Epilessia, un marcatore per la diagnosi precoce
Epilessia, un supercalcolatore e la cosiddetta analisi quantitativa delle ricorrenze ora può diagnosticarla nelle fasi inziali. La sensazionale scoperta arriva dai ricercatori dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri ed è basata sull’analisi di dati precedentemente ottenuti da un team di ricercatori italiani ed israeliani in un modello sperimentale che riproduce nei topi ciò che accade nel cervello dell’uomo in seguito all’esposizione a fattori di rischio, tra cui ictus, traumi cerebrali, infezioni, esposizione ad agenti tossici, che possono portare all’insorgenza dell’epilessia.
L’intermittenza dinamica
Il marcatore individuato dai ricercatori dell’Istituto Mario Negri è rappresentato da un comportamento dell’attività elettrica cerebrale noto come “intermittenza dinamica”, ossia un comportamento caratterizzato dall’alternanza tra oscillazioni approssimativamente regolari e oscillazioni molto irregolari. Un comportamento che è molto pronunciato durante le fasi in cui si sviluppa l’epilessia ed è riscontrabile negli elettroencefalogrammi già nelle prime 48 – 72 ore successive all’esposizione ai fattori di rischio. Cosa ancor più importante, è stato mostrato come la somministrazione di un farmaco sperimentale in grado di prevenire l’insorgenza dell’epilessia negli animali da laboratorio, sia in grado di ridurre notevolmente questo comportamento dell’attività elettrica del cervello, mostrando la prova di principio che questo marcatore potrebbe essere utilizzato come indicatore del potenziale anti-epilettogeno delle terapie in fase di sviluppo, terapie tuttora mancanti. «Grazie all’identificazione di questo marcatore precoce di epilettogenesi – spiega Massimo Rizzi, del Dipartimento di Neuroscienze dell’IRCCS Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri – si potrà dare un impulso considerevole alla ricerca per la messa a punto di interventi terapeutici in grado di prevenire efficacemente l’insorgenza dell’epilessia nei soggetti a rischio».
Il progetto europeo
Questi risultati sono stati resi possibili grazie al progetto europeo EPITARGET, che non solo promuove la ricerca sull’epilessia ma, anche, lo scambio di dati tra i ricercatori, e dall’utilizzo dei centri di calcolo dell’INFN (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare), che rappresentano i componenti chiave dell’intera struttura di calcolo italiana basata sul Grid Computing.
I dati
Secondo i dati forniti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), quasi un milione di persone nel mondo, ogni anno, sviluppano l’epilessia in seguito all’esposizione a noti fattori di rischio come l’ictus, traumi cerebrali, infezioni, esposizione ad agenti tossici, ipossia, solo per citare i più comuni. Per questi individui ancora oggi non è possibile intervenire in alcun modo, dato che non esistono terapie in grado di prevenire l’insorgenza dell’epilessia. Infatti, le terapie (prevalentemente farmacologiche) attualmente disponibili sono sintomatiche, cioè agiscono solo sui sintomi (le convulsioni) allo scopo di prevenirne o, almeno, limitarne la comparsa, cosa purtroppo non sempre possibile da attuare con efficacia.