Elena, tornata a vivere grazie all’amore di suo padre
Per Natale il padre le ha fatto il dono più grande, quello della vita, per la seconda volta. La storia che sta commuovendo Napoli e l’Italia intera è quella di Elena (nome di fantasia), giovane donna che da 26 anni (ovvero da quando è nata) convive con una insufficienza renale cronica. Elena è sempre stata una ragazza solare e intraprendente, una che la vita la prende a morsi. Ha scoperto il suo problema solo pochi anni fa, da quel momento ha dovuto drasticamente ridimensionare sogni ed ambizioni. Ma non ha mai cambiato il suo modo di guardare al mondo. Ha combattuto la sua battaglia con la terapia medica e il rispetto di stretti regimi di vita. Dalla scorsa estate è entrata in quella fase della malattia che conduce inevitabilmente alla dialisi salvo che non si riesca prima ad accedere al trapianto. Ma la possibilità di trovare un organo compatibile e disponibile, quando ad attenderlo vi è una lunga lista di pazienti, non è assolutamente facile.
L’amore di un padre
Claudio ha 56 anni, ed è il papà di Elena, è stato lui il primo in famiglia ad informarsi e a scoprire che è possibile realizzare un trapianto di rene da donatore vivente e che se il trapianto viene effettuato prima che il malato entri in dialisi si possono ottenere migliori risultati in termini di sopravvivenza e qualità di vita. Così, 26 anni dopo aver messo al mondo Elena, sceglieo di donarle ancora una volta la vita. Non ci pensa su due volte, quel donatore può essere lui. Si rivolge al professore Michele Santangelo (direttore della UOC di Chirurgia Generale e dei Trapianti di Rene del Policlinico Federico II) per offrirsi. Santangelo si dichiara immediatamente disponibile. Sull’esempio della Scuola Padovana, guidata dal professor Rigotti e dalla professoressa Furian, Santangelo sta infatti riorganizzando l’attività di trapianti da vivente presso la Federico II (l’ultimo risale al 2003) con metodiche più moderne che offrono maggiori vantaggi e garanzie al donatore.
Giorni di speranza e paura
L’iter per stabilire che il trapianto di rene si possa effettuare prevede un’attentissima analisi clinica, immunologica e psicologica da parte dell’equipe sulla coppia donatore-ricevente. Al termine di questa valutazione, una commissione costituita da un team di specialisti, estraneo all’iter clinico di studio della paziente, riesamina il caso per essere certi della correttezza della procedura e della consapevolezza del donatore e del ricevente. Concluso il riesame, la pratica viene rimessa al magistrato che, se ne riconosce la correttezza procedurale, ne autorizza il compimento. Mentre padre e figlia affrontano questo lungo e complesso percorso, a metà agosto, Elena riceve una telefonata dal Policlinico di Napoli: c’è un rene potenzialmente compatibile con lei. La gioia svanisce rapidamente. Il potenziale donatore, agli accertamenti finali, si rivela non idoneo. Un momento di profondo sconforto e di paura per quello che sarà il futuro. Non per Claudio, deciso ad essere lui a donare il rene alla figlia e felice di farlo, perché sa che se un rene da donatore deceduto assicura una buona funzionalità, quello proveniente da un donatore vivente ne garantisce una migliore e la consanguineità riduce, pur senza azzerarlo, il rischio di rigetto.
L’intervento
E’ il 13 dicembre, l’equipe del Policlinico Federico II, guidata da Michele Santangelo, decide che è arrivato il momento e realizza l’intervento. Il risultato è ottimo. A Claudio viene effettuato il prelievo con una tecnica laparoscopica, che riduce le sofferenze post-operatorie, i tempi di degenza e i tempi di recupero funzionale. Claudio viene dimesso quasi subito ed è in perfetta salute. Per Elena le cose vanno alla grande. Il trapianto le ha permesso di rientrare in quel fortunato gruppo di pazienti, definito “pre-emptive”, che possono cioè giovarsi di ricevere un rene prima dell’entrata in dialisi. Una storia a lieto fine che ha unito ancor di più padre e figlia e ha dato grandi speranze a quanti ancora sono in attesa di un trapianto.