Tempo di lettura: 3 minutiI tumori rari sono quei tumori che colpiscono meno di 6 persone su 100,000/anno. Si tratta del 24% di tutti i nuovi casi di tumori diagnosticati in Europa ogni anno, quindi così rari poi non lo sono.
In Italia, secondo il rapporto 2016 dell’associazione italiana dei registri tumori (AIRTUM), i tumori rari arrivano al 25% di tutti i nuovi tumori/anno. In termini numerici, si tratta di 89,000 nuovi casi all’anno e di circa 900,000 persone viventi con una diagnosi di tumore raro in Italia.
La rarità porta diversi problemi:
• difficoltà a porre una diagnosi appropriata, con conseguente ritardo o errore terapeutico.
• accesso limitato ad expertise clinico con particolare riferimento al trattamento loco-regionale di chirurgia e/o radioterapia specialistica (che porta a trattamenti non ottimali).
• difficoltà a condurre studi clinici e traslazionali e quindi difficoltà a generare evidenze scientifiche.
• limitato accesso a trattamenti, anche per le limitate evidenze scientifiche disponibili, e per la qualità dell’evidenza richiesta dal punto di vista regolatorio.
• scarsa informazione sulla malattia e sui centri di trattamento.
• ridotto numero di centri di riferimento per il trattamento dei tumori rari nei singoli paesi ed in Europa.
Tra le iniziative, dal punto di vista dell’organizzazione sanitaria, in Europa, c’è la creazione di reti di riferimento europee per le malattie e per i tumori rari (European Reference Networks – ERNs). Queste reti vogliono creare collaborazioni stabili. Il fine è la condivisione della conoscenze e il coordinamento delle cure sanitarie fra centri di eccellenza nell’assistenza ai Pazienti con malattie rare e tumori rari. La creazione delle ERNs a livello europeo è quindi un’ opportunità lanciata dalla Commissione Europea.
Di queste 24 reti europee, 3 sono dedicate ai tumori rari:
– EURACAN: dedicata a tutti i tumori rari solidi dell’adulto.
– EuroBloodNet: dedicata a tutte le malattie ematologiche, inclusi i tumori rari ematologici.
– PaedCan: dedicata ai tumori pediatrici (che sono tutti rari).
In Italia, il ministero della Salute, di concerto con le Regioni e Province autonome, ha istituito l’Organismo nazionale di Coordinamento e Monitoraggio per favorire lo sviluppo di queste reti.
Tale organismo, per valorizzare le eccellenze nelle strutture sanitarie italiane, ha definito una modalità operativa (nel rispetto della legislazione nazionale in vigore ed in aderenza ai requisiti ed alle procedure della Commissione europea), per identificare e monitorare i prestatori di assistenza sanitaria in grado di partecipare alle ERNs. A conclusione dell’iter di selezione, l’Organismo nazionale di Coordinamento e Monitoraggio ha rilasciato l’endorsement per partecipare alle ERNs per malattie e tumori rari a 106 ospedali nazionali. Ma, oltre all’endorsement del proprio ministero, i centri sono stati valutati anche da parte di un “indipendent assessment body” a livello europeo.
Non è detto quindi che tutti i 106 centri riconosciuti come centri di expertise per le malattie e/o tumori rari dal Ministero della salute italiano abbiamo passato la selezione dell’“indipendent assessment body” europeo.
A livello europeo, l’Italia è stata molto proattiva. Prova ne è che l’Istituto Nazionale Tumori di Milano coordina la JARC così come due tumori rari (sarcomi e tumori della testa e collo) dei 10 compresi in una delle tre ERNs.
Per quanto riguarda l’Italia – sottolinea Favo – “è ovvio che a maggior ragione questo è il momento in cui si dovrebbe sviluppare la Rete Nazionale dei Tumori Rari, che diverse mozioni parlamentari approvate a larghissima maggioranza dalla Camera dei Deputati impegnano il Governo e le Regioni a realizzare. In effetti, in questi mesi ha lavorato un gruppo di lavoro presso il Ministero della Salute, a cui ha partecipato anche FAVO, che ha prodotto una proposta per la realizzazione della Rete Nazionale dei Tumori Rari”.
