Oggi, trent’anni fa, il primo trapianto di cuore a Napoli
Succedeva oggi, ma trent’anni fa. Il primo trapianto di cuore a Napoli fu eseguito il 15 gennaio 1988, una giornata storica che oggi è stata celebrata con chi l’ha vissuta in prima persona e con quanti a seguire hanno fatto grande il centro trapianti del Monaldi. Quella giornata Maurizio Cotrufo, cardiochirurgo di fama mondiale, la ricorda bene. Il cuore lo andarono a prendere a Barcellona su un aereo messo a disposizione da Spadolini, che ai tempi era Presidente del Consiglio. L’equipe del Monaldi tornò a Napoli in piena notte, nonostante questo nei viali dell’ospedale i medici trovarono un mare di gente. «Ci aspettavano – dirà Cotrufo – come si aspetta all’aeroporto la squadra campione del mondo. Beh, a quei tempi tutto era diverso, e poi in un certo senso stavamo facendo qualcosa che mai era stata tentata prima in tutta l’Italia centro-meridionale».
Una scelta difficile
Pochi sanno della tribolazione con la quale Cotrufo accettò quel cuore da trapiantare nel petto di Vincenzo. C’era da scrivere la storia, ma il paziente era anziano e affetto da molte altre patologie. Un rischio enorme, l’incubo di qualsiasi cardiochirurgo. Cotrufo poteva scegliere di rinunciare, ma il suo paziente era l’unico compatibile in tutta Europa, o andare avanti e rischiare che l’intervento fosse un fallimento. la scelta fu di proseguire, anche perché per ottenere il placet del Ministero al centro di trapianti erano serviti tre anni di battaglie. Per Napoli e per i napoletani quello fu un momento epocale. «Ricordo che nel periodo caldo, quando dal Governo si ostinavano a negare il consenso alla nostra attività, nel rione Sanità comparve addirittura uno striscione. C’era scritto “Lo volete fare questo trapianto? Noi oltre Maradona abbiamo Cotrufo”. Una foto che ho incorniciato».
L’amicizia con De Filippo
Della fine degli Anni 80 il cardiochirurgo ha moltissimi ricordi straordinari. Ad esempio il rapporto con un suo paziente d’eccezione, Edoardo De Filippo. «Un uomo straordinario e molto riservato», ricorda il medico. Accettò di farsi ricoverare, ma solo per un giorno. Non sopportava l’idea di dover rinunciare alla sua intimità domestica».