Tumore al collo dell’utero, tutte le fasi della prevenzione
Gennaio è il mese dedicato alla prevenzione del cervico carcinoma, meglio conosciuto come tumore al collo dell’utero. Si tratta della terza neoplasia più frequente nella popolazione femminile che colpisce soprattutto le donne tra i 55 e i 64 anni. Oggi, grazie alle tecniche di screening e alla diffusione del vaccino, è possibile fare prevenzione.
A fare il punto è il dottor Roberto Senatori, medico ginecologo, consigliere del direttivo della Società Italiana di Colposcopia e Patologia Cervico Vaginale e responsabile del Centro HPV della Clinica Villa Margherita. “Il tumore al collo dell’utero si sviluppa in un lungo lasso di tempo – ha sottolineato – in seguito ad una lesione dovuta all’acquisizione del virus dell’HPV. Scoperta che, nel 2008, valse il Nobel al suo autore il dott. Harald zur Hausen che, nello specifico, identificò l’HPV -il papillomavirus umano- quale agente eziologico del cancro della cervice uterina.”
Hpv e tumore al collo dell’utero
“Nonostante la diffusione dell’HPV sia statisticamente alta – ha continuato Senatori – nella maggior parte dei casi l’infezione regredisce spontaneamente nell’arco di due anni, persistendo nel tempo e solo nel 10% – 15% delle donne colpite, provocando lesioni. Infatti, la presenza del virus è una condizione necessaria ma non sufficiente allo sviluppo del tumore, quindi eliminando il virus si azzera anche il rischio di incorrere in patologie più gravi. Quindi, grazie alla prevenzione che si compone attualmente di tre fasi, nei paesi più industrializzati è possibile abbattere l’incidenza della malattia.”
Prevenzione primaria
“La prevenzione primaria è rappresentata della vaccinazione, da effettuare preferibilmente in età preadolescenziale, ovvero prima dei contatti sessuali che aumentano notevolmente il rischio di contagio, in ragazzi di ambo i sessi. Si tratta di una procedura essenziale dal momento che i vaccini di ultima generazione coprono i nove sierotipi più pericolosi del virus. Sono estremamente sicuri ed efficaci. Possono prevenire oltre il 90% delle forme tumorali associate all’HPV e sono stati somministrati in sicurezza a milioni di ragazze e ragazzi in tutto il mondo. Per aumentarne l’adesione, la vaccinazione è offerta gratuitamente a tutte le ragazze fino ai 26 anni d’età non compiuti; e dal 2020 per tutte le donne precedentemente trattate per lesioni di alto grado al fine di ridurne le recidive”.
“Per le donne al di sopra dei 26 anni – ha spiegato – il vaccino è disponibile a un social price che varia di regione in regione per tutte e tre le dosi. Tuttavia, benché si ambisca a vaccinare il 95% della popolazione, ad oggi la copertura vaccinale è ancora bassa e si aggira attorno al 60%. Inoltre, per abbattere in modo sostanziale i contagi, la campagna vaccinale dovrebbe coinvolgere in modo importante anche i ragazzi. L’ideale sarebbe seguire l’esempio australiano ove è stata introdotta la vaccinazione a tappeto in ambito scolare (intorno agli 11 anni di età) per tutti i ragazzi di ambo i sessi”.
Prevenzione secondaria del tumore al collo dell’utero
“La prevenzione secondaria – ha proseguito – che consiste in screening periodici, varia a seconda delle età. Nelle donne entro i 30 anni, lo screening si basa sul PAP test con cui si evidenzia non la presenza del virus ma le alterazioni cellulari che potrebbero essere da esso provocate. Dopo i 30 anni si procede direttamente all’HPV test, volto ad individuare la presenza del virus. Se negativo, lo “screening organizzato” prevede la ripetizione del test dopo 5 anni, altrimenti, se positivo, viene effettuato il PAP test. Qualora il pap test attesti per alterazioni si procede all’esame colposcopico e, se necessario, dalla terza fase di prevenzione, ovvero il trattamento delle lesioni.”
Terza fase della prevenzione
“La differenziazione degli screening in base all’età è dovuta al fatto che prima dei trent’anni il virus è molto diffuso ma, dato che tende a negativizzarsi spontaneamente, effettuare direttamente l’HPV genererebbe inutili allarmismi, mentre valutarne solo le alterazioni più pericolose risulta maggiormente efficace ai fini della prevenzione e della cura. La terza fase della prevenzione subentra in caso di lesioni istologicamente comprovate e consiste nella loro rimozione chirurgica.”
“Date queste considerazioni – ha concluso l’esperto –iniziative come questa sono fondamentali per sensibilizzare l’intera popolazione sull’importanza della prevenzione.”