Tempo di lettura: 2 minutiCon l’arrivo dell’estate e le alte temperature possono sorgere problemi agli occhi. Ad accrescere i fastidi sono soprattutto sole e vento. Affinché il make up sia sicuro bisogna prestare attenzione alla conservazione dei prodotti, come spiegano gli esperti, soprattutto per chi porta le lenti a contatto o ha subito un intervento. I trucchi per gli occhi hanno una base grassa per poter aderire bene alla cute. E questo non è altro che un terreno di coltura ideale per i batteri. Spesso questi prodotti vengono conservati per un periodo molto lungo e il movimento ripetuto del pennello o dello scovolino che vanno dalla confezione del trucco alla pelle degli occhi e alle ciglia, fa aumentare la probabilità di trasmissione dei batteri.
È importante, quindi, conservare i trucchi al fresco per evitare i batteri. L’umidità è uno dei fattori di rischio principali, presente soprattutto negli ambienti dove più spesso vengono conservati i trucchi, cioè il bagno. L’umido stimola la biocrescita, favorisce cioè la proliferazione dei germi. Insomma, i trucchi meglio tenerli a basse temperature.
Per quanto riguarda l’acquisto dei prodotti invece, meglio preferire cosmetici privi di sostanze allergeniche, come il nichel, una delle cause principali di irritabilità e dermatite da contatto.
Occorre prestare attenzione, quando si utilizza la matita occhi, alla parte interna del contorno, il bordo della palpebra inferiore che può essere sede di abrasioni o irritazioni della congiuntiva e della cornea. L’ombretto in polvere, ad esempio, contiene microparticelle che possono penetrare nell’occhio dando luogo a irritazioni e causando fastidio. Spesso a causa di queste infiltrazioni, si tende a strofinare gli occhi con conseguenti possibili abrasioni dei tessuti oculari.
Alcune particelle dell’eyeliner (o matita), invece, se applicato nella parte interna delle palpebre, possono “migrare” nell’occhio e causare dei problemi alla vista. A sostenerlo è una ricerca dell’Università di Waterloo in Canada pubblicata sulla rivista Eye and Contact Lens Science and Clinical Practice. Sulle partecipanti alla ricerca è stato applicato l’eyeliner in diversi punti: lungo il contorno occhi e dietro la linea delle ciglia, all’interno delle palpebre. E proprio in quest’ultimo caso, le particelle di trucco entravano in contatto più velocemente e in maggior numero con il film lacrimale, la pellicola fluida e trasparente che riveste le strutture esterne dell’occhio, come la cornea, la superficie interna delle palpebre e la sclera. In cinque minuti una quantità compresa tra il 15 e il 30% in più delle particelle penetrava nell’occhio. Tuttavia, nell’arco di due ore i residui di trucco venivano eliminati dal dotto lacrimale e le particelle rimaste erano praticamente trascurabili.
Quando invece subentrano complicazioni, vanno dall’irritazione al rossore, all’introduzione di batteri pericolosi dall’eyeliner, in particolare se le matite sono rimaste aperte a lungo. A prestare maggior attenzione, sottolineano i ricercatori, devono essere le persone che hanno gli occhi secchi o più sensibili. I possibili rischi arrivano dal glittering, che rende l’eyeliner più cremoso, usato per dare maggiore brillantezza agli occhi e costituito da minerali come la mica o le lamelle di alluminio. Basta fare la punta alla matita prima di ogni applicazione, provare a togliere qualche residuo e, naturalmente, lavarsi bene prima di andare a letto.
Infine, non va dimenticato che i cosmetici hanno una scadenza. Come per il cibo tendono a deteriorarsi, e rimanendo spesso aperti per molto tempo, possono anche contaminarsi. Mediamente un prodotto si può conservare dai 3 ai 6 mesi, e sarebbe anche il caso di non utilizzare i trucchi di altre persone, specialmente quelli che vanno a contatto con gli occhi.