La proposta è stata quindi inviata dal ministero alla Conferenza Stato-Regioni che sta valutando l’ipotesi di Accordo Stato-Regioni. Questa ipotesi prevederebbe la creazione di una Rete di centri su tutto il territorio nazionale investiti dalle rispettive Regioni del compito di fungere da riferimento per i Pazienti con tumori rari. La Rete sarebbe coordinata dal ministero di concerto con le Regioni attraverso Agenas.
Emicrania, curare i bambini senza farmaci
Bambini, News PresaEmicrania e bambini, per alcuni genitori si tratta di un vero e proprio incubo. Non è infatti facile riuscire a trovare una soluzione che possa restituire ai piccoli di casa la serenità. In alcuni casi il dolore alla testa può essere causato da una sinusite mal curata. La sinusite è un’infiammazione dei seni paranasali, ovvero di quelle piccole cavità che comunicano con il naso. Un’infiammazione della mucosa che riveste i seni paranasali può ostruire i cosiddetti osti, ossia le aperture attraverso le quali i seni respirano e drenano le secrezioni catarrali che si formano nel loro interno. Il ristagno di un catarro sempre più denso all’interno dei seni rappresenta la condizione ideale per la proliferazione di batteri, che ne provocano l’infezione. La sinusite può essere acuta (se dura al massimo 2-3 settimane), cronica (se dura oltre le 4 settimane) e ricorrente (se si verificano almeno 3-4 episodi all’anno). Ovviamente i bambini si ammalano più spesso di sinusite perché più soggetti a raffreddori, allergie e adenoidi ingrossate. E alcune volte la causa dell’emicrania può essere questa.
Effetto placebo
Una delle scoperte più recenti, e anche delle più sorprendenti, è che il trattamento dell’emicrania nei bimbi potrebbe non richiedere farmaci. Pillole placebo sono risultate infatti efficaci come due dei principi attivi più utilizzati negli Usa per trattare questo disturbo molto debilitante, come Amitriptilina (antidepressivo) e Topiramato (un anti-convulsioni), che hanno dato effetti positivi in particolare sugli adulti. E anche senza fastidiosi effetti collaterali.
Lo studio
Questi sono i dati e le conclusioni di uno studio guidato dal Cincinnati Children’s Hospital, pubblicato online sul New England Journal of Medicine. Per lo studio sono stati presi in esame 328 bambini e ragazzi di età compresa tra 8 e 17 anni, con emicrania cronica o episodica. Nel mese prima dell’inizio dello studio avevano avuto in media undici episodi di emicrania e sono stati scelti in maniera casuale per ricevere uno dei due principi attivi o un placebo. Dai risultati è emerso che bambini e ragazzi di tutti i gruppi, compresi quelli che avevano assunto un placebo, mostravano una riduzione di circa la metà nella frequenza dell’emicrania. Il 52 per cento di coloro che erano stati trattati con amitriptilina e il 55 per cento di coloro che avevano assunto topiramato ha visto un calo del numero di giorni con mal di testa del 50 per cento o più, mentre il 61 per cento di quelli trattati con una pillola placebo ha visto lo stesso beneficio.
Chi ha il cancro rischia il default economico
Economia sanitaria, News PresaQuella contro il cancro è una battaglia dura, ma anche molto costosa. L’aspetto economico per i cittadini italiani non era mai stato un problema, grazie ad un Sistema sanitario che (nel bene e nel male) ha sempre garantito assistenza a tutti. Qualcosa però sta cambiando, in peggio. L’allarme arriva da Chicago, dove è in corso il 53esimo Congresso dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO) con la partecipazione di oltre 30mila oncologi da tutto il mondo. A chiedere attenzione è in particolare l’Associazione italiana di oncologia medica (Aiom), che avverte di come in Italia un paziente oncologico su 5 rischi ormai il «default», vale a dire il tracollo economico. Per la prima volta si comincia infatti a parlare di «tossicità finanziaria», crisi economica individuale legata al cancro e alle sue cure, ma anche alla precarietà o perdita del lavoro che in vari casi segue alla malattia.
