Tumore del colon, l’IA può scovarlo
Il tumore del colon può essere scovato grazie all’IA (intelligenza artificiale). Provando a semplificare non poco la questione, si tratta di un software al quale sono state “mostrate” milioni di immagini tratte dalle colonscopie realizzate dai migliori endoscopici al mondo, un training che oggi consente a questo software di intelligenza artificiale di riconoscere le lesioni pre cancerose e di lanciare immediatamente un allarme all’endoscopista. La piattaforma, che nasce da uno studio tutto italiano, si chiama “GI Genius” e la novità è che ha convinto anche la Food and Drug Administration USA, portando questa idea made in Italy a conquistare un mercato solitamente più avvezzo a lanciare novità che a importarle.
SUPERPOTERI
Al di là della giusta soddisfazione di chi questo sistema lo ha prodotto, il fattore da tenere presente è che grazie a questo software di intelligenza artificiale sarà possibile individuare precocemente milioni di lesioni che altrimenti sarebbero diventate tumori del colon. Potenzialmente, in pochissimo tempo centinaia di migliaia di vite salvate. «Grazie a questo software è come se potenziassimo gli strumenti a disposizione degli endoscopisti e la stessa capacità degli operatori di individuare un problema. Un po’ come se il medico endoscopia acquisisse dei superpoteri», dice il dottor Cesare Hassan, dirigente medico di I livello dell’Ospedale Nuovo Regina Margherita di Roma e tra i ricercatori che hanno realizzato il software. «Il software riesce infatti a compensare le lacune che necessariamente possono interessare l’occhio umano. Si consideri che ogni colonscopia produce in media 50.000 frame (immagini, ndr) e in ciascuna di queste può esserci una lesione da scovare». La piattaforma GI Genius, distribuita in Italia da Medtronic grazie a un accordo con Cosmo Pharmaceuticals (unico produttore al mondo di questo dispositivo e software di intelligenza artificiale) fa proprio questo, si affianca e potenzia le capacità umane.
NEMICO INSIDIOSO
Insomma, un importante traguardo raggiunto grazie alla ricerca italiana coordinata da Humanitas. Val bene ricordare che il tumore del colon retto è la terza forma più comune di neoplasia al mondo, con 1,8 milioni di nuovi casi nel 2018. Solo in Italia nel 2020 sono stati oltre 43.700 i nuovi casi. Lo studio ha dimostrato l’impatto dell’AI nell’aumentare il tasso di rilevamento dell’adenoma (ADR) nei pazienti, rendendo possibile la diagnosi precoce di tumori del colon retto. L’ADR, infatti, è una delle metriche più importanti per valutare la qualità dell’endoscopista clinico nello screening del cancro del colon-retto e l’intelligenza artificiale può dare un contributo significativo nel compito cruciale di individuare gli adenomi. Questo è ancor più vero oggi. In tutta Europa, la sospensione delle procedure non urgenti durante la fase più acuta della pandemia Covid -19 ha impedito agli operatori sanitari di soddisfare le numerose richieste di screening per il cancro del colon-retto. Secondo lo studio italiano pubblicato lo scorso settembre, i ritardi sulle procedure di screening hanno avuto notevoli conseguenze: viene stimato un aumento nel numero totale dei decessi del 12% passando da 3 a 12 mesi. È evidente che la disponibilità di un device in grado di migliorare l’accuratezza diagnostica sia di importanza fondamentale, oggi più che mai.
PRECISIONE
L’agenzia americana ha valutato la sicurezza e l’efficacia di GI Genius sulla base dello studio italiano, multicentrico, condotto su 700 pazienti sottoposti a colonscopia per lo screening o alla sorveglianza del cancro colonrettale. I partecipanti hanno effettuato colonscopia standard con il dispositivo IA o solamente colonscopia standard. «L’utilizzo dell’intelligenza artificiale applicata alla colonscopia tradizionale è stato in grado di identificare adenomi o carcinomi confermati dagli esami di laboratorio con una precisione diagnostica aumentata del 13% – spiega il professor Alessandro Repici direttore del Dipartimento di Gastroenterologia ed Endoscopia digestiva di Humanitas, docente di Humanitas University, e coordinatore dello studio a cui hanno partecipato gli ospedali Regina Margherita di Roma e Valduce di Como. – E stiamo proseguendo con studi di approfondimento in questo ambito per ulteriori dati».