Legge 194, troppe ombre sulla Campania
Tantissimi ginecologi in Italia si dichiarano obiettori di coscienza. Addirittura l’82%, stando ad una ricerca condotta da Cgil Campania con la collaborazione dell’Unione degli Studenti. I dati arrivano nel giorno della festa della donna e a 40 anni dall’approvazione della legge 194, contenente le norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza. Cifre alla mano, lo stato di “salute” dei consultori in Campania non è incoraggiate. Su 151 consultori presenti in regione, solo 13 inviano dati al ministero della Salute, ma il dato più preoccupante riguarda, come detto, la presenza di medici obiettori che sfiora l’82%.
Hashtag #liberoaccesso
Di qui la campagna lanciata da Cgil Campania per il libero accesso ai consultori, che restino spazi gratuiti; alla contraccezione, che si vorrebbe gratuita e accessibile a tutti anche per il contrasto alle malattie sessualmente trasmissibili; all’interruzione volontaria della gravidanza e alla medicina territoriale. Liberoaccesso è anche un hashtag promosso dal Dipartimento nuovi diritti della Cgil che passa dalla ricerca alla vertenza.
I dati
«I consultori – spiega Ileana Remini, della segreteria regionale della Cgil – sono spesso relegati in strutture fatiscenti e poco raggiungibili. Vogliamo chiedere al presidente della Regione Vincenzo De Luca di assumere impegni concreti per la valorizzazione e il potenziamento di queste strutture». Basandosi su un campione di 500 persone, la ricerca ha accertato che ai consultori si rivolge l’81% di donne e il 18% di uomini. La fascia di età più corposa va dagli 11 ai 29 anni e rappresenta circa il 60% dell’utenza. Grazie alla collaborazione dell’Unione degli Studenti si è scoperto che il 65% degli istituto scolastici campani non possiede uno sportello informativo. «Denunciamo da tempo, ma questa ricerca conferma le nostre preoccupazioni – sottolinea Gianna Fracassi della segreteria nazionale Cgil – la legge 194 afferma diritti che sono in gran parte non esigibili da parte della donne». L’Italia è stata anche censurato dalla Corte Europea per i diritti dell’uomo perché questa legge non ha le condizioni per garantire i diritti. Di qui la scelta di celebrare l’8 marzo denunciando le mancanze di questa legge.