Sostenibilità
L’attenzione dei clinici, non solo italiani ma a livello mondiale, è dunque focalizzata sul tema della sostenibilità: da un lato, infatti, oggi le terapie innovative permettono di migliorare la sopravvivenza dei pazienti, di cronicizzare o, in alcuni casi, di sconfiggere la malattia, dall’altro pongono i Servizi sanitari di fronte alla sfida della copertura economica necessaria.
Terapie innovative e costi
Un dato su tutti, oltre 20 tipi di tumori sono stati trattati con uno o più dei 70 nuovi trattamenti lanciati negli ultimi 6 anni, portando la spesa mondiale per il cancro a 107 miliardi di dollari nel 2015. Ed è previsto un aumento fino a 150 miliardi di dollari nel 2020. Fino a pochi anni fa, sottolinea il presidente Aiom Carmine Pinto «era un problema confinato agli Stati Uniti, oggi interessa anche il nostro Paese. Un’analisi di 16 sperimentazioni condotte tra il 1999 e il 2015, a cui hanno partecipato 3.760 pazienti italiani colpiti da tumore del polmone, mammella o ovaio, ha infatti evidenziato che il 22,5% presentava tossicità finanziaria e un rischio di morte nei mesi e anni successivi del 20% più alto rispetto ai malati senza problemi economici. L’analisi è stata condotta dall’Istituto Nazionale Tumori Pascale di Napoli, e si tratta di dati preoccupanti perché evidenziano come il contraccolpo finanziario dovuto alla malattia si riverberi in un peggioramento della prognosi».
L’Italia al palo
Ma il problema è anche per i bilanci degli Stati e la spesa sanitaria pubblica italiana non riesce a tenere il passo con quella dell’Europa occidentale: nel 2015, la spesa sanitaria totale ha assorbito in Italia circa il 9,0% del Pil, contro il 10,4% dell’Europa occidentale. E sempre nel 2015, in Italia la spesa per i farmaci anticancro è stata pari a 4 miliardi e 175 milioni, con un incremento del 7,1% rispetto al 2014. Lo scorso ottobre però, ricorda Stefania Gori, presidente eletto Aiom «è stato introdotto per la prima volta da parte del governo un Fondo di 500 milioni di euro destinato ai farmaci oncologici innovativi. Una decisione importante che rappresenta il punto di partenza per un Patto contro il cancro, che veda insieme Istituzioni e clinici». La soluzione? Per la razionalizzare e gestione al meglio la spesa si può pensare ad esempio alle Reti oncologiche regionali, mirate alla gestione globale del paziente con una riduzione degli sprechi e dell’inappropriatezza. Ad oggi, però, ricordano, le Reti sono attive solo in sei regioni.
Egoista e fragile, se il cyber maschio è il sesso debole
News Presa, PsicologiaAltro che maschio latino, il cyber maschio 2.0 dei nostri tempi con le donne (quelle reali) non se la cava molto bene. A rivelarlo è uno studio presentato in occasione del 41° Congresso Nazionale della Società Italiana di Andrologia (SIA), che dipinge un uomo che sta cambiando pelle rispetto al passato ma che è sempre più debole e spaesato di fronte alla realtà e alle donne.