Dislessia: il videogioco che insegna ai bimbi a leggere
Ricerca innovazioneIn casi di dislessia, l’uso di particolari videogiochi stimola e velocizza la capacità di lettura anche nei bambini di madrelingua inglese, migliorando non solo l’attenzione visiva, ma anche la memoria verbale. Ad affermare questa tesi è uno studio condotto da un team di giovani ricercatori, tra cui alcuni italiani, e pubblicato in questi giorni sulla rivista Scientific Reports. Il gruppo di studiosi, guidato da Simone Gori (Dipartimento di Scienze Umane e Sociali, dell’Università di Bergamo) e Andrea Facoetti (Laboratorio di Neuroscienze Cognitive dello Sviluppo, del Dipartimento di Psicologia Generale dell’Università di Padova), entrambi consulenti scientifici dell’Irccs “Eugenio Medea” di Bosisio Parini (Lecco), è composto da Sandro Franceschini (Università di Padova), Piergiorgio Trevisan (Università di Udine), Luca Ronconi (Università di Trento), Sara Bertoni (Università di Padova), Kit Double e Susan Colmar (Sydney University, Australia).
Durante il lavoro di ricerca, condotto in Australia, da Franceschini e Trevisan, gli scienziati hanno scoperto che i miglioramenti nella velocità di lettura indotti dall’uso per poche ore di un videogioco d’azione sono dovuti a specifiche stimolazioni di circuiti cerebrali in grado, non solo di migliorare l’attenzione visiva, ma anche la memoria dei suoni del linguaggio. Insomma, i videogiochi, spesso menzionati più per fattori di rischio come la dipendenza, possono invece rappresentare una nuova risorsa nel campo della cura e delle tecniche di apprendimento in casi di dislessia.
Diabete nei giovani, se ne parla a Good Morning Kiss Kiss
Partner, PrevenzioneSi parlerà di diabete nei giovani nel prossimo appuntamento con la salute e la prevenzione di Radio Kiss Kiss e PreSa. L’appuntamento è per sabato 22 alle 11.10 circa con Giovanni Lamenza (presidente AGD Italia – associazione giovani con diabete). Ospite di Good Morning Kiss Kiss, l’esperto farà il punto della situazione per quel che riguarda l’incidenza di questa malattia, chiarirà il ruolo dell’AGD Italia e ci parlerà dell’importanza fondamentale della diagnosi precoce. Più che per altre patologie, in questo caso riuscire a intervenire presto e modificare i propri stili di vita risulta infatti determinante.
Charlie Gard, arriva la doppia cittadinanza. Ora nuovi test
News PresaLa battaglia per la vita del piccolo Charlie Gard sta diventando sempre più una battaglia legale. La novità più recente è che il Parlamento americano ha concesso al bimbo la cittadinanza Usa, l’idea è che in questo modo il piccolo ricoverato all’ospedale londinese Great Ormond Street potrà essere curato nel Paese. Ma alle idee dovranno seguire i fatti, e la pratica non sembra essere semplice come la teoria. Da Londra pare abbiano già chiarito che portare il bimbo all’estero sarebbe una grave violazione della legge. Anche l’incontro di del team di specialisti stranieri guidati dal neurologo americano Michio Hirano della Columbia University non è servito a convincere i medici britannici, che restano convinti che «staccare la spina» sia l’opzione migliore.
Giorni di attesa
Secondo il Telegraph l’Alta Corte dovrebbe riprendere l’esame del caso venerdì e pronunciarsi definitivamente la prossima settimana. Nel frattempo, i genitori di Charlie – Connie Yates e Chris Gard – hanno pubblicato una foto in cui il piccolo, con gli occhi semiaperti, sembra guardare un giocattolo: l’immagine è stata scattata venerdì scorso e secondo i genitori proverebbe che Charlie non è cieco come sostengono i medici britannici. L’incontro è durato cinque ore e mezza e sia il Mail online sia il Sun hanno confermato che vi ha partecipato anche un inviato dell’ospedale Bambin Gesù. Questi e il dottor Hirano, sottolinea il Sun, hanno esaminato insieme una Tac del cervello del piccolo. Il dottor Hirano è ripartito per New York, scrive sempre il Mail, sottolineando che Charlie – secondo quanto ha reso noto la madre – sarà sottoposto adesso a nuovi test. Da parte sua il tabloid Sun scrive che il giudice Francis pronuncerà una decisione finale martedì prossimo.
