La game face: ecco come funziona
Gli esperti la chiamano “game face”, che tradotto significa più o meno faccia da gioco; è la mimica che alcuni sportivi mostrano prima di un incontro importante. Tanto per intendersi, muscoli tesi, espressione seria e concentrata. Perché ne parliamo? Perché un recente studio ha dimostrato che la faccia da giocatore può veramente cambiare le prestazioni dell’atleta. Sembra incredibile, ma almeno in questo caso si può dire che l’abito fa il monaco. O almeno lo fa in parte. Un volto serio e concentrato per arrivare all’obiettivo, come quello diventato famoso (e che ha dato vita al alcuni meme) del nuotare Michael Phelps alle Olimpiadi di Rio 2016, prima della finale dei 200 metri stile farfalla.
LA RICERCA
Lo studio in questione è dell’Università del Tennessee a Knoxville, pubblicata su Stress and Health. «La faccia da gioco- spiega Matthew Richesin, autore principale della ricerca- potrebbe non solo migliorare le prestazioni in compiti cognitivi, ma anche portare a un migliore recupero dallo stress». I ricercatori hanno condotto due esperimenti, mostrando a chi vi ha preso parte immagini di atleti e altri personaggi pubblici con una faccia da gioco e chiedendo di mostrare “uno sguardo di intensa determinazione” durante l’esecuzione di compiti fisici e cognitivi. In un primo test è stato chiesto ai 62 partecipanti di inserire la mano dominante in un contenitore con acqua ghiacciata, mentre a quelli inseriti nel gruppo di controllo non sono state date istruzioni specifiche.Sebbene non vi sia stato alcun impatto sulle prestazioni fisiche, i ricercatori hanno osservato che anche coloro a cui non era stato detto nel dettaglio come comportarsi hanno mostrato espressioni facciali simili. «Le espressioni facciali – evidenzia Richesin- erano le stesse di quelle comunemente associate allo sforzo, al dolore e alla competizione». Nel secondo esperimento, i partecipanti sono stati incaricati di completare il più possibile un puzzle mandala in bianco e nero da 100 pezzi entro cinque minuti. In questo caso, il gruppo che ha sperimentato la “faccia da gioco” è riuscito in media meglio del 20%, dimostrando al contempo un migliore recupero dello stress. Per il futuro gli studiosi intendono esplorare ulteriormente i benefici della “game face” anche in contesti che non siano quelli sportivi.
IL SORRISO
Un banale esperimento che può aiutarci a comprendere in maniera istintiva i meccanismi che sono dietro la “faccia da gioco” è quello del sorriso. Provate a sorridere, senza un motivo, semplicemente contraendo i muscoli del volto e concentratevi sul vostro stato d’animo. Anche in questo caso è dimostrato che il cervello associa a questo tipo di contrazione muscolare uno stato d’animo più sereno. Una reazione che naturalmente varia da persona a persona, ma che genera nella quasi totalità dei casi una sensazione di gioia. E anche per questo si usa dire “sorridi, che la vita ti sorride”.