Addio al sesso
Un uomo con informazioni sulla sessualità scarse e spesso distorte perché apprese online, che alle prime defaillance si chiude in se stesso, non chiede aiuto all’andrologo e lascia che difficoltà come la disfunzione erettile o l’eiaculazione precoce lo trascinino in una relazione di coppia insoddisfacente o in uno dei 20.000 matrimoni bianchi in cui la sessualità non esiste più. Per accogliere il malessere del nuovo uomo, la SIA mette a disposizione andrologi sempre più aggiornati e aggiornati: per riconoscere i più esperti, da oggi è al via il «bollino blu» SIA che identificherà gli andrologi a cui potersi rivolgere con piena fiducia per discutere qualsiasi difficoltà. Già attiva una mappa andrologica dove trovare l’andrologo più vicino andrologiaitaliana.it
Un flop registrato in 10 domande
L’indagine sul nuovo maschio è stata condotta sottoponendo a circa 50 uomini e donne dai 19 ai 60 anni dieci domande per capire se esista e come sia il maschio 2.0. I risultati mostrano che il 73% ritiene che l’uomo sia diverso rispetto al passato, ma che purtroppo sia cambiato in peggio. «Il maschio è sempre più il sesso debole – osserva Alessandro Palmieri, presidente SIA e professore dell’Università Federico II di Napoli – Già nel 2005 l’Economist inglese, mettendo a confronto la salute fisica dei due sessi, spiegava che le donne erano più resistenti degli uomini; una convinzione rafforzata dieci anni dopo quando l’uomo è stato definito dallo stesso giornale il nuovo sesso debole. La nostra indagine mostra che secondo il 69% delle donne ormai non è più lui a prendere l’iniziativa ma il primo approccio è paritario e può partire indifferentemente da lui o da lei. Il nuovo uomo è anche egoista, stando a un intervistato su due, e concentrato sul web: un cyber-maschio in genere fra i 20 e i 40 anni che dimentica le relazioni reali in favore di quelle virtuali, ancora alla ricerca di se stesso anche se resiste la suggestione del macho, modello ideale per il 16% degli intervistati».
Fragile sotto le coperte
Purtroppo il cyber-maschio è anche poco preparato in tema di sessualità: una carenza di informazioni che unita all’ansia da prestazione può far precipitare le relazioni alla prima difficoltà, stando ai più recenti dati sui matrimoni bianchi del nuovo millennio. Rapporti che tuttora sono molto diffusi e che spesso si instaurano proprio a causa di defaillance maschili: in caso di disfunzione erettile o eiaculazione precoce l’uomo spesso tace, soccombe all’ansia da prestazione e contribuisce a creare una relazione di coppia anomala, in cui non c’è spazio per il sesso.
Vacanze, torna la medicina di viaggio
News Presa, PrevenzioneTorna finalmente l’estate e tornano le vacanze, con tanta voglia di divertirsi ma anche con il timore che un malanno possa rovinare tutto. Come mettersi al riparo da brutte sorprese? Esiste, non tutti lo sanno, un servizio di consulenza telefonica di «Medicina dei viaggi» offerto dal Centro diagnostico italiano. Attivo già da 11 anni, il servizio che permette di trascorrere vacanze serene sarà attivo sette giorni su sette al numero 02 48317304 dalle 17 alle 21, sino al 30 settembre. Uno specialista risponderà ai dubbi dei viaggiatori offrendo tutte le informazioni necessarie per un viaggio sicuro: quali sono i medicinali da portare in viaggio nelle diverse destinazioni, quali alimenti è opportuno evitare, quali sono le vaccinazioni e le profilassi consigliate per le destinazioni a rischio, quali documenti sanitari portare con sé. Si tratta di un servizio di consulenza telefonica gratuito (al solo costo della telefonata).
Le mete 2017
«Dai primi contatti con i viaggiatori che già si sono presentati al Cdi per le vaccinazioni emerge che le mete più lontane prescelte per le vacanze del 2017 spaziano dal sud est asiatico, destinazione sempre molto gettonata, ai nuovi orizzonti del Sudamerica, non solo Brasile, ma anche Perù, Cile e Colombia. Senza ovviamente dimenticare i safari africani in Namibia, Tanzania e Uganda», spiega il dottor Claudio Droghetti, responsabile dell’Ambulatorio di Medicina dei Viaggi del Cdi. «Paesi di grandi estensioni, in cui convivono più realtà non solo ambientali, ma microcosmi socioeconomici e sociosanitari differenti, a cui il viaggiatore occidentale dovrà adeguarsi. Attenzione quindi a vaccinazioni e profilassi, ma anche alle più comuni regole del buon senso. Non solo: se è vero che, stando ai risultati di un sondaggio di un importante sito di prenotazione online, il 30% delle persone interpellate quest’anno ha deciso di intraprendere un viaggio in solitaria, prudenza e cautela devono essere le parole d’ordine. Chi invece ha già optato per rimanere in Italia e viaggia con bambini al seguito non manca di chiedere informazioni sul rischio meningite».