Un nuovo test
Uno dei terreni più accidentati e per certi versi «oscuri» sui quali si muovono gli esperti è quello delle condizioni reali del piccolo. Per questo su Charlie Gard verranno effettuati dei test per verificare la funzionalità dei muscoli, che potrebbe essere stata compromessa dalla malattia rara di cui soffre. La notizia è arrivata da fonti dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma, secondo cui il risultato di questo esame, che verrà condotto in questi giorni, è fondamentale per capire se al piccolo potrà essere applicato il protocollo sperimentale messo a punto dal team di ricercatori internazionali coordinati dall’istituto romano. La patologia di cui soffre Charlie colpisce i mitocondri, le «centrali energetiche» delle cellule, e proprio i muscoli sono una delle parti del corpo più colpite. L’esame verificherà se i danni subiti sono irreversibili, e in questo caso non ci sarà la possibilità di sperimentare la possibile terapia a base di desossinucleotidi. Sui dettagli della visita eseguita da parte dell’esperto del Bambino Gesù insieme ai colleghi promotori del protocollo l’ospedale mantiene il riserbo chiesto dalla Corte britannica, sottolineando come da parte dei medici del Great Hormond Hospital ci sia stata la massima collaborazione.
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Trucchi e irritazioni agli occhi, ecco come conservarli
PrevenzioneCon l’arrivo dell’estate e le alte temperature possono sorgere problemi agli occhi. Ad accrescere i fastidi sono soprattutto sole e vento. Affinché il make up sia sicuro bisogna prestare attenzione alla conservazione dei prodotti, come spiegano gli esperti, soprattutto per chi porta le lenti a contatto o ha subito un intervento. I trucchi per gli occhi hanno una base grassa per poter aderire bene alla cute. E questo non è altro che un terreno di coltura ideale per i batteri. Spesso questi prodotti vengono conservati per un periodo molto lungo e il movimento ripetuto del pennello o dello scovolino che vanno dalla confezione del trucco alla pelle degli occhi e alle ciglia, fa aumentare la probabilità di trasmissione dei batteri.
È importante, quindi, conservare i trucchi al fresco per evitare i batteri. L’umidità è uno dei fattori di rischio principali, presente soprattutto negli ambienti dove più spesso vengono conservati i trucchi, cioè il bagno. L’umido stimola la biocrescita, favorisce cioè la proliferazione dei germi. Insomma, i trucchi meglio tenerli a basse temperature.
Per quanto riguarda l’acquisto dei prodotti invece, meglio preferire cosmetici privi di sostanze allergeniche, come il nichel, una delle cause principali di irritabilità e dermatite da contatto.
Occorre prestare attenzione, quando si utilizza la matita occhi, alla parte interna del contorno, il bordo della palpebra inferiore che può essere sede di abrasioni o irritazioni della congiuntiva e della cornea. L’ombretto in polvere, ad esempio, contiene microparticelle che possono penetrare nell’occhio dando luogo a irritazioni e causando fastidio. Spesso a causa di queste infiltrazioni, si tende a strofinare gli occhi con conseguenti possibili abrasioni dei tessuti oculari.
Alcune particelle dell’eyeliner (o matita), invece, se applicato nella parte interna delle palpebre, possono “migrare” nell’occhio e causare dei problemi alla vista. A sostenerlo è una ricerca dell’Università di Waterloo in Canada pubblicata sulla rivista Eye and Contact Lens Science and Clinical Practice. Sulle partecipanti alla ricerca è stato applicato l’eyeliner in diversi punti: lungo il contorno occhi e dietro la linea delle ciglia, all’interno delle palpebre. E proprio in quest’ultimo caso, le particelle di trucco entravano in contatto più velocemente e in maggior numero con il film lacrimale, la pellicola fluida e trasparente che riveste le strutture esterne dell’occhio, come la cornea, la superficie interna delle palpebre e la sclera. In cinque minuti una quantità compresa tra il 15 e il 30% in più delle particelle penetrava nell’occhio. Tuttavia, nell’arco di due ore i residui di trucco venivano eliminati dal dotto lacrimale e le particelle rimaste erano praticamente trascurabili.
