Il razzismo fa male anche alla salute
Il razzismo fa male all’anima, ma anche alla salute di chi lo subisce. Il tema è purtroppo di grandissima attualità in questi giorni, all’indomani della partita di calcio tra Napoli e Fiorentina, terminata con la vittoria dei campani ma soprattutto con la sconfitta (ancora una volta) dello sport nel suo complesso. Vittima dei cori razzisti ancora una volta il difensore senegalese Kalidou Koulibaly, preso di mira da una parte della tifoseria viola durante il match. Nulla di nuovo, purtroppo, se non l’amara considerazione che con il ritorno allo stadio delle tifoserie si assiste anche al ritorno di comportamenti che definire stupidi è poco. Al di là dell’aspetto umano e sociale, è importante sottolineare i risultati di una ricerca medica che hanno messo in luce i danni alla salute legati a comportamenti razziali. Lo studio è quello dell’American Heart Association, l’associazione dei cardiologi USA, dal quale risulta che l’esposizione continua alle discriminazioni, rappresenta un fattore di stress cronico capace di aumentare il rischio di ipertensione, una condizione che aumenta la probabilità di ammalarsi nel corso del tempo di patologie cardiovascolari, e angina, infarto del miocardio, ictus cerebrale. La ricerca, pubblicata già da tempo, ma che merita di essere ricordata, è stata realizzata su un campione di 1.845 afroamericani, uomini e donne tra 21 e 85 anni, iscritti al Jackson Heart Study.
LO STUDIO
L’intero campione è stato sottoposto a una prima visita nel corso della quale nessuno è risultato iperteso, e così è stato negli anni successivi per coloro che non avevano subito esperienze discriminatorie. Al netto degli altri fattori di rischio, una maggiore discriminazione auto-dichiarata si è associato in effetti a un rischio più alto di ipertensione. Più nel dettaglio, nel corso del follow up è risultato iperteso il 52% del campione (cioè 954 uomini e donne). E chi aveva riferito di subire un livello medio di discriminazione ha avuto un rischio aumentato del 49% rispetto a chi aveva dichiarato di sopportare una discriminazione di basso grado. Lo studio ha dimostrato che il razzismo potrebbe avere un impatto diretto sulla pressione attraverso la cosiddetta via dello stress, cioè attivando il sistema nervoso simpatico e l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene. Oppure, si legge nel testo della pubblicazione, tramite l’assunzione di comportamenti scarsamente salutari come l’adozione di un’alimentazione poco sana, o di stili di vita sedentari, che possono servire da coping (dove per coping si intendono meccanismi psicologici di adattamento che gli individui mettono in atto per fare fronte a problemi emotivi o interpersonali o gestire o ridurre o tollerare lo stress). Un motivo in più, qualora ve ne fosse bisogno, per dire no al razzismo negli stadi come in ogni altro contesto di vita.