Disturbi mentali comuni, molti senza cure: “formare i professionisti”
Riconoscere i disturbi mentali e consentire l’accesso ai servizi e alle cure, migliorando la comunicazione e aumentando la formazione dei professionisti. Questi obiettivi sono contenuti nel documento finale della Consensus Conference sulle terapie psicologiche per ansia e depressione promossa dal Dipartimento di Psicologia Generale dell’Università degli Studi di Padova con il patrocinio dell’ISS. Il documento è disponibile in italiano e inglese.
Disturbi mentali, i numeri
Nel complesso i disturbi mentali rappresentano la seconda causa del carico di sofferenza e disabilità legato a tutte le malattie e rendono conto del 14% di tutti gli anni vissuti con disabilità (Years Lived with Disability, YLD), con una prevalenza nel mondo di oltre il 10%. I disturbi mentali comuni, con i disturbi da abuso di sostanze e alcol, sono quelli che contribuiscono maggiormente a questo carico. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, il solo disturbo depressivo maggiore colpisce ogni anno circa 350 milioni di persone in tutto il mondo ed è la quarta causa del carico di tutte le malattie. Tale carico è aumentato del 37% dal 1990 al 2010 e, secondo recenti proiezioni, entro il 2030 il disturbo depressivo maggiore potrebbe diventare la prima causa di disabilità e sofferenza di tutte le malattie.
In Italia, le persone affette da disturbi mentali comuni ricorrono raramente, e meno che in altri Paesi europei, ai servizi sanitari e tra esse il minor ricorso si registra nella fascia d’età 18-24 anni. Questo nonostante sia stato stimato che oltre il 7% della popolazione generale tra i 18 e i 64 anni ha sofferto di almeno un disturbo mentale comune nell’ultimo anno e quasi il 19% di almeno uno nella vita.
Tre le aree di intervento
La prima di intervento riguarda il riconoscimento dei disturbi e i piani di trattamento. Molti studi dimostrano come molti pazienti con disturbi non vengano trattati o comunque non vengano seguiti in modo adeguato. Tra i fattori alla base del mancato o inadeguato trattamento, vi è il mancato riconoscimento della presenza dei disturbi per la difficoltà di intercettarli all’esordio o comunque in fase precoce. In tal senso, secondo la Consensus, il primo step decisivo è rendere più agevole la diagnosi precoce, suggerendo che tutti i servizi sanitari territoriali e i servizi di medicina penitenziaria siano considerabili, al pari dei servizi specialistici, luoghi direttamente coinvolti nell’individuazione degli assistiti con disturbi mentali comuni o a rischio di svilupparli.
La seconda riguarda l’accesso ai servizi e più in generale al trattamento. Il fallimento nel trattare le persone con disturbi mentali comuni, non solo in Italia, è dovuto oltre che alla scarsa offerta di risposta anche alla scarsa domanda. Investire, quindi, per promuovere una maggiore conoscenza e consapevolezza di questi disturbi, con una comunicazione efficace che possa ridurre lo stigma associato ancora oggi a queste problematiche. Le raccomandazioni della Consensus, propongono un investimento nella comunicazione rivolta e adattata ai diversi gruppi target (operatori sanitari, popolazione generale e mondo della scuola), sfruttando le potenzialità dei mass-media e dei social network. Per agevolare l’accesso alle cure, l’uso di modalità innovative e più sostenibili, integrate nei percorsi di cura, come ad esempio la tele-psicologia, merita pure attenzione e ulteriori ricerche, anche considerato il contesto dell’attuale pandemia e i risultati di recenti meta-analisi che mostrano che esse possono indurre dei benefici.
La terza area di interesse riguarda la formazione accademica e le scuole professionalizzanti. La Consensus ribadisce la necessità di percorsi di alfabetizzazione sui disturbi mentali comuni nel corso di studi della laurea triennale in Psicologia e della laurea in Medicina e nei corsi post laurea a partire da quello previsto per i Medici di Medicina Generale. Per quanto riguarda la laurea in Psicologia ad indirizzo clinico, raccomanda l’inserimento di un approfondimento delle conoscenze sui quadri sintomatologici e i livelli di gravità di questi disturbi, nonché sui trattamenti sostenuti da prove di efficacia e, più in generale, sui principi e metodi dell’epidemiologia clinica in salute mentale. Infine, la Consensus sollecita un potenziamento della ricerca in salute mentale compresa quella sugli interventi psicologici che coinvolgono adulti, bambini, adolescenti e terza e quarta età.
“Le raccomandazioni di questa Consensus – commenta Silvio Brusaferro, presidente dell’ISS – giungono in un momento in cui la nostra vita è cambiata a causa della pandemia SARS-CoV-2 che verosimilmente ha avuto e avrà tra gli altri impatti possibili ripercussioni sull’equilibrio psichico ed emotivo. Esempi chiaramente evidenti sono gli operatori sanitari, maggiormente esposti a rischio di stress psicologico, le donne, i giovani preoccupati per il loro futuro, i familiari dei pazienti affetti da COVID-19 esposti a minacce di perdita di una persona cara, e i lavoratori che hanno subito conseguenze sul versante economico. L’obiettivo è continuare a lavorare per fornire a tutti un trattamento adeguato e favorire la miglior qualità di vita possibile”