Vulvodinia ignorata ma ne soffre una donna su 7
Si tratta quasi sempre di vulvodinia quando il dolore dura da almeno 3-6 mesi e non è riconducibile a lesioni, infezioni o altre condizioni. Il disagio affligge fino al 18% delle donne, arrivando a impedire i rapporti sessuali, a ostacolare studio, lavoro, socialità e la possibilità di condurre una vita normale. La patologia che colpisce la vulva e provoca un dolore bruciante, intermittente o continuo, non è riconosciuta dal Servizio Sanitario Nazionale. La vulvodinia viene spesso sottovalutata dagli stessi medici e associata erroneamente a un disturbo psicosomatico. In realtà ha solide basi biologiche e viene diagnosticata in media con 5 anni di ritardo.
Vulvodinia e rinuncia alle cure
Dopo la diagnosi molte donne rinunciano alle cure. I motivi sono l’insostenibilità economica e la carenza di specialisti che si occupino del problema. Tuttavia, le terapie ci sono e la ricerca fa passi da gigante. La vestibolodinia è il tipo più frequente di vulvodinia (80% dei casi). Se ne è parlato nel corso di una conferenza alla Sala Stampa presso la Camera dei Deputati, dal titolo “Vulvodinia: guarire si può?!”. L’evento è stato organizzato sotto l’egida dell’Accademia di Salute Pubblica (Public Health Academy) e con il supporto incondizionato di Techdow.
“Meno di un secolo fa si moriva con patologie oggi curabili con un farmaco, ha esordito On. Francesco Maria Rubano, Capogruppo Forza Italia VI Commissione Finanze, Camera dei Deputati. Per questo si può trovare la cura anche ai mali ad oggi sconosciuti, se la politica sostiene concretamente il paziente attraverso la ricerca e la salvaguardia dei medici. Sì è l’unica risposta che il legislatore deve concedere, dinanzi a una domanda così tanto piena di sofferenza e speranza”.
Sintomi della vulvodinia
“Il dolore vulvare colpisce i genitali esterni femminili”, ha spiegato la professoressa Alessandra Graziottin, Direttore Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica all’Ospedale San Raffaele Resnati di Milano. “Può interessare il vestibolo vulvare, l’area compresa all’interno delle piccole labbra, al di sotto della clitoride e fino alla forchetta; oppure l’area clitoridea (clitoralgia) o tutta la vulva. Si parla di vestibolodinia quando il dolore, di durata superiore ai 3-6 mesi, interessa il vestibolo vulvare e di vulvodinia quando interessa tutta la vulva. Può colpire non solo la vita intima e sessuale, ma anche tutte le sfere dell’esistenza, perché il dolore cronico è un divoratore esigente di energia vitale e di sogni”.
I numeri
“La vulvodinia è tutt’altro che rara: colpisce dal 10 al 18% delle donne nell’arco della vita”, ha evidenziato il professor Filippo Murina, Direttore scientifico dell’Associazione Italiana Vulvodinia Onlus, Responsabile Servizio di Patologia del Tratto Genitale Inferiore presso l’Ospedale V. Buzzi – Università degli Studi di Milano. “Nonostante il suo pesante impatto sulla sessualità e sulla qualità di vita generale delle pazienti, la malattia non è attualmente inclusa nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA). Il che si traduce nell’assenza di esenzione per patologia, nella non copertura di tutta una serie di trattamenti e nella mancanza di centri ad hoc, in ambito di sanità pubblica, capaci di affrontare il problema. Una proposta di legge per l’inserimento della vulvodinia nei LEA e il suo riconoscimento quale condizione cronica e invalidante è stata depositata già due anni fa a entrambe le Camere. È cruciale far ripartire l’iter per la sua approvazione e rendere, così, le cure davvero accessibili su tutto il territorio nazionale”.
Guarire è possibile
“Guarire dalla vulvodinia è possibile – ha continuato Murina. La patologia è multifattoriale. “L’approccio deve essere multidisciplinare, con il contributo del ginecologo e di altri specialisti. Inoltre deve essere multimodale, con l’impiego di più strumenti (prodotti topici, farmaci, infiltrazioni, trattamenti fisico-riabilitativi, tecniche strumentali, psicoterapia, dieta, norme di comportamento). Il percorso terapeutico è personalizzato sulla singola paziente. Le possibilità sono tante e ne sono in arrivo anche di nuove. Uno studio clinico appena pubblicato ha dimostrato come un gel per uso topico a base di spermidina, veicolata da acido ialuronico, sia in grado di ridurre il dolore vestibolare del 76% e di alleviare il disagio durante i rapporti sessuali (dispareunia) del 50%, in assenza di effetti collaterali”.