Ansia e depressione: malattie del secolo. 6 mln di italiani colpiti
Sei milioni di italiani soffrono di ansia e depressione. I disturbi psichici rappresentano il 26% di tutte le disabilità e hanno un impatto pesante sul piano personale, sociale e lavorativo. Si tratta di un problema globale. In tutto il mondo, oltre 300 milioni di persone soffrono di depressione (la principale causa di disabilità) e più di 260 milioni vivono con disturbi d’ansia.
Cos’è l’ansia?
L’ansia è un’emozione universale: una risposta naturale allo stress. Ha la funzione di ”segnalare” un pericolo prima che sopraggiunga e lo fa mettendo in moto risposte fisiologiche che spingono da un lato all’identificazione del pericolo e, dall’altro, alla fuga. Quando però questo meccanismo continua a persistere anche dopo la fine di eventi ansiogeni, si parla di un’ansia patologica caratterizzata da uno stato di tensione continua che compromette le capacità operative e di giudizio. Quest’ansia, con il tempo, può portare a problemi di salute e non solo.
Secondo una recente stima dell’OMS, ansia e depressione costano all’economia globale mille miliardi di dollari ogni anno in termini di perdita di produttività. Per quanto riguarda l’Europa, i costi sono stati stimati nell’ordine dell’1% del Pil. Eppure, ancora poco è stato fatto, soprattutto nelle politiche aziendali. Le più colpite sono le donne, anche a causa delle forti pressioni che ricevono da più parti. La cosiddetta situazione del «soffitto di cristallo» preclude loro l’accesso alle posizioni apicali e assegna loro stipendi in media più bassi di quelli dei colleghi maschi, a parità di ruolo e competenze. Inoltre vanno incontro ad un maggior rischio di disoccupazione e di precariato. Sono sempre le donne ad andare più spesso incontro ad azioni discriminatorie, violenza, molestie, mobbing e bullismo. Non solo, spesso si devono occupare della casa e delle cure delle persone care, che continuano a gravare maggiormente sulle donne. Tutto ciò ha delle ripercussioni sullo stato di salute, fisica e mentale.
Sul lavoro, secondo l’Oms, i fattori di rischio principali per la salute psichica sono l’inadeguatezza delle politiche di salute e di sicurezza, ma anche delle pratiche di comunicazione e di gestione; una limitata partecipazione ai processi decisionali e uno scarso controllo sulla propria attività e situazione; inesistenti misure di sostegno per i dipendenti; scarsa flessibilità nell’orario di lavoro e scarsa chiarezza nei compiti e negli obiettivi organizzativi. In altre parole, il problema della malattia mentale va a braccetto con questioni legate all’equità e all’organizzazione del lavoro.
E di salute mentale si è parlato anche al Forum Europeo della Salute di Gastein. Dai dati emerge che un cittadino europeo su quattro abbia sofferto almeno una volta nella vita di problemi di salute mentale e il 38% degli abitanti dell’Unione europea abbia di questi problemi almeno una volta nel corso dell’anno. Tuttavia, solo il 25% di chi ne avrebbe bisogno riceve un trattamento e solo il 10% riceve una cura adeguata. Oggi la salute mentale è al terzo posto della lista degli obiettivi della “Joint action on mental health and well—being” .
Tuttavia il lavoro provoca disagi anche quando non c’è. La disoccupazione è un fattore di rischio per ansia e depressione. I dati Istat del 2017 mostrano che in Italia, nel 2013, il tasso di occupazione per le persone senza disabilità è da 2,3 a 3,3 volte più alto rispetto a quello dei disabili. Il costo di una mancata inclusione sociale ricade sull’intera comunità. Inoltre, il lavoro non è un lusso per chi soffre di un disturbo mentale. Un occupazione, infatti, può fare la differenza nel percorso di recupero e guarigione.
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