Parkinson e inquinamento, confermata la correlazione: cosa dice la scienza
Un legame tra il morbo di Parkinson e l’inquinamento atmosferico è stato confermato da uno studio della Mayo Clinic, pubblicato sulla rivista Jama Neurology. I ricercatori hanno analizzato l’influenza del particolato (PM 2,5) e del biossido di azoto (NO2) sulla progressione della malattia, evidenziando come questi inquinanti possano contribuire a determinare il decorso della patologia. Questa scoperta è rilevante per comprendere il futuro della malattia, che colpisce milioni di persone nel mondo e le cui cause non sono ancora completamente chiarite. Esaminare i fattori ambientali come l’inquinamento diventa quindi cruciale per prevenire, comprendere e trattare il Parkinson.
Inquinamento atmosferico e forme del morbo di parkinson
Il Parkinson si manifesta con sintomi differenti tra i pazienti. Si tratta di una malattia neurodegenerativa che non si limita al tremore, ma colpisce anche l’equilibrio, i movimenti e la rigidità muscolare. La diversità dei sintomi dipende dalla variazione del coinvolgimento di specifici nuclei cerebrali, come il putamen e il caudato, oltre al noto sistema dopaminergico. Lo studio della Mayo Clinic ha scoperto che l’esposizione prolungata a inquinanti come il PM 2,5 e l’NO2 può influenzare la progressione della malattia, facendo aumentare il rischio di sviluppare una forma più severa e rigida, detta “rigido-acinetica”.
I dati emersi mostrano che per ogni microgrammo di PM 2,5 per metro cubo d’aria, il rischio di sviluppare questa forma di Parkinson aumenta del 36%. Inoltre, l’inquinamento è un fattore che incide maggiormente nelle aree urbane rispetto a quelle rurali, dove i livelli di PM 2,5 e NO2 sono significativamente più bassi. Questa correlazione apre una riflessione sull’impatto delle politiche ambientali e sul ruolo dell’inquinamento nel determinare non solo l’insorgenza della malattia, ma anche il suo decorso.
Parkinson, numeri in aumento
Lo studio conferma quanto già indicato nel 2018 da un lavoro olandese-americano, secondo cui il morbo di Parkinson è destinato a crescere in modo esponenziale nei Paesi in rapido sviluppo industriale, come Cina e Vietnam. I dati supportano la tesi che i fattori ambientali stiano assumendo un ruolo sempre più centrale nell’eziologia della malattia, insieme ai fattori genetici.
Il collegamento tra inquinamento e Parkinson è rafforzato dai numerosi studi che, negli ultimi anni, hanno dimostrato come l’inquinamento possa influenzare negativamente il sistema nervoso. La presenza di particelle fini come il PM 2,5 nei polmoni e nel sangue potrebbe avere un effetto neuroinfiammatorio, causando danni ai neuroni dopaminergici, quelli maggiormente colpiti dalla malattia.
Aspettativa di vita e qualità della vita dei pazienti
Lo studio della Mayo Clinic ha valutato l’esposizione a PM 2,5 e NO2 su un periodo di 17 e 14 anni, rispettivamente. I ricercatori non hanno riscontrato un aumento del rischio di mortalità per altre cause tra i pazienti affetti da Parkinson che vivevano in aree con alto tasso di inquinamento. Tuttavia, l’inquinamento ha condizionato la forma della malattia, con una maggiore prevalenza di casi di Parkinson rigido-acinetico, associato a un peggioramento delle discinesie, ossia quei movimenti involontari che colpiscono sia i muscoli volontari che quelli viscerali.
Le discinesie rappresentano uno dei maggiori ostacoli alla qualità della vita dei pazienti. La forma tremorigena, seppur invalidante, spesso non compromette gravemente l’autonomia dei pazienti nella fase iniziale, mentre la forma rigido-acinetica conduce a una progressiva perdita di mobilità e capacità motorie.
L’impatto sociale e i dati economici
La spesa globale per la gestione del Parkinson è destinata a crescere. Attualmente, i costi diretti e indiretti legati alla malattia nei soli Stati Uniti ammontano a circa 52 miliardi di dollari l’anno. In Europa, dove l’incidenza del morbo è in aumento, i costi sono stimati in 14 miliardi di euro annui.
Il ruolo dell’inquinamento, insieme ad altri fattori ambientali come i pesticidi, aumenta il carico economico non solo per i sistemi sanitari, ma anche per le famiglie dei pazienti, spesso costrette a sostenere costi per le cure domiciliari e la perdita di produttività lavorativa. A livello globale, l’aspettativa è che il numero di persone con Parkinson raddoppi entro il 2040, superando i 12 milioni di pazienti.
Prevenzione e politiche ambientali
L’inquinamento atmosferico è ormai riconosciuto come uno dei principali fattori di rischio per il morbo di Parkinson, soprattutto nelle sue forme più gravi. Lo studio della Mayo Clinic dimostra come il PM 2,5 e il NO2 possano influenzare la progressione della malattia e peggiorare la qualità della vita dei pazienti.La riduzione delle emissioni di particolato e biossido d’azoto è una priorità per le metropoli più inquinate. Tali interventi non solo contribuirebbero a ridurre il numero di nuovi casi di Parkinson, ma migliorerebbero la qualità della vita dei pazienti già affetti, rallentando il decorso della malattia.