Infermieri: condizioni di lavoro impossibili
Che il lavoro di infermiere sia molto pesante è risaputo, ma i dati di uno studio della Columbia University descrivono una realtà veramente scioccante. Dati che trovano purtroppo conferme indirette nella cronaca di tutti i giorni, e forse anche nei recenti suicidi di due infermieri del Sud Italia che, a prescindere, devono far riflettere “sulle condizioni psicologiche dei nostri professionisti sanitari, soprattutto alla luce del palese e netto peggioramento delle condizioni del lavoro quotidiano, all’interno delle corsie dei nostri ospedali”, dicono dal sindacato Nursing Up.
Lo studio sul disagio
Stando a quanto elaborato dai ricercatori, rispetto al tasso di suicidio di 12,6 ogni 100.000 persone (tra coloro che non sono operatori sanitari) il rischio per gli infermieri è addirittura di 16 ogni 100.000. I risultati del report suggeriscono che il peso psicologico del lavoro sanitario ricade più pesantemente sulle donne: su tutte sono le infermiere la categoria più a rischio, con una percentuale del 65% in più, rispetto ai colleghi uomini, di cadere in situazioni di depressioni e di soffrire di stress.
Una professione usurante
Lo studio della Columbia apre la strada a inevitabili confronti e legittime correlazioni con la complessa realtà italiana, visto che, citando testualmente il report, “essere infermieri oggi significa lavorare in un ambiente estremamente complicato e competitivo, dove si è continuamente esposti a situazioni di sofferenza, se non morte”, visto che, aggiungono dal sindacato, la professione infermieristica è palesemente usurante, anche se non ancora riconosciuta come tale.
“Se a tutto questo aggiungiamo anche che molto spesso gli infermieri sono pure costretti a lavorare più del dovuto per coprire le carenze di personale, togliendo, quindi, la possibilità di gestire in modo equilibrato la propria sfera privata, diventa evidente che “è molto facile cadere in disturbi psichici, disturbi del sonno e alimentari, e talvolta depressione”.
Reparti a rischio
In particolar modo, evidenziano dal sindacato, i disagi sono all’ordine del giorno nei pronto soccorsi e nei reparti di emergenza-urgenza, da cui è in atto una vera e propria fuga, all’insegna del “si salvi chi può”. È innegabile che i professionisti “portano sulle proprie spalle” un doppio pesantissimo macigno: prima di tutto c’è quello correlato allo stress quotidiano delle cure, che molto spesso si trasforma in battaglie che vedono coinvolti medici e infermieri in un traumatico faccia a faccia contro la morte.
Il tema della retribuzione
Tra i fattori scatenanti della crisi anche gli stipendi, poco gratificanti e non al passo con il mutato costo della vita. Ad aggravare la situazione ci si mettono la disorganizzazione, i turni massacranti, il demansionamento, le scarse prospettive di carriera, la cronica carenza di personale. Dal Nursing Up sottolineano come tutti questi irrisolti deficit, nell’ambito delicato percorso delle cure assistenziali che competono agli infermieri, rappresentano una ulteriore affilata spada di Damocle, con cui gioco forza i professionisti devono convivere. Cosa fare, come reagire allo stress emotivo che tali situazioni comportano, in quale modo comunicare il tragico evento? Per il Nursing Up questi sono tutti casi che richiederebbero, a buona ragione, la presenza di uno psicologo in corsia.
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