Ad informarsi sono soprattutto le donne
Curioso vedere quanto i vacanzieri abbiano bisogno di buoni consigli. L’attività dell’ambulatorio di Medicina dei viaggi, nel 2016, ha registrato una media di dieci telefonate al giorno, per un totale di oltre 1.200 consulenze telefoniche. A telefonare sono soprattutto le donne: sono state circa 960 (ovvero l’80% dei casi) a rivolgersi allo specialista in medicina dei viaggi per risolvere dubbi, chiedere informazioni e consigli. Tra le principali preoccupazione dei viaggiatori, le vaccinazioni: nel 60% dei casi chi si è rivolto allo specialista ha chiesto informazioni su quali siano obbligatorie, quali quelle raccomandate e quelle consigliate, sui tempi e su eventuali effetti collaterali. Nel 20% dei casi chi si è rivolto al servizio era interessato alla prevenzione farmacologica della malaria (sia negli adulti che nei bambini) e alla scelta del farmaco più adatto, alla relativa posologia e a possibili interazioni con altri farmaci assunti abitualmente. Circa 180 persone (il 15% dei casi) ha chiamato per ricevere consigli comportamentali per la prevenzione di punture di insetto, norme di igiene per alimenti e bevande, per la prevenzione di patologie da calore, da freddo e da altitudine, infine consigli per la protezione da radiazioni UV, colpi di sole, scottature ed eritemi.
La Dieta Mediterranea va in radio
Alimentazione, PartnerLa Dieta Mediterranea e i suoi benefici sulla salute, se ne parlerà in occasione del prossimo appuntamento con Good Morning Kiss Kiss, spazio dedicato alla salute e alla prevenzione che Radio Kiss Kiss realizza in collaborazione con il network editoriale PreSa. Sabato 3 giugno (ore 11.35) sarà la professoressa Katherine Esposito a “svelare” i segreti della Dieta Mediterranea e i tanti benefici che possono nascere dalla tavola, a patto che i cibi e le bevande siano quelli giusti.
Antiossidante
In questo senso, una delle curiosità riguarda il vino, rigorosamente rosso. Il vino rosso contiene infatti una sostanza che si chiama «resveratrolo» che è un potente antiossidante. Una vera e propria fonte di giovinezza. Questa sostanza è robabilmente alla base di quello che viene definito il «paradosso francese». Ci sarebbe il vino rosso, insomma, a spiegare il fenomeno per il quale in Francia, nonostante l’alto consumo di alimenti ricchi di acidi grassi saturi, l’incidenza di mortalità per malattie cardiovascolari (ossia le malattie del cuore e dei vasi sanguigni) è relativamente bassa. Questo antiossidante riduce il colesterolo “cattivo” e aiuta a prevenire le malattie cardiache e cardiovascolari. E, secondo alcuni studi, aiuta anche a prevenire il cancro. Altri benefici, oltre all’effetto antinvecchiamento, sarebbero nell’azione benefica contro l’infiammazione organica e nel controllo del metabolismo.
Mai esagerare
Trattandosi di vino, e quindi di alcol che è tossico per il fegato, tutto dipende dalle dosi. La quantità massima è di due bicchieri al giorno, non più di tanto. Non si deve mai dimenticare che l’alcol ha di per se la capacità di distruggere le cellule, e in particolare interrompe il meccanismo che serve alla produzione di energia.
Fumo passivo. Cosa è cambiato dalla legge del 2003 ad oggi
Associazioni pazienti, News Presa, PrevenzioneSecondo l’indagine dell’Iss quasi il 90% degli italiani e l’86% dei fumatori è d’accordo con il divieto di fumare in macchina in presenza di minori e donne in gravidanza. Soltanto il 5,3% dei fumatori ha dichiarato di aver fumato in auto con bambini o donne incinte. La legge del 2003 ha di certo modificato il comportamento dei fumatori e dei padroni di casa nei confronti di chi si accende una sigaretta. Mentre nel 2006, infatti, il 43,1% degli intervistati dichiarava di consentire ai propri ospiti di fumare in casa, nel 2017 soltanto il 12,4 lo consente. Inoltre il 10% dei non fumatori dichiara di essere stato esposto al fumo passivo in auto.
