Malattie lisosomiali, mai più invisibili
Il 28 febbraio si è celebrata la Giornata mondiale dedicata alle Malattie rare, un ramo della medicina spesso sottovalutato rispetto a quelli che sono i numeri e che in Italia parlano di oltre 2 milioni di casi, di cui uno su cinque riguarda un bambino. A Roma, proprio il 28 febbraio, è stato installato un basamento di marmo, come se ne incontrano migliaia, ma senza alcuna scultura. È il «monumento invisibile» per la campagna voluta da Sanofi che dalla Capitale rilancia il valore simbolico della lotta alle patologie rare. Il perché è presto detto: le persone con patologia rara, milioni nel mondo, a volte possono sentirsi invisibili ed essere indotte a nascondere la propria malattia per timore di discriminazioni, isolamento sociale o stigmatizzazione. La campagna di sensibilizzazione, «Storie (in)visibili», durerà tutto l’anno e darà voce ad alcune storie dei malati rari. Lo scopo è quello di aumentare la consapevolezza e richiamare l’attenzione sulle difficoltà e le sfide, nella convinzione che la conoscenza stimoli una sempre maggiore inclusione. Tra le malattie rare, alcune su cui si sono fatti enormi passi in avanti sono quelle lisosomiali. «Un gruppo di patologie che ricomprende circa 50 differenti malattie metaboliche ereditarie», spiega il professore Alberto Burlina, direttore di Malattie metaboliche ereditarie, azienda ospedaliera universitaria di Padova.
SINTOMI
«Si tratta di malattie genetiche che colpiscono a tutte le età, anche se si manifestano soprattutto in età pediatrica». Burlina spiega che i sintomi sono spesso difficili da individuare, perché sono aspecifici e richiedono per la diagnosi laboratori altamente specialistici, così si rischiano ritardi anche nelle cure. In genere, nei primi anni di vita si manifestano problemi di tipo neurologico e con un interessamento di organi quali fegato, reni o cuore. Se l’esordio avviene più in là negli anni, si ha un maggiore interessamento sistemico. «Negli adulti – dice lo specialista – i sintomi si confondono spesso con quelli di altre patologie come ictus, insufficienza renale, epatopatie, danni oculari». Ma chi sono i più esposti alle malattie lisosomiali? Burlina spiega che «queste malattie non dipendono da fattori esterni, ma sono ereditarie, trasmesse da entrambi i genitori o dalla madre». I numeri parlano di un bambino colpito ogni 10.000. E, proprio la maggior parte di queste patologie, sono dovute a un difetto enzimatico presente sin dalla nascita, che provoca a livello cellulare, e quindi negli organi e nei tessuti, un accumulo di sostanze tossiche. «Il lisosoma lavora come un inceneritore capace di riciclare il materiale di scarto nella cellula. Se però questo meccanismo non funziona, il materiale si accumula e nel tempo crea danni all’organismo». Decisivo è lo screening neonatale. In Italia, l’esame viene eseguito dalla terza giornata di vita e serve a individuare un gruppo di circa quaranta malattie metaboliche ereditarie. Basta una goccia di sangue per capire, ma solo un emendamento alla legge 167 ha da poco ampliato il pannello delle malattie da ricercare, includendo quelle lisosomiali. Ad oggi, però, sono partite solo quattro regioni, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Toscana e Umbria, con benefici enormi, perché per le malattie lisosomiali esistono terapie molto efficaci. «La ricerca ha fatto passi da gigante», conclude Burlina. «Abbiamo terapie farmacologiche, ma anche la possibilità del trapianto e delle cure geniche. Esistono infatti diverse opzioni, e medicinali orali hanno affiancato le terapie enzimatiche sostitutive. Molte malattie metaboliche ereditarie, tra cui la mucopolisaccaridosi, la malattia di Fabry, la malattia di Gaucher e la malattia di Pompe, oggi possono essere efficacemente trattate. È, dunque, auspicabile che presto altri screening per malattie lisosomiali possano essere iniziati, e a Padova siamo già pronti ad ampliare l’attività ad altre patologie con lo scopo di prevenire e curare il danno che queste malattie possono provocare».