Quando invece subentrano complicazioni, vanno dall’irritazione al rossore, all’introduzione di batteri pericolosi dall’eyeliner, in particolare se le matite sono rimaste aperte a lungo. A prestare maggior attenzione, sottolineano i ricercatori, devono essere le persone che hanno gli occhi secchi o più sensibili. I possibili rischi arrivano dal glittering, che rende l’eyeliner più cremoso, usato per dare maggiore brillantezza agli occhi e costituito da minerali come la mica o le lamelle di alluminio. Basta fare la punta alla matita prima di ogni applicazione, provare a togliere qualche residuo e, naturalmente, lavarsi bene prima di andare a letto.
Infine, non va dimenticato che i cosmetici hanno una scadenza. Come per il cibo tendono a deteriorarsi, e rimanendo spesso aperti per molto tempo, possono anche contaminarsi. Mediamente un prodotto si può conservare dai 3 ai 6 mesi, e sarebbe anche il caso di non utilizzare i trucchi di altre persone, specialmente quelli che vanno a contatto con gli occhi.
Ecco il test che predice il rischio di infarto
Ricerca innovazioneGrazie ad un test ora è possibile prevedere il rischio di infarto, capire se e quando il proprio cuore rischia di fermarsi. Per capire come è necessario volare ad Oxford, dove alcuni giovani ricercatori hanno messo a punto il rivoluzionario test. Quanto alle tecnologie necessarie, non servono apparecchiature futuristiche, solo una Tac (una di quelle che già oggi si usa normalmente per esami cardiologici). Maggiori sono i segni di infiammazione (con tessuti rossi), maggiore è il pericolo. La rivoluzionaria scoperta è stata pubblicata dulla prestigiosa rivista Science Translational Medicine.
Cambiamenti tissutali
Basato sull’analisi dello stato infiammatorio e del grasso depositato sulle arterie, il test ha in sé il potenziale di rivoluzionare il trattamento per uno dei maggiori killer del mondo, spiega uno degli autori del lavoro Charalambos Antoniades. Gli esperti hanno finora analizzato oltre 2000 Tac evidenziando che quando il livello di infiammazione dei tessuti sale, cambia il comportamento del grasso che tende a rompersi e tutto il tessuto circostante cambia aspetto. Sono proprio queste modifiche nelle sembianze del tessuto intorno alle arterie che danno un’idea del rischio cuore.
Conto alla rovescia
L’infiammazione e il grasso intorno alle arterie sono come una bomba ad orologeria e per disinnescarla si può agire per tempo prescrivendo delle terapie (ad esempio statine) in soggetti anche apparentemente sani o modificando le cure di persone già con un rischio cardiaco noto. Se la tecnica non deluderà le promesse, nelle future sperimentazioni cliniche più ampie che ora la attendono e la vedranno protagonista, essa potrà portare a terapie più efficaci per scongiurare infarti potenzialmente fatali. Sapere se e quando si rischia di essere colpiti da un infarto è ovviamente qualcosa di incredibile, la speranza è che grazie a questa ricerca molto presto si possano salvare centinaia di migliaia di vite, cambiando destini che appaiono già segnati.
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Traumi cerebrali, se gravi aumentano rischio demenza. I dati
PrevenzioneChi ha avuto lesioni cerebrali traumatiche (Tbi) moderate o severe, ha più probabilità di sviluppare disturbi neurodegenrativi (Ndd). Rischia meno chi ad esempio è stato ricoverato per traumi cerebrali di lieve entità. Insomma, secondo un nuovo studio pubblicato su Plos Medicine, ci sarebbe una correlazione tra lesioni cerebrali traumatiche gravi e il peggioramento dei disturbi neurodegenerativi, e in particolare di demenza, anche per gli adulti ancora in età lavorativa.
“I nostri risultati suggeriscono che un grave danno al cervello può innescare processi che portano alla demenza in individui già suscettibili”, spiega Rahul Raj dell’Università di Helsinki, autore della ricerca. Diversi studi epidemiologici hanno collegato le lesioni traumatiche cerebrali ai processi neurodegenerativi, ma poco è stato fatto sulla questione riguardo gli individui in età lavorativa, osserva Raj e il suo team.
