Debito di immunità, perché ci stiamo ammalando di più
L’influenza è arrivata in anticipo ed è più intensa degli anni passati. Dietro l’attuale impennata, secondo gli esperti, c’è il problema è della diminuzione dell’immunità. In assenza di esposizione a un virus, in pratica, i livelli di anticorpi diminuiscono.
Il debito di immunità
L’inverno non è ancora iniziato e sono già centinaia gli italiani alle prese con i malanni stagionali. Il virus influenzale di quest’anno sta mettendo a dura prova gli ospedali, accanto al Covid e al virus respiratorio sinciziale (Rsv). Il termine “debito di immunità” è stato coniato nell’agosto 2021 dai ricercatori in Francia per descrivere questa riduzione dell’immunità a livello di popolazione. In sostanza, le mascherine, l’allontanamento sociale e il lavaggio delle mani più frequente durante le ondate di Covid-19 potrebbero averci resi più suscettibili all’influenza e al virus respiratorio sinciziale.
Matthew Miller, immunologo della McMaster University di Hamilton, in Canada, ha affermato su Nature, che se molte delle persone suscettibili vengono infettate nei prossimi mesi, la stagione influenzale del prossimo anno potrebbe essere più docile. In sostanza, parte del debito immunitario verrebbe “ripagato” quest’anno. Tuttavia, ha ribadito che non è ancora chiaro «se il Covid-19 diventerà una malattia stagionale come l’influenza e l’Rsv, o se continuerà come è stato, con picchi sporadici durante tutto l’anno».
Il virus respiratorio sincinziale
Secondo uno studio pubblicato sulla rivista scientifica The Lancet, dal titolo dal titolo VRS: pagare il debito di immunità con gli interessi, il debito di immunità è preoccupante soprattutto per quanto riguarda il virus respiratorio sincinziale o VRS. Questo microrganismo patogeno stagionale ogni anno è responsabile di oltre 64 milioni di casi di infezioni respiratorie acute nel mondo. Sebbene di solito provochi lievi sintomi simili al raffreddore, può essere pericoloso in particolare nei bambini piccoli e negli anziani.
Il VRS, infatti, è uno dei principali virus che può provocare bronchiolite e polmonite. A questo proposito «sono state sollevate preoccupazioni circa la possibilità di epidemie di VRS più gravi in futuro a causa di un cosiddetto debito di immunità», spiegano gli esperti. «Questo debito è particolarmente preoccupante per VRS, per il quale l’immunità temporanea si ottiene attraverso l’esposizione al virus, con anticorpi materni che tendono a diminuire rapidamente; senza esposizione stagionale, l’immunità diminuisce e aumenta la suscettibilità a infezioni future e potenzialmente più gravi».
Il picco più alto degli ultimi 15 anni
Secondo la Federazione dei medici di medicina generale (Fimmg) «la curva dell’epidemia influenzale si è elevata in maniera tale da far prevedere, se il trend si manterrà su questi livelli, il picco più alto degli ultimi 15 anni. E potrebbe essere raggiunto prima di Natale perché i valori sono molto cresciuti».
Gli ultimi dati Influnet pubblicati il 2 dicembre (settimana di osservazione dal 21 al 27 novembre) descrivono valori tre volte superiore alla media. Le persone più sensibili sono i bambini, di età pari o inferiore a 4 anni, e gli anziani, di età pari o superiore a 85 anni. Tuttavia, ad oggi non sembra essere particolarmente aggressiva e i sintomi sono gli stessi delle stagioni passate e tendono a sfumare nel giro di 5-7 giorni (poco di più nei bambini).
Immunità e vaccino
Il modo migliore per prevenire l’infezione rimane il vaccino antinfluenzale. Non protegge però dai numerosi virus para-influenzali, responsabili delle tante sindromi da raffreddamento che si verificano durante l’inverno. In Italia è gratuito per le fasce di popolazione più a rischio, tra cui i soggetti con 65 anni o più, gli operatori sanitari a contatto diretto con pazienti a più alto rischio, donne in gravidanza o pazienti con particolari patologie. È inoltre consigliato nei bambini dai 6 mesi in avanti.
I vaccini antinfluenzali non proteggono del tutto, ma sono efficaci nel prevenire le infezioni gravi e ridurre il tempo della malattia. Anche perché l’influenza può esacerbare condizioni mediche esistenti come le malattie cardiache. Uno studio del 2018 sul New England Journal of Medicine ha infatti dimostrato che il rischio di avere un infarto era sei volte superiore entro una settimana dall’influenza.