Obesità: non è una scelta. No al fat shaming
Come un fumatore che vorrebbe smettere di fumare, anche le persone obese vorrebbero dimagrire, ma non riescono. Chi è affetto da obesità vive spesso discriminazioni e situazioni di disagio sul posto di lavoro, nei luoghi pubblici e anche negli ospedali, dove vorrebbero cercare aiuto. La parola “fat shaming” significa letteralmente la ‘vergogna del grasso’. Il fat shaming è il peso del giudizio che grava sulle persone obese, spingendole a vergognarsi per il loro aspetto e a chiudersi ancora di più in se stesse. Come tutti gli stigma, il fat shaming nuoce alla salute sia a livello fisico che psicologico. Partendo da queste considerazioni, un panel di esperti internazionali, tra i quali, la professoressa Geltrude Mingrone, associato di Medicina Interna all’Università Cattolica del Sacro Cuore e Direttore della UOC di Patologia dell’Obesità della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS, ha redatto una “dichiarazione di consenso” per mettere fine allo stigma dell’obesità. Il tema è stato ritenuto così importante da essere pubblicato anche sulle pagine di Nature Medicine.
“Cominciamo con l’utilizzare i termini giusti – spiega la professoressa Mingrone – e a non identificare queste persone con il loro problema, che è una vera e propria malattia, riconosciuta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Non chiamiamoli ‘obesi’, dunque, ma ‘persone con obesità’, esattamente come facciamo con le persone con diabete. Nessuno vorrebbe essere in sovrappeso o con obesità; è ovvio che non è il paziente a scegliere questa condizione. Sono persone che devono essere aiutate a risolvere questa malattia. Da noi medici, agli stakeholder della sanità tutti dobbiamo impegnarci per combattere questo stigma”. ”Sarebbe necessario – continua Mingrone – fare campagne informative per intercettare questo problema fin dai banchi di scuola e offrire a queste persone degli incentivi e una riduzione della spesa sanitaria per affrontare la loro malattia’’.
I numeri dell’obesità
Una persona su tre nel mondo ha problemi di eccesso di peso. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità questa condizione riguarda 1,4 miliardi di persone (mezzo miliardo delle quali rientra nei criteri dell’obesità). Nel nostro Paese un terzo degli adulti è in sovrappeso e 1 su 10 obeso. Tra gli adulti, la prevalenza di discriminazione a causa del peso varia dal 19 al 48% e un report del 2018 suggerisce che la metà circa degli americani con sovrappeso o obesità si autocolpevolizzi per la propria condizione (il 20% in forma importante). Le fasce più a rischio sono gli adolescenti e i bambini con sovrappeso/obesità, spesso vittime dei bulli, sia in maniera diretta, sia sui social. E spesso condannati all’isolamento sociale. E le persone in sovrappeso, oltre a essere più a rischio di diabete di tipo 2, tumori e malattie cardiovascolari, di insufficienza respiratoria vanno più facilmente incontro a disturbi mentali, quali stati ansiosi e depressione. E questo, più per lo stigma che per l’obesità di per sé.
Obesità, una strada insidiosa
L’obesità può dipendere da cause genetiche, epigenetiche, da fattori alimentari, da deprivazione di sonno, da alterazioni dei ritmi circadiani, da stress psicologici, da interferenti endocrini, da effetti intrauterini e intergenerazionali. Inoltre il sistema omeostatico fa di tutto per mantenere le oscillazioni di peso all’interno del 10 per cento. In altre parole il mangiare troppo e il non fare attività fisica sono più spesso sintomi, piuttosto che cause dell’obesità.
Insomma, “l’obesità non è mai una scelta e non basta la ‘buona volontà’ e la costanza a tavola o in palestra – sottolinea la professoressa Mingrone –, perché l’obesità è il risultato di una serie di concause complesse”. I pregiudizi hanno radici profonde e per combatterli serve uno sforzo collettivo da parte di medici, media, ricercatori, politici e naturalmente, pazienti.
“La ricerca farmacologica – prosegue la professoressa Mingrone – ci sta mettendo a disposizione farmaci efficaci nel controllare la fame, alcuni dei quali possono portare a una perdita di peso fino a 15-17 chili. È molto importante avere più armi per combattere l’obesità. La gestione di questa malattia complessa va affidata a un team multi specialistico, fatto di endocrinologi, internisti, psicologi, psichiatri, chirurghi bariatrici; il percorso può essere di tipo medico o chirurgico, nei casi più impegnativi. Il problema fondamentale che riscontriamo oggi è che questi pazienti sono tanti ed è difficile prenderli in carico tutti in tempi rapidi. E il rischio è che vadano a chiedere aiuto altrove, finendo nella rete di personaggi che vogliono solo lucrare sul loro problema, prescrivendo magari dei preparati galenici a base di sostanze simil-amfetaminiche che possono portare a conseguenze serie, come l’ipertensione maligna”.
Il testo della Consensus per eliminare i bias relativi al peso e lo stigma dell’obesità
Riconosciamo che:
- I soggetti con sovrappeso/obesità si trovano a fronteggiare una forma pervasiva di stigma sociale basato sull’assunzione tipica e non comprovata che il loro peso derivi principalmente da una mancanza di auto-disciplina e da responsabilità personali
- Questa rappresentazione non corrisponde alle attuali evidenze scientifiche che dimostrano come la regolazione del peso corporeo non sia del tutto sotto il controllo della volontà e che una serie di fattori biologici, generici e ambientali contribuiscono in maniera determinante all’obesità
- I bias relativi al peso e lo stigma possono generare discriminazione e mettere in pericolo i diritti umani e sociali, oltre che la salute dei soggetti interessati
- Lo stigma del peso e le relative discriminazioni non possono essere tollerate nelle società moderne
Condanniamo
- L’uso di un linguaggio stigmatizzante, come anche di immagini, atteggiamenti, politiche e discriminazioni relative al peso corporeo, ovunque si verifichino
Ci impegniamo
- A trattare i soggetti in sovrappeso/obesi con dignità e rispetto
- Ad astenerci dall’utilizzare linguaggi, immagini e narrative stereotipati che, in maniera ingiusta e inaccurata, descrivono i soggetti in sovrappeso/obesi come pigri, golosi e mancanti di forza di volontà e di auto-disciplina
- A incoraggiare e supportare attività educative volte a eradicare i bias relativi al peso corporeo disseminando le attuali conoscenze su obesità e regolazione del peso corporeo
- A incoraggiare e supportare iniziative mirate a prevenire ogni discriminazione sul peso corporeo nei posti di lavoro, a scuola e negli ospedali.