I risultati
I ricercatori hanno preso in esame i dati di 40.637 adulti tra i 18 e i 65 anni che erano stati ricoverati in ospedale per TBI nel periodo tra il 1987 e il 2014 e che al basale non presentavano lesioni neurodegenerative. Le diagnosi di disturbi neurodegenerativi sono stati registrati per un anno dopo l’infortunio fino alla fine del 2014. Tra i 19.936 pazienti del gruppo con lesioni cerebrali traumatiche moderate-gravi, il 3,5% ha sviluppato disturbi neurodegenerativi rispetto all’1,6% dei 20.703 pazienti del gruppo con Tbi di grado lieve. Il rapporto di rischio aggiustato di Ndd associato a Tbi moderata-grave rispetto a Tbi lieve, è stato di 1,8.
In particolare, il rischio è aumentato solo per la demenza (HR 1,9) e non per la malattia di Parkinson o la sclerosi laterale amiotrofica. «La correlazione tra Tbi lieve e la demenza è al momento piuttosto debole, mentre la correlazione tra Tbi moderata-grave e demenza è forte – afferma Raj – attualmente non ci sono metodi diretti per prevenire lo sviluppo della demenza e per tale motivo è necessario riuscire a prevenire innanzitutto i traumi cerebrali”.
I medici che hanno in cura pazienti con storia di lesioni cerebrali gravi devono essere sicuri di minimizzare altri fattori di rischio per la demenza come l’ipertensione, l’iperlipidemia e la sedentarietà. “Il nostro prossimo passo – sottolinea Raj – sarà valutare l’interazione tra fattori ambientali e fattori genetici nelle persone con storie di traumi cerebrali per capire se la demenza sia “geneticamente programmata” in alcuni soggetti sopravvissuti a Tbi o se potrebbe essere prevenibile”.
Fuga di cervelli, 225mila euro per trattenerli in Italia
News PresaQuindici borse di studio per altrettanti talenti della medicina, un investimento sulla salute e la sanità del futuro, anche arginare il triste fenomeno della fuga di cervelli. I ricercatori under 38 (tra loro anche giovani campani) sono stati premiati al Nobile Collegio Chimico Farmaceutico di Roma per attività di ricerca da svolgere presso Istituzioni scientifiche in Italia o all’estero. Il valore delle borse assegnate, complessivamente, è di 225 mila euro, cinque da 25 mila (un anno la durata della fase di ricerca per i ricercatori) e dieci da 10 mila (sei mesi la durata della fase di ricerca). Tutto questo nell’ambito di un progetto che va avanti da tre anni, nato dalla collaborazione della Società italiana di Farmacologia (Sif) e da Msd Italia.
Valore al futuro
Dal settore cardiovascolare, all’oncologia, al metabolico, neuroscienze e immunologia: un tesoretto investito sulle eccellenze italiane della ricerca. Non a caso alla cerimonia di premiazione hanno partecipato personaggi del calibro del sottosegretario di Stato all’Istruzione, Università e Ricerca, Vito De Filippo e il presidente dell’Agenzia Italiana del Farmaco, Stefano Vella; con loro Giorgio Cantelli Forti, presidente della Sif e a Goffredo Freddi, Policy and Communication Executive Director di Msd Italia. «L’obiettivo di questa partnership – ha spiegato il presidente della Sif, Cantelli Forti – è sostenere giovani ricercatori post-dottorato con documentata e promettente fase evolutiva della loro formazione, nella speranza che possano raggiungere posizioni accademiche o professionali di assoluto prestigio. Vogliamo offrire il nostro contributo per non disperdere un prezioso patrimonio umano e intellettuale e, possibilmente, limitare la fuga dei cervelli. Ormai da troppi anni, giovani talenti italiani sono costretti a trasferirsi permanentemente all’estero per dare seguito alla loro passione per la ricerca scientifica».