I dati emergono dal report Ossfad del Centro Nazionale Dipendenza e Doping dell’Iss, presentato in occasione della Giornata Mondiale senza tabacco.
“La legge del 2003 è stata una delle più importanti leggi di sanità pubblica – ha detto Roberta Pacifici, direttore dell’Ossfad, durante la Giornata Mondiale senza tabacco – nata per difendere dal fumo passivo, ha avuto il grande merito di educare al rispetto degli spazi comuni come dimostrano i dati relativi al comportamento dei padroni di casa rispetto ad eventuali ospiti fumatori. Nel 2006, infatti, il 43,1% degli intervistati dichiarava di consentire ai propri ospiti di fumare in casa, oggi nel 2017 solo il 12,4% lo consente”.
Oggi viene rispettato il divieto di fumo 9 volte su 10. Anche i dati Passi (Progressi delle Aziende Sanitarie per la Salute in Italia), derivati dal sistema di sorveglianza di popolazione condotta dalle Asl e coordinata dall’Iss, sottolineano questo dato e riferiscono che in Italia 9 persone su 10 dichiarano che il divieto di fumo nei locali pubblici e nei luoghi di lavoro è sempre o quasi sempre rispettato, anche se esistono differenze regionali che indicano un Nord più virtuoso.
Tutta la «Passione» del Cardarelli
News PresaIl Cardarelli di Napoli come mai prima d’ora, grazie a una mostra che vuole svelare il volto autentico di quanti ogni giorno lavorano al servizio della città, al servizio dei pazienti per garantire salute. Così, per il traguardo dei 75 anni, arriva «PASSIONE»: scatti che immortalano la straordinaria quotidianità che anima ogni giornata dell’ospedale più grande del Mezzogiorno d’Italia.
Tra presente e passato
Era il 1927 quando «ritenuta la necessità urgente ed assoluta di provvedere alla costruzione in Napoli di un ospedale adeguato alla popolazione della detta città e rispondente alle moderne esigenze sanitarie» fu emesso il Regio Decreto Legge n°24 del 06.01.1927 e il successivo Regio Decreto Legge n°2573 del 23.12.1937, con i quali furono disposti, rispettivamente, la costruzione e il completamento del Nuovo Ospedale di Napoli. Circa 1.300 posti letto, nulla di simile si era mai visto prima in tutto il Mezzogiorno. Fu poi con il Decreto del Prefetto della Provincia di Napoli n°137/div.san.n°2436 del 02.06.1942 che fu autorizzata “l’apertura e l’esercizio dell’Ospedale XXIII Marzo” allo Scudillo di questo Capoluogo” che, non tutti lo sanno, fu chiamato in un primo momento «XXIII Marzo» e solo successivamente – con Delibera del 19.08.1943 a firma del Commissario Prefettizio – intitolato “al glorioso nome di Antonio Cardarelli, clinico insigne, luminare della scienza medica” con il nome di “Grande Ospedale Antonio Cardarelli” attribuendolo all’Ente Ospedali Riuniti di Napoli.
