Malattia di Huntington, una scoperta rivoluzionaria
Una vera e propria rivoluzione sta facendo parlare i pazienti affetti da malattia di Huntington giovanile, manifestazione rara della malattia di Huntington, patologia rara a sua volta, ereditaria, neurodegenerativa, di origine genetica. Si tratta ovviamente di un tema che molti definirebbero “di nicchia”, del resto il dramma legato alle malattie rare è proprio quello di trascinare le persone colpite in un oceano di solitudine e di incertezza. Andiamo con ordine.
Ballo di San Vito
Ferdinando Squitieri, responsabile dell’Unità Ricerca e Cura dell’IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza (San Giovanni Rotondo), della Neurologia dell’Istituto CSS-Mendel (Roma) e Responsabile Scientifico della Fondazione Lega Italiana Ricerca Huntington e malattie correlate (LIRH) di Roma spiega che la malattia di Huntington «è una malattia rara dominante». Questo significa che ogni figlio può ricevere il gene mutato da uno dei due genitori ammalati con un rischio del 50%. «E’ una patologia grave con andamento progressivo, invalidante sia per le implicazioni fisiche che incidono soprattutto a livello motorio con spasmi muscolari di difficile controllo che portano a muoversi danzando (tanto che la malattia è anche nota come còrea o ballo di San Vito o Taranta), sia per le ripercussioni intellettive che intaccano l’elaborazione del pensiero, delle emozioni, dell’orientamento e del comportamento». Si stima che i casi giovanili (ovvero quelli in cui la malattia insorge prima dei 20 anni di età) rappresentino circa il 10% rispetto alla forma adulta, che a sua volta colpisce circa 6.500 pazienti in Italia, secondo le stime ufficiali riportate dalla Fondazione Lega Italiana Ricerca Huntington nel 2016.
Lo studio
Ma cos’è che rivoluziona le conoscenze di questa malattia? Lo studio, prevalentemente italiano, il primo al mondo condotto su giovani pazienti in collaborazione con Istituti internazionali, ha scoperto la variante più aggressiva della malattia, con insorgenza in età infantile. Si tratta di una anomalia genetica che rende la proteina responsabile della malattia ancora più tossica e pericolosa per il normale sviluppo di precise aree dell’encefalo alterando la crescita normale e armonica del sistema nervoso. Questo causa un impatto ancora maggiore e più drammatico sulla qualità e conduzione della vita già subito dopo la nascita.
Nuovi orizzonti
La straordinaria scoperta potrebbe consentire la messa a punto di strategie terapeutiche per la prevenzione dei sintomi già molto prima delle manifestazioni cliniche che, in genere, si presentano in età adulta. La prevenzione di processi neurodegenerativi, come accade nell’invecchiamento cerebrale, è da sempre un traguardo fortemente auspicato dalla comunità scientifica.