EuCARE – A Roma pronto un network di specialisti per capire il futuro del Covid-19
Il Covid-19 rappresenta una malattia ancora oggi oggetto di studio da parte dei clinici. Dopo quasi due anni dalla sua comparsa, ancora diversi restano gli interrogativi su cui gli specialisti stanno concentrando le proprie attenzioni per delineare gli scenari da prospettare ai decisori politici per il prossimo futuro. Il ruolo delle varianti nel determinare il decorso clinico della patologia; il rapporto delle varianti del virus con i vaccini, i test sierologici e molecolari; la diffusione del virus in ambito scolastico e l’impatto delle misure di contenimento su studenti e insegnanti. Questi sono alcuni dei principali spunti oggetto di riflessione dei lavori del progetto europeo a guida italiana “EuCARE: European cohorts of patients and schools to advance response to epidemics”, dedicato a chiarire alcuni degli aspetti cruciali e più dibattuti dell’epidemia da SARS-COV-2.
Il progetto EUCARE
Coordinati dall’italiana EuResist Network, 22 università, ospedali e centri di ricerca lavoreranno per fornire risposte solide e basate sui dati, con il supporto di forti componenti immuno-virologiche e di intelligenza artificiale. Il lancio del progetto è avvenuto a Roma la scorsa settimana (11 e 12 novembre) con la partecipazione di 60 scienziati dall’Europa e dal mondo e di rappresentanti dell’OMS per una piena e aperta condivisione dei dati.
“Grazie al vaccino, in Italia e in Europa stiamo riuscendo a tenere l’infezione e i suoi effetti abbastanza sotto controllo ma restano molte questioni aperte – racconta Francesca Incardona, coordinatrice del progetto – In molti Paesi, anche vicini a noi, l’epidemia continua a correre: questo permette a nuove varianti di emergere e di porre inquietanti interrogativi che solo collaborazioni scientifiche multidisciplinari e con grandi basi di dati possono affrontare. Per questo l’Unione Europea ha lanciato una chiamata di emergenza alla comunità scientifica e ha messo in campo ingenti finanziamenti. Siamo contenti di poter contribuire e allo stesso tempo avvertiamo un grande senso di responsabilità”.
Lo studio si avvarrà di coorti di pazienti ospedalieri, inclusi i pazienti cosiddetti “long COVID”, coorti di operatori sanitari vaccinati e coorti di scuole in Europa, Kenya, Messico, Russia e Vietnam per un totale di oltre 2600 pazienti COVID-19, 1600 operatori sanitari e 26000 studenti e insegnanti seguiti in studi prospettici.
“Circa il 10% dei pazienti tra i 18 e i 59 anni e percentuali più alte al crescere dell’età hanno sintomi clinici persistenti per mesi, sviluppano cioè il cosiddetto long-COVID – sottolinea la Prof.ssa Antonella D’Arminio Monforte, professore ordinario e direttore della Clinica di Malattie Infettive e Tropicali all’ASST SS Paolo e Carlo e Università di Milano, che partecipa dal lato italiano agli studi di coorte di pazienti sotto la guida del Karolinska Institutet – Molti sono gli interrogativi aperti su questo fronte, come quelli riguardanti quali siano i pazienti che si ammalano di long-COVID, perché si ammalano e qual è il decorso a lungo termine per le numerose, diverse patologie coinvolte”.
L’attenzione rivolta al mondo scolastico
Tra gli obiettivi principali del progetto, vi è quello di concentrare gli sforzi sulla scuola. Bambini e adolescenti sono stati coloro che hanno sofferto maggiormente le chiusure, con conseguenze sia dal punto di vista sociale che didattico, nonché coloro che hanno ancora basse percentuali tra i vaccinati. “La società è stata colpita dal COVID-19 sotto diversi aspetti: uno di questi, in gran parte sottovalutato, è la scuola. Per studiarla abbiamo coinvolto nel progetto anche gli studenti, attraverso una loro federazione europea, OBESSU – spiega Incardona – Arruoleremo scuole in contesti socioeconomici diversi e valuteremo con un trial prospettico una metodologia di test salivare di gruppo, rapida ed economica, sviluppata dall’Università tedesca di Colonia, che sta emergendo come strumento di controllo non invasivo dell’epidemia”.
“Studieremo anche gli aspetti psicologici delle misure di contenimento e la diffusione dell’epidemia nelle scuole comparandola con i nostri studi del 2020” aggiunge Sara Gandini, epidemiologa presso l’Istituto Europeo di Oncologia. Allo studio partecipa anche l’Istituto Nazionale Malattie Infettive L. Spallanzani.
GLI STUDI DI COORTE DEL PROGETTO EuCARE
Il progetto EuCARE prevede delle strutture orizzontali di servizio agli studi di coorte: per l’analisi dei dati attraverso metodi di intelligenza artificiale sotto la guida di IBM Israele e per le indagini sui campioni con i sistemi virologici e immunologici più avanzati sotto la guida di Maurizio Zazzi, professore di Microbiologia all’Università di Siena. “Il network di laboratori del progetto non solo suddividerà l’impegno tra diverse strutture, ma condividerà in tempo reale informazioni sulle buone pratiche emergenti, kit e strumentari realizzando un’infrastruttura distribuita con capacità uniformi e in grado di reagire in tempi rapidi anche a eventuali nuove epidemie – spiega il Prof.Maurizio Zazzi.
“Per esempio metteremo a disposizione le nostre competenze di analisi delle sequenze virali ad alta risoluzione” – aggiunge la Prof.ssa Francesca Ceccherini Silberstein, professore di Microbiologia all’Università di Roma Tor Vergata. Un progetto quindi che non solo cerca risposte alla pandemia di oggi, ma che vuole costruire capacità per affrontare quelle che potrebbero presentarsi domani.