Medico di medicina generale, come cambia la gestione del diabete e complicanze
Il diabete mellito di tipo 2 ha una prevalenza del 6,2% nel nostro Paese ed è una delle patologie croniche destinate ad aumentare, anche per via dell’invecchiamento della popolazione. La Nota 100 di AIFA ha ampliato la possibilità per la Medicina Generale di prescrivere i farmaci antidiabetici più recenti. “Dopo la pubblicazione nel 2022 della Nota 100, la SIMG ha promosso vari eventi formativi per favorire la prescrizione di appropriate terapie del diabete mellito – sottolinea Gerardo Medea, Consigliere Nazionale e Responsabile della Ricerca SIMG – Ad oggi più di cento medici hanno ottenuto il titolo di MMG esperto in diabete e patologie metaboliche e ad essere iscritti in un registro riconosciuto anche a livello europeo. Abbiamo creato anche un osservatorio permanente per valutare la presa in carico, l’appropriatezza prescrittiva e la competenza acquisita dai medici di famiglia nell’applicazione della nota 100. L’obiettivo è stimolare i Medici di Medicina Generale a prescrivere questi farmaci, con vantaggio del paziente nell’accesso a trattamenti dagli indubbi effetti benefici. Dopo il primo ciclo di formazione possiamo trarre un bilancio positivo: gli indicatori mostrano un aumento della presa in carico e un progressivo miglioramento nella prescrizione autonoma di questi farmaci, con il 40% dei MMG partecipanti che hanno compilato la prima scheda di monitoraggio”, – conclude.
La complicazione cardio-nefro-metabolica
L’elevata sovrapposizione tra diabete, malattie cardiache e renali ha portato alcune società scientifiche a definire la sindrome cardio-nefro-metabolica, che colpisce circa 11,6 milioni di persone in Italia. “Per la sua complessità clinica, questa sindrome richiede un approccio multidisciplinare e integrato che punti non soltanto al controllo glicemico, ma anche al controllo del peso corporeo, alla gestione dei fattori di rischio cardiovascolare e soprattutto alla protezione d’organo cardio renale – sottolinea Tindaro Iraci, SIMG Palermo – I farmaci ipoglicemizzanti come gli agonisti recettoriali del GLP1 e gli SGLT2 inibitori hanno dimostrato efficacia nel ridurre il rischio cardiovascolare di tipo aterosclerotico sia in prevenzione secondaria che in prevenzione primaria , quindi anche in quei soggetti che pur in assenza di patologia cardiovascolare accertata, presentino indicatori di rischio cardiovascolare elevato, come l’ipertensione, l’obesità o la dislipidemia aterogena.Gli SGLT2 inibitori hanno dimostrato efficacia anche nel rallentare la progressione della malattia renale cronica e nel ridurre le ospedalizzazioni per scompenso cardiaco. È quindi importante che i medici di famiglia identifichino precocemente tra i loro assistititi tutti i soggetti che potrebbero giovarsi di trattamenti in grado di prevenire l’insorgenza delle complicanze e offrano loro, in maniera tempestiva, la migliore terapia”– conclude.
Il ruolo del Medico di Medicina Generale nella stadiazione del paziente
Il MMG è in prima linea per l’identificazione precoce dei pazienti ad alto rischio di sviluppo di danno cardiorenale. “Per la stadiazione del rischio, sono necessari il monitoraggio della creatinina e il valore della microalbuminuria – spiega Maurizio Ridolfi, SIMG Roma – Il monitoraggio regolare di questi parametri è essenziale per rallentare la progressione del danno e adattare tempestivamente la terapia, in cui gli SGLT-2 svolgono un ruolo chiave. La nefroprotezione di questi farmaci è indipendente dalla riduzione della glicemia stessa, agendo sulla diminuzione della pressione intra-glomerulare e sulla riduzione dello stress ossidativo; si introduce dunque un approccio terapeutico multidimensionale che permette un effetto protettivo su reni e sistema cardiovascolare. Alla luce di queste considerazioni, è bene che il Medico di Medicina Generale si impegni per identificare e stadiare precocemente nei pazienti diabetici il rischio di danno cardiorenale, per migliorare la gestione della malattia, prevenirne le complicanze e migliorare la qualità di vita dei pazienti” – conclude.