Fare ricerca
Le borse di studio sono state pensate per preservare e incentivare lo sviluppo di studi indipendenti (i progetti di ricerca non riguardano, infatti, la valutazione clinica degli effetti dei farmaci), incrementando il potenziale della ricerca italiana in campo farmacologico, spesso condotta da giovani ricercatori che non hanno ancora una posizione stabile all’interno di università, enti di ricerca e industrie del settore. Una situazione che troppe volte genera una triste fuga di cervelli. Nicoletta Luppi, presidente e Ad di MSD Italia, ha ricordato come la partnership con la Sif sia un nuovo capitolo di un percorso pluriennale che MSD ha avviato per sostenere le società scientifiche e la ricerca indipendente italiana grazie ad un solido piano di investimenti. «Siamo convinti – ha detto- che per preservare e valorizzare il nostro patrimonio di ricerca in campo medico-scientifico, occorra uno sforzo di corresponsabilità da parte di tutti gli attori del sistema Paese ed è quindi dovere anche delle aziende impegnarsi, mettendo a disposizione le proprie risorse, per sostenere i giovani ricercatori, promuovere l’eccellenza della ricerca farmacologica nel nostro Paese e contribuire cosi ad attenuare la fuga di cervelli, brillanti promesse della farmacologia, attratte dalle migliori prospettive che ritengono di trovare all’estero».
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La “mindfulness” per ridurre stress e glicemia. Lo studio
PsicologiaUn programma di riduzione dello stress basato sulla consapevolezza (MBSR) della durata di 8 settimane, non solo riduce stress e ansia, ma è in grado anche di abbassare il livello di glicemia (zucchero nel sangue). È quanto emerge da uno studio curato da Nazia Raja-Khan, del Penn State College of Medicine di Hershey, Pennsylvania e pubblicato dalla rivista Obesity
MBSR è un programma intensivo di formazione guidato da un istruttore, comprende meditazione, consapevolezza del corpo e altre tecniche che aiutano a ridurre l’ansia. È stato sviluppato alcuni decenni fa dall’Università del Massachusetts Medical Center di Worcester per aiutare i pazienti a gestire il dolore e lo stress durante i trattamenti contro il cancro e altre gravi malattie.
Questa tecnica che ha dato risultati positivi, oggi è stata testata anche per la riduzione delle malattie cardiache su persone in sovrappeso od obesi.
Durante lo studio sono state divise 86 donne in due gruppi: il primo ha ricevuto otto settimane di formazione MBSR, il secondo un programma di dieta ed esercizio fisico. Entrambi i gruppi sapevano che l’obiettivo principale dello studio era la riduzione dello stress. Dopo 8 e dopo 16 settimane i ricercatori hanno analizzato i cambiamenti dei livelli di stress, dell’umore, della qualità della vita, del sonno, ma anche anche la pressione sanguigna, la glicemia e il peso.
Dopo otto settimane, il gruppo MSBR presentava un netto miglioramento della consapevolezza e della diminuzione dello stress rispetto al secondo gruppo. La percezione di stress è rimasta più bassa nel gruppo MBSR anche dopo 16 settimane. Le donne del gruppo MBSR mostravano inoltre riduzione dei livelli di zucchero nel sangue (circa 9 mg / dL) dopo otto e 16 settimane mentre le altre nessun cambiamento del profilo glicemico. Entrambi i gruppi avvertivano nel complesso minore stress psicologico, meno ansia e sonno migliore, ma non si sono registrati diminuzioni dei parametri infiammatori e/o del livello di colesterolo. Inoltre nessuno nei due gruppi aveva perso peso e le risposte all’insulina non apparivano migliorate.
“Ulteriori studi sono necessari per determinare i benefici a lungo termine di MBSR in soggetti in sovrappeso od obesi. Sono anche necessari per confermare il ruolo di MBSR nella prevenzione e nel trattamento del diabete”, conclude Raja-Khan.
Facoltà di Medicina, un nuovo percorso d’eccellenza
News PresaProve di futuro per i medici del futuro. Solo un piccolo gioco di parole che nasconde una grande novità del corso di laurea in Medicina dell’Università della Campania Luigi Vanvitelli, unica in Italia insieme all’Università di Torino, a proporre un nuovo percorso d’eccellenza (Programma MD/PhD), in cui lo studente studierà e contemporaneamente farà ricerca scientifica dal 2° al 6° anno di corso.