«‘o Spital ‘e Napule»
«Essere al fianco di chi soffre non solo con competenza, ma anche con amore – dice il direttore generale Ciro Verdoliva – è il pensiero che ha caratterizzato da sempre il Cardarelli, ‘o Spital ‘e Napule. In occasione del 75° anniversario da quando fu emesso il Decreto per l’apertura e l’esercizio non si poteva che scegliere come parola quella che da sempre caratterizza i cardarelliani: “Passione”, una passione vissuta 24 ore al giorno, 7 giorni su sette, 365 giorni all’anno. Quando la passione è assente, quando si è incapaci di vivere il proprio lavoro con passione, quando poi questa incapacità di vivere in maniera empatica finisce per coinvolgere il mondo della medicina, si rischia anche di intaccare il rapporto tra chi soffre e chi è chiamato a dare assistenza e cura. Mi piace – in questo senso – riprendere le parole del governatore De Luca, che ci ricorda – sempre – “quando si parla di sanità l’unico grande obiettivo dev’essere quello di metterci al servizio della gente, prenderci cura del paziente”. Senza il timore di essere smentito – prosegue Verdoliva – posso dire che noi cardarelliani siamo pronti, siamo pronti nel continuare in quel solco tracciato da chi ci ha preceduto. Sono orgoglioso di rappresentare il Cardarelli per ricordare a tutti che quest’ospedale eroga il servizio da 75 anni. Il Cardarelli è stato è e sarà sempre un luogo ricco di grandi talenti, ma anche un ospedale che rappresenta quello spirito che anima tutti gli “attori”, siano essi medici infermieri amministrativi tecnici, che interpretano nel “teatro cardarelliano” la propria parte con professionalità e dedizione prendosi cura dei pazienti. Noi cardarelliani crediamo che il compito di ciascuno non sia semplicemente quello di curare, bensì quello più ampio di “prendersi cura” dell’ammalato. E’ per questo che il nostro motto è “lavoriamo per garantire salute”».
25% dei casi all’anno sono tumori rari. Iniziative in Italia e in Europa
Associazioni pazienti, Economia sanitaria, News Presa, Prevenzione, Ricerca innovazioneI tumori rari sono quei tumori che colpiscono meno di 6 persone su 100,000/anno. Si tratta del 24% di tutti i nuovi casi di tumori diagnosticati in Europa ogni anno, quindi così rari poi non lo sono.
In Italia, secondo il rapporto 2016 dell’associazione italiana dei registri tumori (AIRTUM), i tumori rari arrivano al 25% di tutti i nuovi tumori/anno. In termini numerici, si tratta di 89,000 nuovi casi all’anno e di circa 900,000 persone viventi con una diagnosi di tumore raro in Italia.
La rarità porta diversi problemi:
• difficoltà a porre una diagnosi appropriata, con conseguente ritardo o errore terapeutico.
• accesso limitato ad expertise clinico con particolare riferimento al trattamento loco-regionale di chirurgia e/o radioterapia specialistica (che porta a trattamenti non ottimali).
• difficoltà a condurre studi clinici e traslazionali e quindi difficoltà a generare evidenze scientifiche.
• limitato accesso a trattamenti, anche per le limitate evidenze scientifiche disponibili, e per la qualità dell’evidenza richiesta dal punto di vista regolatorio.
• scarsa informazione sulla malattia e sui centri di trattamento.
• ridotto numero di centri di riferimento per il trattamento dei tumori rari nei singoli paesi ed in Europa.
Tra le iniziative, dal punto di vista dell’organizzazione sanitaria, in Europa, c’è la creazione di reti di riferimento europee per le malattie e per i tumori rari (European Reference Networks – ERNs). Queste reti vogliono creare collaborazioni stabili. Il fine è la condivisione della conoscenze e il coordinamento delle cure sanitarie fra centri di eccellenza nell’assistenza ai Pazienti con malattie rare e tumori rari. La creazione delle ERNs a livello europeo è quindi un’ opportunità lanciata dalla Commissione Europea.
Di queste 24 reti europee, 3 sono dedicate ai tumori rari:
– EURACAN: dedicata a tutti i tumori rari solidi dell’adulto.
– EuroBloodNet: dedicata a tutte le malattie ematologiche, inclusi i tumori rari ematologici.
– PaedCan: dedicata ai tumori pediatrici (che sono tutti rari).
In Italia, il ministero della Salute, di concerto con le Regioni e Province autonome, ha istituito l’Organismo nazionale di Coordinamento e Monitoraggio per favorire lo sviluppo di queste reti.
