Masocco, Responsabile scientifico dei sistemi di sorveglianza PASSI e PASSI d’Argento, coordinati dall’Istituto Superiore di Sanità -. Dall’analisi delle serie storiche dei fattori di rischio comportamentali, emerge che non ci sono stati grandi miglioramenti negli ultimi 15 anni e, ad eccezione dell’abitudine al fumo di sigaretta che continua la sua lenta riduzione da oltre un trentennio, il consumo di alcol a rischio, la sedentarietà e l’eccesso ponderale, complessivamente, peggiorano o restano stabili. Non solo. In piena pandemia, durante il biennio 2020-2021, questi trend hanno subito modifiche per lo più in senso peggiorativo. L’impatto della pandemia sugli stili di vita è più visibile nel 2020 e sembra, in parte, rientrare nel 2021. Ma gli sforzi per sensibilizzare i cittadini sull’importanza della prevenzione primaria non devono fermarsi”.
Come emerge dall’indagine che ha coinvolto 10 anatomie patologiche per i tumori della mammella e 12 per il colon-retto, il numero di carcinomi della mammella operati nel 2020 è risultato inferiore del 4,7% (-151 casi) rispetto al 2019, per poi risalire nel 2021 (+ 441 casi, +14,5%). Nel 2020, il numero di carcinomi del colon-retto operati è risultato inferiore del 10,8% (-238 casi) rispetto al 2019, mentre è cresciuto di 233 casi (+11,9%) nel 2021 rispetto al 2020. “Questa edizione contiene l’aggiornamento al 2021 dell’indagine contenuta nella scorsa edizione sull’impatto dell’infezione da SARS-CoV-2 sugli interventi chirurgici dei tumori della mammella e del colon-retto – evidenzia Guido Mazzoleni, Azienda Sanitaria di Bolzano, Registro Tumori di Bolzano, Referente SIAPeC-IAP -. I risultati aggiornati fanno emergere, in generale e per entrambi i tumori, un aumento dei casi operati nel 2021 rispetto al 2020 e un incremento della percentuale dei tumori pTis, cioè in stadio iniziale, nel 2021 rispetto agli anni precedenti, sia nella mammella che nel colon-retto, a conferma di una ripresa degli screening oncologici. Va, inoltre, segnalato un aumento in entrambe le neoplasie delle categorie N0 e N1a, verosimile indicatore di una presa in carico più precoce dei tumori diagnosticati”.
Nel 2021 si osserva, infatti, un ritorno ai dati pre-pandemici anche per quanto riguarda la copertura dei programmi di prevenzione secondaria. Per la mammografia il valore medio italiano, che nel 2020 si era attestato al 30%, nel 2021 ritorna in linea (46,3%) con i valori di copertura (cioè la proporzione di donne che hanno effettuato la mammografia sul totale della popolazione avente diritto) del periodo 2018-2019. Per lo screening colorettale (ricerca del sangue occulto nelle feci) il valore complessivo si attestava intorno al 30%, per ridursi al 17% nel 2020 e risalire al 30% nel 2021. Lo screening cervicale presentava valori pre-pandemici intorno al 38-39%, un calo al 23% nel 2020 e un livello di copertura del 35% nel 2021. “Questi dati ci consegnano un Paese a due, se non a tre velocità, ma anche con notevoli capacità di rispondere alle emergenze – sottolinea Paola Mantellini, Direttrice Osservatorio Nazionale Screening -. La maggior parte delle attività di screening non è stata ferma durante la pandemia, ma il Covid-19 ha messo in risalto ancora di più le fragilità di questi programmi, già evidenti in epoca pre-pandemica. L’obiettivo non è recuperare i ritardi indotti dall’emergenza sanitaria, ma ottenere livelli di copertura ottimali che, in determinate aree del Paese e per alcuni programmi, non si sono raggiunti nemmeno prima della pandemia. Perché più i livelli di copertura saranno elevati, maggiore sarà la nostra capacità di diagnosticare la malattia in fase precoce. È infatti importante segnalare che, all’interno di ogni singola macro-area, ci sono Regioni con maggiore capacità di ripresa ed altre in evidente difficoltà anche nel 2021”.
L’impatto del Covid sui pazienti
Un capitolo del libro è dedicato all’impatto del Covid sui pazienti con tumore. “In Italia, la pandemia ha causato un aumento della mortalità dei pazienti oncologici, soprattutto nei maschi, in età avanzata, con tumore diagnosticato da meno di 2 anni e nelle neoplasie ematologiche – spiegano Fabrizio Stracci, (Presidente AIRTUM) e Diego Serraino (Direttore, SOC Epidemiologia Oncologica e Registro Tumori del Friuli Venezia Giulia, Centro di Riferimento Oncologico, IRCCS, Aviano) -. È fondamentale che i pazienti fragili, tra cui rientrano quelli oncologici, si vaccinino. Infatti uno studio su tutti i residenti in Friuli Venezia Giulia e nella provincia di Reggio Emilia ha evidenziato che il rischio di morte tra gli individui con storia di cancro e di positività all’infezione da SARS-CoV-2 è 2-3 volte superiore tra i non vaccinati rispetto ai vaccinati”.
A fronte dei 2 milioni e mezzo di cittadini che vivevano in Italia nel 2006 con una pregressa diagnosi di tumore, si è passati a circa 3,6 milioni nel 2020, il 37% in più di quanto osservato solo 10 anni prima. L’aumento è stato particolarmente marcato per coloro che vivono da oltre 10 o 15 anni dalla diagnosi. Nel 2020, circa 2,4 milioni di persone (65% del totale) hanno ricevuto la diagnosi da più di 5 anni, mentre 1,4 milioni (39% del totale) da oltre un decennio. Sono oltre un quarto (27%) le persone guarite tra quelle che vivono dopo una diagnosi di tumore.
“Nella stragrande maggioranza dei casi, una persona libera da malattia oltre i 10 anni dal termine del trattamento può, in assenza di recidiva, essere considerata guarita – conclude Giordano Beretta, Presidente Fondazione AIOM -. Fanno eccezione a questa regola alcuni tumori in cui il tempo di guarigione è più lungo e le neoplasie insorte nell’età infantile e adolescenziale, in cui possono bastare 5 anni. Il fatto che una persona, a cui è stata diagnosticata una patologia oncologica, possa essere considerata guarita rappresenta un radicale cambiamento di paradigma, che diventa anche un elemento motivante per l’adesione agli screening, una volta che si sia compreso che la guarigione è tanto più facile quanto più precoce è la diagnosi. In Italia i pazienti oncologici guariti, però, rischiano ancora di incontrare concrete difficoltà quando, ad esempio, cerchino di stipulare un’assicurazione sulla vita o richiedano un mutuo o un finanziamento bancario. Ecco perché è fondamentale attuare, anche in Italia, una legge sul ‘Diritto all’Oblio’, seguendo l’esempio di altri Paesi europei”.