I migliori 10
I 10 studenti selezionati ogni anno non pagheranno le tasse universitarie e al tempo stesso riceveranno una borsa mensile di circa mille euro. I giovani prescelti in determinati periodi dell’anno accademico e a partire dal 4 anno di Medicina studieranno anche in prestigiosi enti di ricerca, regolatori e università nazionali ed internazionali, totalmente a spese dall’Ateneo. Potranno concorrere a questa opportunità unica nel suo genere gli studenti che quest’anno (2017/18) si iscriveranno al I anno di corso e che entro il 30 settembre 2018 avranno superato tutti gli esami del I anno con un voto medio non inferiore a 28/30.
La selezione
I criteri di selezione saranno tutti oggettivi: per il 60% la posizione in graduatoria nazionale dell’accesso programmato a Medicina, per il 20% la media del voto agli esami del I anno e per il 20% la più giovane età.
I 10 studenti scelti dovranno quindi:
Per maggiori informazioni ci si può riferire al regolamento di Ateneo utile per l’emanazione del bando di accesso al Programma MD/PhD (a.a. 2018/2019)
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Vaccini: l’allarme di Corinna, mamma disperata
PrevenzioneTroppe critiche e poca determinazione da parte del Governo stanno smontando il provvedimento che introduce l’obbligatorietà delle vaccinazioni per l’iscrizione a scuola. E’ Corinna Verniani, mamma di una bimba che non può essere vaccinata perché affetta da una malattia, a richiamare l’attenzione sull’importanza delle vaccinazioni e lo fa con una lettera inviata al presidente del Senato Pietro Grasso. La lettera è stata già sottoscritta da migliaia di genitori «pro vax».
Costretta a casa
Lo scorso anno la donna denunciò che la figlia non poteva essere vaccinata, ma nella prima elementare che frequentava ben 8 bambini su 19 non avevano fatto il richiamo contro morbillo, parotite e rosolia e i medici le consigliarono quindi di allontanare la piccola dalla classe. Oggi, Corinna Verniani denuncia come il ddl che mira a garantire la «sicurezza» di tutti i piccoli sia a rischio: «Ogni giorno il ddl viene esautorato un po’, per compiacere una forma di comunicazione che non dovrebbe dettar legge; chi urla più forte oggi pare averla vinta», scrive, e in poche ore dopo la diffusione su Facebook, come segnala il sito IoVaccino, già 2.500 persone avevano sottoscritto l’appello, compresi scienziati come l’epidemiologo Pierluigi Lopalco e il virologo Roberto Burioni. Corinna critica ciò che sta accadendo. «Non consentiamo ad insegnanti e medici di dare il buon esempio, alleggeriamo le sanzioni fin quando al massimo non daremo un simpatico buffetto a chi non vaccina i propri figli senza motivo valido. Noi non siamo necessariamente per il rigore, ma i tentennamenti non sono ammessi, qualsiasi strada si scelga di intraprendere». Sul decreto, avverte, «si sta tirando il freno a mano». E in risposta ad un recente studio dei ricercatori Antonietta Gatti e Stefano Montanari, i quali hanno sostenuto la presenza di sostanze tossiche nei vaccini, interviene il direttore della divisione di Microbiologia e Immunologia allo Yerkes National Primate Research Center della Emory University di Atlanta, Guido Silvestri: «Le preparazioni vaccinali sono purissime», dice, definendo lo studio «di qualità scientifica pessima».
Crollo delle vaccinazioni
Sullo sfondo, i dati allarmanti pubblicati oggi da Oms e Unicef: nel mondo il tasso di vaccinazioni tra i bambini è in stallo dal 2010 e anche nel 2016 uno su 10, cioè 12,9 milioni di neonati, non ha ricevuto neppure le immunizzazioni di base, ricordano come i vaccini salvino ogni anno 2-3 milioni di vite. Ma anche in Europa «circa 650.000 bambini che nascono ogni anno non ricevono la serie completa delle tre dosi di vaccino contro difterite, tetano e pertosse nel primo anno», sottolinea Flavia Bustreo, Vicedirettore Generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.
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