Diabete, nel Dna le speranza di una nuova terapia
In un gene che protegge dal diabete di tipo 2 potrebbe celarsi la chiave per lo sviluppo di nuovi farmaci e di nuove strategie preventive contro la malattia. A rivelarlo è uno studio pubblicato sulla rivista Nature Genetics e coordinato da ricercatori dell’Università di Helsinki nell’ambito di una folta collaborazione internazionale. Gli scienziati sono partiti dall’analisi del metabolismo degli zuccheri di individui imparentati tra loro (e quindi simili per stili di vita e corredo genetico), alcuni dei quali, però, presentavano nel proprio Dna una mutazione del gene “SLC30A8” che serve a produrre una proteina trasportatrice di zinco, una sorta di veicolo molecolare che trasporta questo importante minerale nel pancreas. I portatori di questa mutazione hanno un basso rischio di ammalarsi di diabete, anche in presenza di stili di vita insalubri e pericolosi per il metabolismo degli zuccheri. Gli esperti hanno visto che i portatori della mutazione sono più efficienti nel rilasciare insulina e quindi nel regolare la quantità di zuccheri nel sangue. In seguito, con studi di laboratorio, gli esperti hanno anche visto che la molecola trasportatrice di zinco di questi individui lavora in modo più efficiente. Infine hanno compreso che lo zinco è un elemento fondamentale sia per potenziare la funzione delle cellule produttrici di insulina (beta-cellule), sia nella trasformazione del precursore dell’ormone (pro-insulina) in ormone attivo. Secondo loro è questa la chiave dell’azione protettiva antidiabete offerta dalla mutazione.
SPERIMENTAZIONE
«I nostri risultati suggeriscono che questo trasportatore dello zinco sia un ottimo e sicuro bersaglio terapeutico per nuovi farmaci antidiabete – ha riferito in conclusione lo scienziato che ha diretto lo studio, Leif Groop delle Universita’ di Helsinki e Lund-. Se sarà sviluppato un farmaco che mimi l’effetto protettivo della mutazione, la funzione delle beta-cellule potrà essere preservata e la capacita’ di rilasciare insulina mantenuta nei pazienti diabetici». Da diversi anni è noto che lo zinco è l’elemento essenziale perché all’interno delle cellule pancreatiche beta l’insulina possa essere assemblata correttamente prima di essere rilasciata nel sangue. E’ necessario ricordare che una produzione inadeguata di insulina e’ alla base della forma più diffusa di diabete, il diabete di tipo 2. Questo studio adesso apre delle prospettive assolutamente nuove, e rende possibile identificare questa proteina come possibile target di farmaci che ne potenzino il funzionamento, esattamente così come avviene negli individui che in questo studio sono portatori dalla mutazione genetica nel proprio Dna. Non sarebbe la prima volta che da modelli esistenti in natura la ricerca scientifica ha tratto spunto per lo sviluppo di farmaci efficaci. Ovviamente un valore aggiunto di questo studio è rappresentato dal fatto che i risultati sono stati ottenuti nell’uomo, e non su modelli animali.