Passaporto vaccinale c’era già per la peste. Difficile per Covid
Se ne parla in tutto il mondo. Il ‘passaporto vaccinale’ potrebbe essere lo strumento che permetterà di tornare alla normalità chi è immunizzato contro il Covid. Tuttavia non è un’idea moderna, infatti la prima applicazione di questo ‘lasciapassare’ risale al 1897, come ha spiegato Sanjoy Bhattacharya direttore del Collaborating Center for Global Heath Histories dell’Oms. Già all’epoca della peste c’erano state difficoltà che ritornano anche oggi.
Passaporto vaccinale già per la peste
Durante la fine del diciannovesimo secolo, uno scienziato di Odessa, in Russia, Waldemar Haffkine, aveva sviluppato un vaccino per la peste. Lo ha ricordato Bhattacharya in un’intervista al sito della tv pubblica Usa Npr. Una volta entrato in uso nelle colonie britanniche indiane, all’epoca iniziarono le discussioni sull’opportunità di chiedere una prova della vaccinazione in alcune circostanze, in particolare nei siti meta di pellegrinaggi, dove la densità della popolazione poteva far esplodere dei focolai.
L’insegnamento, afferma l’esperto, è valido anche oggi.
“Nessuna autorità mondiale può da sola richiedere questo tipo di requisito – spiega -. Può solo arrivare dopo una intensa discussione tra tutte le parti in causa”.
Al momento l’unico ‘passaporto vaccinale’ previsto dalle International Health Regulations dell’Oms è quello per la febbre gialla, che alcuni paesi richiedono come condizione per l’ingresso, mentre in alcune zone di Afghanistan e Pakistan si può circolare solo con una prova della vaccinazione antipolio.
Anche se per ora l’Oms in un position paper pubblicato a febbraio e reiterato anche in seguito si è espressa contro l’introduzione per i viaggi internazionali, la discussione su un passaporto legato al Covid è aperta in tutto il mondo.