Virus meno aggressivo, ma gli esperti temono mutazioni
Sempre meno casi, sempre meno contagi e soprattutto una pericolosità che sembra essersi ridotta drasticamente. Ancora una volta il Covid-19 spiazza scienziati e virologi, cambiando volto e sconfessando (almeno per il momento) le previsioni fatte nel pieno della pandemia. Ma cosa sta succedendo realmente? La verità è che nessuno tra gli addetti ai lavori ha la risposta a questa domanda, ci sono solo ipotesi e quindi diversi possibili scenari per il prossimo futuro. Particolarmente interessante è il parere che Paolo Ascierto, oncologo del Pascale di Napoli, ha espresso ai microfoni del Tg3 regionale. Ascierto ricorda gli esempi Sars e della Mers e guardando ai numeri spiega che sono positivi , addirittura con «due province, come quella di Trapani e Crotone che sono Covid Free, quindi di sicuro c’è questa tendenza». Ma non ci sono solo luci. Anche se la speranza è che la situazione continua sempre a migliorare, Ascierto ribadisce le preoccupazioni che, in vista di un’eventuale seconda ondata, il virus «possa mutare diventando più aggressivo».
VACCINI
Ecco perché si continua a lavorare senza sosta alla ricerca di un vaccino. In particolare, sembrano essere almeno tre le tipologie di vaccini sui quali i ricercatori di tutto il mondo stanno lavorando. La prima tipologia è quella che lavora sull’Rna: si tratta di una sequenza di Rna sintetizzata in laboratorio che, una volta iniettata nell’organismo umano, induce le cellule a produrre una proteina simile a quella a quella verso cui si vuole indurre la risposta immunitaria (producendo anticorpi che, conseguentemente, saranno attivi contro il virus). Ci sono poi le tecnologie che puntano ad un vaccino a Dna: il meccanismo è simile al vaccino a Rna, ma in questo caso viene introdotto un frammento di Dna sintetizzato in laboratorio in grado d’indurre le cellule a sintetizzare una proteina simile a quella verso cui si vuole indurre la risposta immunitaria. Infine un vaccino proteico: utilizzando la sequenza Rna del virus (in laboratorio), si sintetizzano proteine o frammenti di proteine del capside virale. Conseguentemente, iniettandole nell’organismo combinate con sostanze che esaltano la risposta immunitaria, si induce la risposta anticorpale da parte del paziente.
NUOVE SCOPERTE
Molto interessante è anche una scoperta dell’ultimora che arriva dalla University of California a Riverside, ma firma dell’italiano Maurizio Pellecchia. La notizia, rilanciata dall’agenzia di stampa Ansa racconta di una nuova tecnica che punta ad impedire il processo infettivo del SarsCoV-2 bloccando due forbici molecolari (proteasi) presenti sulle cellule umane e necessarie all’infezione. L’idea è di bloccare contemporaneamente le due proteasi umane per impedire che il SarsCoV-2 penetri e infetti le cellule. Le proteasi sono indispensabili al processo infettivo perché tagliano in due la proteina spike, la proteina dell’involucro virale che funziona da arpione molecolare e aiuta il virus a attaccarsi ed entrare nelle cellule umane. Senza il taglio di Spike ad opera delle proteasi, l’infezione non può avvenire. Pellecchia ha scoperto che il SarsCoV-2, diversamente da altri ceppi virali, usa entrambe le proteasi TMPRSS2 e furina, per iniziare l’invasione delle cellule umane.