Disabilità intellettiva, lavoro e inclusione, l’esempio di tre progetti
L’inclusione è un valore per l’intera comunità. Eppure i modelli organizzativi spesso non riescono a tutelare i diritti delle persone con disabilità intellettive. Sono le associazioni a colmare le lacune. Sulla sostenibilità di un percorso di emancipazione concreta delle persone con disabilità si è discusso in un incontro in Puglia, a Lecce, promosso dalla Fondazione Div.ergo – ONLUS. Rappresentanti delle associazioni e mondo accademico, con il supporto delle Istituzioni, si sono interrogati sull’immagine che inchioda le persone con disabilità intellettiva nel ruolo di semplici destinatari di politiche assistenziali, ostacolando la loro piena inclusione nel mondo del lavoro. Dall’analisi è emerso come i giovani con disabilità intellettiva si trovino dinanzi al continuo ricorso ad esperienze di formazione post scolastiche che – spesso – difficilmente sfociano in veri percorsi lavorativi. Assumono, invece, la forma dell’espediente per occupare il tempo, sottolinea la fondazione. Se il mercato non è disposto a pagare il costo dei beni sociali, allora è necessario realizzare un modo per moltiplicare forme sostenibili di impresa sociale. La conferenza, dal titolo: “Lavoro o lavoretti? – esperienze, prospettive e ostacoli per l’inclusione lavorativa di persone con disabilità intellettiva” ha cercato di individuare – con l’aiuto del prof. Carlo Lepri – i cambi di paradigma sociali e culturali. Inoltre ha indagato i passaggi legislativi necessari a tutelare l’effettivo e pieno esercizio dei diritti di cittadinanza secondo i principi di autodeterminazione e non discriminazione, in coerenza con la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, fatta a New York il 13 dicembre 2006, ratificata e resa esecutiva con legge 3 marzo 2009, n. 18.
Cambio di paradigma culturale: persone con disabilità intellettiva eterni bambini. L’importanza di costruire l’immagine adulta
“Inizia a prendere spazio una rappresentazione legata all’idea adulta della persona con disabilità intellettiva e non secondo un’immagine infantilizzante”, mette in luce la fondazione. Spesso per le persone con disabilità intellettiva i progetti di vita autonoma sono impantanati nella gestione delle problematiche della quotidianità. Si scontrano con la fatica dei genitori di vedere il figlio in prospettiva e ad agire dei distanziamenti necessari. Difatti, molte di queste persone, nella loro condizione di disabilità, stentano a realizzare i normali processi di contrapposizione ai genitori, ad uscire dal nucleo familiare, perpetuando, invece, forme di simbiosi e di dipendenza.
Molto dipende dal contesto e dall’approccio di chi è parte della rete sociale delle persone con disabilità intellettiva. La risposta alla domanda “chi sono io” è strettamente legata all’interazione e al rimando, che determina l’identità di altri. Per questo è urgente decostruire l’immagine del bambino per costruire quella dell’adulto.
Concetto di persona
“Il concetto di ‘persona’ con disabilità – così come evidenziato dalla L. 227/21 – presuppone la valorizzazione dal punto di vista etico (la persona è sacra non può essere sostituita nell’universo in cui è presente), dei significati politici (la persona è l’individuo più i suoi diritti, come affermava Hannah Arendt) e dei significati psicosociali”, si legge nell’analisi. “Le persone sono individui che interpretano ruoli nella vita, con diritti e doveri. Nel mondo degli adulti la persona è colei che interpreta ruoli diversi in base ai contesti e la completezza, la ricchezza della persona è data dalla qualità e quantità di ruoli sociali che riesce ad interpretare”.
Valore del lavoro: tre esperienze a confronto
Qual è il valore del lavoro? Cosa deve avere il lavoro per essere veramente emancipativo? Il lavoro, accanto al suo valore remunerativo, assume un carattere di generatore di benessere e di promozione della vita umana. Si tratta di un’occasione di socializzazione, di stare con gli altri; è un organizzatore del tempo. Per questo molte esperienze di inclusione lavorativa che si riducono a poche ore a settimana rischiano di essere poco significative. Il lavoro, qualunque esso sia, è per ciascuno partecipazione al bene comune. Infine, il lavoro è fonte di identità, fa acquisire dei ruoli, una funzione sociale.
Spunto per queste riflessioni è stata la restituzione dei risultati dei progetti “Trasformiamoci”, presentato dalla presidente dott.ssa Annalisa Paradiso, e del progetto “Essenze”, presentato dalla dott.ssa Maria Teresa Pati, presidente della Fondazione Div.ergo – ONLUS, finanziato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali e dalla Regione Puglia, Assessorato al Welfare nell’ambito della misura “Puglia Capitale Sociale 3.0” Linea A.
Trasformiamoci, promosso dalla cooperativa Filodolio con il sostegno di Fondazione Prosolidar, ha realizzato percorsi di agricoltura sociale che hanno coinvolto cinque giovani con disabilità intellettiva, impegnati, dapprima, nel recupero e nella coltivazione di oltre quattro ettari di terreno incolti o abbandonati, con la produzione di ortaggi, grano, legumi, micro-ortaggi, zafferano e topinambur, e poi nella trasformazione dei prodotti orticoli e nel confezionamento e distribuzione.
Altra esperienza innovativa promossa da Fondazione Div.ergo – ONLUS è quella del progetto “Laboratorio creativo Div.ergo”, laboratorio di creazione di prodotti artigianali, che sul tema dell’inclusione lavorativa ha mosso importanti passi. Dal 1° marzo 2024 saranno assunte altre due giovani con disabilità intellettiva, grazie al contributo di Chapron Charity Foundation, che si aggiungeranno ai 4 già assunti dal 2016 in poi. In totale sono tre contratti a tempo indeterminato e tre contratti a tempo determinato.
Nuovi input legislativi, il budget di progetto
Il sistema normativo, con la legge delega 227/21, punta ad assicurare alla persona il riconoscimento della propria condizione di disabilità per rimuovere gli ostacoli e per attivare i sostegni utili al pieno esercizio, su base di uguaglianza con gli altri, delle libertà e dei diritti civili e sociali nei vari contesti di vita, liberamente scelti e superare molti degli ostacoli che hanno di fatto reso inefficaci o scarsamente incisivi molti strumenti normativi del passato, a partire dalla famosa L. 68/1999.
L’attuazione del progetto di vita è sostenuta dal budget di progetto che è costituito, in modo integrato, dall’insieme delle risorse umane, professionali, tecnologiche, strumentali ed economiche, pubbliche e private, attivabili anche in seno alla comunità territoriale e al sistema dei supporti informali. La predisposizione del budget di progetto è effettuata secondo i principi della co-programmazione, della co-progettazione con gli enti del terzo settore, dell’integrazione e dell’interoperabilità nell’impiego delle risorse e degli interventi pubblici e, se disponibili, degli interventi privati. Il budget di progetto è caratterizzato da flessibilità e dinamicità al fine di integrare, ricomporre, ed eventualmente riconvertire, l’utilizzo di risorse pubbliche, private ed europee.