Dismorfismo da selfie, un’epidemia silenziosa
Guardare la propria immagine e non accettarla, non riconoscersi nel riflesso dello specchio. Se sino a qualche anno fa questo disturbo – definito dai clinici dismorfismo – era abbastanza raro, oggi le cose stanno cambiando. Sempre più spesso, giovani e meno giovani perdono il contatto con il proprio corpo e con la propria immagine, cadendo nelle maglie di questa rete. Ad accelerare, o meglio ad incrementare la possibilità di sviluppare il disturbo del dismorfismo sono i filtri che quotidianamente si adoperano nelle app social. Già, proprio quei filtri che usiamo per modificare il nostro aspetto nei selfie. Effetti speciali che servono a renderci più magri o più muscolosi, più belli o anche più bizzarri. Sia chiaro, di per sé questi filtri non sono pericolosi. Il problema è che in un mondo sempre più virtuale e sempre meno reale, alcune persone più fragili e dipendenti da questi social, modificano la propria immagine talmente tanto e talmente tanto spesso da perdersi.
I DATI
Il disturbo di dismorfismo corporeo è ormai un problema abbastanza comune. Le stime più attuali ci dicono che interessa il 2,5% della popolazione generale e addirittura il 7-15% delle persone che si sottopongono a cure cosmetiche o interventi di chirurgia plastica. Ma il punto è che proprio per via dei nuovi mezzi di comunicazione e dei filtri che si usano quando si postano foto o video questi dati sono solo la punta dell’iceberg. I casi reali sarebbero molto più numerosi, ma ampiamente sotto-diagnosticati a causa di una generalizzata tendenza a sottovalutare i sintomi del disturbo e, soprattutto, della mancata ricerca di aiuto specialistico da parte dei diretti interessati. Le persone che soffrono di dimorfismo considerano intollerabile un determinato difetto fisico, a volte peraltro inesistente, e per questo cercano di eliminarlo in ogni modo. E un modo molto semplice è quello di proporre la propria immagine sempre e comunque attraverso un filtro, proprio di quelli che si usano sui social.
LA DIAGNOSI
I criteri per la diagnosi del disturbo di dismorfismo corporeo sono ben definiti e per lo specialista è abbastanza semplice capire se una persona ne soffre. La recente revisione del Manuale diagnostico Statistico delle Malattie psichiatriche (DSM-5) ha puntualizzato alcuni aspetti del disturbo, inserendolo nel più ampio gruppo del Disturbo Ossessivo-Compulsivo e disturbi correlati facilitandone ulteriormente l’inquadramento e la diagnosi differenziale rispetto ad altri tipi di disagio legati al corpo. L’importante, se si crede di essere affetti da questo disturbo, è cercare aiuto da parte di un professionista. Non bisogna mai avere timore di chiedere aiuto, né tantomeno si deve cedere all’imbarazzo, pensando di poter essere giudicati.