Come i real world data supportano le scelte di salute
I real world data non sono un concetto nuovo. Sono nuovi, invece, i processi di digitalizzazione della sanità che hanno migliorato ed incrementato le possibilità di raccolta dei dati nella pratica clinica. Anche le tecnologie utilizzate nell’analisi dei dati sono evolute rispetto a quelle utilizzate negli studi osservazionali del secolo scorso. Al tema è stata dedicata la sessione di apertura dell’ultima giornata del XV Congresso Nazionale della Società Italiana di Health Technology Assessment.
Un percorso di collaborazione tra l’Agenzia e le società scientifiche è stato attivato in diversi ambiti dell’assistenza farmaceutica. In particolare, quella stretta con la Sihta è iniziata a maggio dello scorso anno ed ha portato a due studi che evidenziano tra l’altro l’importanza dei Real world data raccolti nell’ambito dei Registri di monitoraggio, a supporto dei processi di HTA in Italia.
“Inizia un percorso di valutazione che in Italia è all’avanguardia nel contesto europeo, avvantaggiato dalla possibilità di avere una raccolta dei dati di Real world su un ampio ventaglio di medicinali innovativi e prioritari per la tutela della salute”, commenta Francesco Saverio Mennini, presidente della Sihta. A fine settembre, l’Agenzia europea del farmaco (Ema) ha rilasciato un documento in cui propone le Good practice guide nell’uso dei real-world data a sostegno del miglioramento delle evidenze utili nelle decisioni sul profilo beneficio-rischio dei farmaci.
“Il medicinale – ricorda Pierluigi Russo, direttore dell’ufficio Valutazioni Economiche e Ufficio Registri di Monitoraggio dell’Agenzia italiana del farmaco – quando viene ammesso al rimborso da parte del SSN, va incontro negli anni a procedure di rivalutazione e di rinegoziazione. Se il farmaco è sottoposto al registro di monitoraggio, i dati in essi raccolto sono utilizzati in questi processi decisionali. Lo scopo è arrivare sul tavolo delle decisioni con dati tecnicamente e scientificamente solidi nel descrivere i risultati avuti nella pratica clinica e nello specifico contesto assistenziale italiano”.
Real-world data, gli studi
Il primo studio in collaborazione con la Sihta ha analizzato i determinanti dell’impatto sulla spesa farmaceutica di medicinali per le malattie rare nei primi tre anni di commercializzazione. “In tutto – illustra Russo – sono 52 i dossier analizzati relativi a medicinali ammessi alla rimborsabilità nel periodo fra gennaio 2013 e gennaio 2019, di cui il 35% riguardava i farmaci innovativi. L’unico determinante di un disallineamento tra la spesa attesa al momento dell’autorizzazione AIFA e quella poi successivamente osservata è stato la sua innovatività, come attribuita dalla Commissione tecnico-scientifica. Sebbene, nel caso di farmaci per le malattie rare non innovativi, la spesa farmaceutica osservata nei primi tre anni di commercializzazione risulti in media in linea con le previsioni di spesa attesa al termine della negoziazione, nel caso di farmaci innovativi invece nei primi due anni la spesa osservata risulta superiore a quella attesa.
“Quando – continua Russo – non ci sono dati epidemiologici relativi al contesto assistenziale italiano, soprattutto nel caso di malattie rare, anche a causa di pazienti che magari attendono il rimborso dello specifico farmaco, le previsioni potrebbero sottostimare l’effettiva quota di pazienti”. I real-world data ecco che diventano rilevanti per calibrare le valutazioni economiche e questo è uno dei suggerimenti principali che derivano dalla “collaborazione con la Sihta nell’analisi di questi dati sui farmaci per malattie rare”.
Il secondo studio si è concentrato sull’accesso ai monoclonali e antivirali per il COVID-19 introdotti durante la pandemia. I dati dei registri di monitoraggio AIFA, in questo caso, sono stati utilizzati primariamente nelle attività di coordinamento delle Regioni, con il ministero della Salute e la struttura commissariale, finalizzata ad ottimizzare gli acquisti centralizzati e la loro distribuzione iti sul territorio in funzione dell’andamento della pandemia. “Abbiamo avuto – commenta Russo – gestito i processi di distribuzione e ridistribuzione di questi medicinali in funzione delle regioni dove la pandemia impattava maggiormente e attivato un percorso di comunicazione importante con 82 report pubblici”. Tuttavia, in virtù del fatto che tali medicinali sono stati acquistati centralmente dalla struttura commissariale, questi hanno rappresentato un caso paradigmatico che è stato oggetto di analisi nell’ambito del secondo studio.
Anche sulla scorta di uno studio condotto dall’ALTEMS dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, che ha mappato le modalità organizzative di risposta al COVID-19 nelle diverse regioni, Russo spiega: “abbiamo verificato che le prevalenze di trattamento, a parità di casi diagnosticati di COVID-19, in funzione del modello organizzativo a cui erano associate le regioni. Lo studio evidenzia l’importanza dell’organizzazione dell’assistenza farmaceutica locale nel condizionare criticamente l’accesso per il paziente in funzione dei bisogni di cura. Abbiamo imparato dalla pandemia l’importanza di un coordinamento nazionale forte dell’assistenza farmaceutica a supporto delle regioni, che è utile a ridurre quelle disomogeneità territoriali nell’erogazione dell’assistenza che spesso si osservano”.