Tumore al polmone, troppo tardi per la chirurgia ma non è ora di arrendersi
Di oncologia, e di novità nella lotta al tumore del polmone, si è discusso durante il fine settimana appena trascorso grazie al congresso annuale dell’European Society of Medical Oncology (ESMO). I maggiori esperti del settore si sono ritrovati on line (causa Covid) per presentare e discutere degli scenari presenti e futuri della battaglia contro i tumori.
Guardando nello specifico a quanto emerso sul tumore al polmone, due sono i campi nei quali si stanno facendo scoperte che possono realmente cambiare l’aspettativa di vita dei pazienti: immunoterapia e terapie biologiche. Rispetto alle terapie biologiche, di particolare interesse è stato il focus sui pazienti operati di tumore al polmone non a piccole cellule e che presentano una mutazione del gene EGFR. Si è parlato in particolare di un farmaco biologico che ha dato risultati molto importanti somministrato nel contesto post-operatorio. Il tema sul quale si concentra l’interesse degli addetti ai lavori è come evitare che si sviluppino nel tempo delle metastasi cerebrali. Se con le tradizionali chemioterapie il farmaco non arriva al cervello a causa della barriera emato-encefalica, con il nuovo farmaco biologico lo scenario cambia radicalmente. La terapia supera infatti la barriera emato-encefalica e riduce enormemente la possibilità di insorgenza di metastasi cerebrali. Addirittura, stando ai dati presentati, la percentuale di ricadute per questo tipo di lesioni si è attestata – con l’uso del nuovo farmaco – intorno all’1%.
Altro dato importante è quello relativo all’aumento dei farmaci a disposizione per il tumore non a piccole cellule non operato ma in fase avanzata, quindi in presenza di metastasi, quando c’è l’alterazione del gene ALK. Lo studio “Crown”, questo il nome, si è concentrato su un farmaco che potrebbe essere ben più efficace di quelli attualmente disponibili. Il nuovo farmaco ha infatti risultati eccezionali e secondo gli esperti si pone tra i più attivi mai studiati per l’alterazione del gene ALK. Queste le due novità più importanti in ordine alle terapie biologiche. Ma non meno interessanti sono stati gli approfondimenti sui progressi dell’immunoterapia. Gli studi presentati, benché ancora in una fase preliminare, hanno messo in luce l’efficacia dell’immunoterapia non solo impiegata nella malattia metastatica, ma anche e soprattutto prima dell’intervento chirurgico. Invece di andare direttamente in sala operatoria, la strategia è quella di procedere con i farmaci prima dell’intervento. E anche in questo caso i risultati sono promettenti. Infine, lo studio “Empower-lung 1”, che riguarda un nuovo farmaco da usare su pazienti con malattia avanzata e che hanno una iper-espressione di PD-L1. Anche in questo caso è risultato evidente che la ricerca offre ai clinici un novero sempre maggiore di “armi” a disposizione per cercare di sconfiggere, o quantomeno di cronicizzare, la malattia. Il ché, in poche parole, equivale ad una maggiore speranza di vita per chi si trova a combattere contro il tumore del polmone.
Fonte: Il Mattino – Speciale Salute & Prevenzione