Big Data in Health: “Covid-19 e RAAS Inibitori, serve monitoraggio attivo”
Resta aperto il dibattito sul ruolo dei farmaci RAAS-Inibitori – ACE Inibitori e Sartani – nel contenere il COVID-19. Com’è noto, il nuovo coronavirus entra nelle cellule poiché si lega, grazie a una sua proteina di superficie chiamata “Spike”, alla molecola enzimatica ACE-2, presente sulle membrane delle cellule di molti organi e tessuti umani. Quest’ultima è anche il bersaglio di numerosi farmaci che servono a tenere sotto controllo la pressione sanguigna e hanno una larga diffusione. Allo stesso tempo, è stato osservato che proprio l’ipertensione è uno dei fattori di comorbidità più diffuso (74% dati ISS) nei pazienti Covid-19. Non è ancora chiaro come questi farmaci inibitori possano interagire con l’infezione da Sars-COV2 e se questa relazione ha un ruolo sull’evoluzione clinica.
“Partendo dalla osservazione che i vari trattamenti con RAAS-inibitori non sono equivalenti né hanno gli stessi effetti, la Big Data in Health Society https://bigdatainhealth.org/ – afferma il suo presidente dr. Antonio Scala – intende farsi promotore di un monitoraggio attivo per raccogliere dataset da affiancare alle indagini epidemiologiche già in corso. Un questionario – https://bigdatainhealth.org/letsbe/proposals – da affidare, per fare un esempio, ai medici di medicina generale o alle ASL che seguono pazienti COVID-19 sintomatici e asintomatici positivi non ospedalizzati. E che monitori il decorso della malattia, l’uso eventuale di farmaci e la loro tipologia, distinguendo tra uso generico d’ipertensivi e uso specifico. Un conto è chiedere “sei iperteso?, fai uso di ipertensivi?” e un altro è chiedere “quali ipertensivi assumi e in che dosaggi?”
La presenza dell’enzima ACE-2, normalmente, sembra proteggere il nostro organismo da molte patologie come l’ipertensione, malattie cardiovascolari, diabete, malattie polmonari, malattie del rene, intervenendo in processi necessari al sistema RAAS – o Renin Angiotensyn Aldosteron System – che regola la pressione arteriosa.
“Oggi sappiamo con sicurezza che il virus SARS-CoV2, per entrare nel nostro organismo, anzitutto riduce l’efficacia di ACE-2 sulla membrana cellulare, con effetti negativi sul sistema RAAS – ricorda Maria Luisa Chiusano, professore di Biologia Molecolare all’Università Federico II di Napoli – per questo si è ipotizzato che le cure comunemente usate in pazienti con ipertensione o diabete, interferendo sui livelli di ACE-2, possano influenzare i meccanismi d’infezione da SARS-CoV2”.
“Dal punto di vista della ricerca molecolare, gli ACE-inibitori risulterebbero protettivi nel COVID-19 – sottolinea la professoressa Chiusano – perché gli studi sperimentali evidenziano che l’uso di ACE-Inibitori non aumenta ACE-2 sulla membrana cellulare. Aumenta infatti solo l’RNA-messaggero, precursore della proteina ACE-2 e, probabilmente, anche frammenti di ACE-2 nel siero. Minore abbondanza di ACE-2 sulla membrana ed eventuali frammenti liberi che catturino in anticipo il virus limiterebbero l’attacco sulla membrana cellulare, con il risultato di una minore carica virale”.