Cibi ultraprocessati: +30% rischio tumore al colon. Quali sono
I “cibi ultraprocessati” spesso sono quelli più veloci da preparare e che si conservano più a lungo. Non sempre, però, la cosa più facile è quella migliore per la salute. Questi alimenti confezionati e pronti per essere riscaldati o consumati direttamente sono frutto di ripetute lavorazioni industriali. Un alto consumo può creare problemi per la salute e aumentare il rischio di tumore del colon del 30 per cento circa. La conferma arriva da nuovi dati.
I cibi ultraprocessati contengono additivi, emulsionanti, zuccheri artificiali e altre sostanze con un alto potere infiammatorio. Inoltre, nei processi di lavorazione o riscaldamento si possono generare sostanze potenzialmente cancerogene, come nitrosamine o acrilamide, che aumentano i rischi per la salute.
Cibi ultraprocessati, il nuovo studio
Negli USA il consumo di cibi ultraprocessati è in continuo aumento: mediamente il 57 per cento circa delle calorie consumate dagli adulti deriva da essi. La ricerca ha coinvolto quasi 300.000 persone negli Stati Uniti, già arruolate in tre diversi studi di popolazione e seguite per almeno due decenni. Gli esperti si sono concentrati in particolare sui cibi pronti da mangiare o da scaldare. Dai risultati è emerso che gli uomini con il più alto livello di consumo di cibi ultraprocessati hanno un rischio più alto di sviluppare un tumore del colon. Nelle donne questa associazione generale non è stata osservata. Anzi, nella popolazione femminile il consumo di alcuni cibi ultraprocessati, come lo yogurt, sembra avere un effetto protettivo contro il cancro del colon. L’aumento del rischio varia inoltre a seconda dei diversi tipi di alimenti ultraprocessati consumati. Raggiunge il valore massimo (44 per cento circa) in associazione con quelli a base di carne, pollo e pesce.
In Italia aumenta il consumo di cibo pronto
Uno studio condotto in Molise, dal gruppo diretto da Licia Iacoviello presso il Dipartimento di epidemiologia e prevenzione dell’IRCCS Neuromed di Pozzilli (IS), ha osservato per 12 anni oltre 22.000 persone nell’ambito del Progetto epidemiologico prospettico Moli-sani. I risultati, pubblicati sul British Medical Journal, dimostrano come le abitudini alimentari siano associate al rischio di mortalità. Sono stati presi in considerazione sia gli aspetti nutrizionali sia quelli legati al grado di trasformazione dei cibi.
“I nostri risultati” spiega Marialaura Bonaccio, prima autrice dell’articolo “confermano che il consumo di alimenti di scarsa qualità nutrizionale o di cibi ultraprocessati aumenta in modo rilevante il rischio di mortalità, in particolare per le malattie cardiovascolari ma anche per i tumori”. Più del contenuto nutrizionale della dieta, è il grado di lavorazione industriale dei suoi componenti a incidere maggiormente sul rischio di mortalità. “Oltre l’80 per cento degli alimenti – continua l’esperta – classificati come non salutari dal cosiddetto Nutri-Score è anche ultraprocessato (Nutri-Score è un’etichetta nutrizionale promossa dall’Unione europea e che non è ancora obbligatoria in Italia). I risultati ottenuti suggeriscono dunque che il rischio di mortalità aumenti non solo per la bassa qualità nutrizionale di alcuni prodotti, ma anche per la loro eccessiva elaborazione”.
Quali sono i cibi ultraprocessati
Gli esperti della Harvard Medical School hanno spiegato la differenza tra i diversi gradi di lavorazione dei cibi. Il cibo è considerato non processato o minimamente processato quando si presenta integro. In altre parole, è così come è presente in natura o con solo pochi cambiamenti rispetto al suo stato originario. Carote e mele sono solo alcuni esempi. Un grado di lavorazione comune, invece, consiste nella cottura e nell’aggiunta di sale o olio. Se ciò avviene industrialmente, come per esempio con i legumi in scatola, i cibi sono detti processati.
I cibi ultraprocessati contengono, invece, molti ingredienti aggiunti (sale, zucchero, coloranti, additivi ecc…). Spesso sono prodotti dall’elaborazione di sostanze (grassi, amidi eccetera) estratte da alimenti più semplici. Fanno parte dei cibi ultraprocessati molti piatti pronti e surgelati, le bevande zuccherate, i prodotti in vendita nei “fast-food” e molti snack confezionati (dolci o salati). In alcuni casi sono ultraprocessati anche alimenti erroneamente considerati salutari, come i cereali per la colazione, gli yogurt dolci alla frutta o i cracker.
“Questi alimenti sono in genere ricchi di zuccheri aggiunti, grassi e amido raffinato che alterano la composizione del microbiota intestinale, ovvero i microrganismi che colonizzano il nostro intestino, contribuendo tra l’altro all’aumento di peso e all’obesità” scrivono i ricercatori, autori del primo articolo, che hanno condotto la ricerca negli Stati Uniti. Riconoscere i cibi ultraprocessati non è sempre facile, ma leggere l’etichetta riportata sulla confezione può essere di grande aiuto. Più si allunga la lista degli ingredienti maggiore è la probabilità che sia stato lavorato o ultralavorato.