Tale organismo, per valorizzare le eccellenze nelle strutture sanitarie italiane, ha definito una modalità operativa (nel rispetto della legislazione nazionale in vigore ed in aderenza ai requisiti ed alle procedure della Commissione europea), per identificare e monitorare i prestatori di assistenza sanitaria in grado di partecipare alle ERNs. A conclusione dell’iter di selezione, l’Organismo nazionale di Coordinamento e Monitoraggio ha rilasciato l’endorsement per partecipare alle ERNs per malattie e tumori rari a 106 ospedali nazionali. Ma, oltre all’endorsement del proprio ministero, i centri sono stati valutati anche da parte di un “indipendent assessment body” a livello europeo.
Non è detto quindi che tutti i 106 centri riconosciuti come centri di expertise per le malattie e/o tumori rari dal Ministero della salute italiano abbiamo passato la selezione dell’“indipendent assessment body” europeo.
A livello europeo, l’Italia è stata molto proattiva. Prova ne è che l’Istituto Nazionale Tumori di Milano coordina la JARC così come due tumori rari (sarcomi e tumori della testa e collo) dei 10 compresi in una delle tre ERNs.
Per quanto riguarda l’Italia – sottolinea Favo – “è ovvio che a maggior ragione questo è il momento in cui si dovrebbe sviluppare la Rete Nazionale dei Tumori Rari, che diverse mozioni parlamentari approvate a larghissima maggioranza dalla Camera dei Deputati impegnano il Governo e le Regioni a realizzare. In effetti, in questi mesi ha lavorato un gruppo di lavoro presso il Ministero della Salute, a cui ha partecipato anche FAVO, che ha prodotto una proposta per la realizzazione della Rete Nazionale dei Tumori Rari”.
La proposta è stata quindi inviata dal ministero alla Conferenza Stato-Regioni che sta valutando l’ipotesi di Accordo Stato-Regioni. Questa ipotesi prevederebbe la creazione di una Rete di centri su tutto il territorio nazionale investiti dalle rispettive Regioni del compito di fungere da riferimento per i Pazienti con tumori rari. La Rete sarebbe coordinata dal ministero di concerto con le Regioni attraverso Agenas.
mHealth: la tecnologia a sostegno dei pazienti che fa risparmiare la sanità
Associazioni pazienti, Economia sanitaria, Farmaceutica, News Presa, Prevenzione, Ricerca innovazioneLa tecnologia crea grandi opportunità per il settore della sanità. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OSM) definisce l’mHealth come “l’uso efficiente e sicuro delle tecnologie, dell’informazione e della comunicazione a sostegno dei settori della sanità e relativi alla salute […]”, comprendendo l’assistenza sanitaria, le politiche di prevenzione, la ricerca (e il supporto di essa) e l’educazione alla salute.
Sono tante le ricerche che hanno dimostrato che non esiste un digital divide quando il servizio di mHealth è semplice, immediatamente accessibile e capace di creare valore per il paziente.
FAVO e FIASO hanno avviato con il XII Rapporto sulla Condizione del Malato Oncologico una collaborazione per promuovere la diffusione delle buone pratiche di mobile health (mHealth) al fine di migliorare la qualità della relazione medico-paziente; semplificare l’accesso ai servizi sanitari; sviluppare nuove aree di ricerca.
In questo primo anno sono pervenuti 18 progetti. Una commissione congiunta FAVO- FIASO ha selezionato le tre iniziative, afferenti all’ASST di Crema, all’AUSL di Modena, all’APSS di Trento, maggiormente aderenti ai criteri definiti nella call. Tutti i progetti saranno raccontati su una sezione sui siti di FAVO e FIASO, per dare visibilità a quelle buone pratiche di mHealth che possono essere replicate o da cui trarre spunto per lo sviluppo di soluzioni innovative centrate sui pazienti.
La possibilità per ciascun paziente di avere informazioni sulle proprie condizioni, condividerle con i propri medici e ottenere risposte immediate offre ai sistemi sanitari l’occasione di rivedere i propri processi di cura anche attraverso percorsi personalizzati, di ottenere informazioni utili per ottimizzare l’uso delle risorse umane, tecniche ed economiche, e apre scenari importanti anche dal punto di vista della ricerca scientifica.
È possibile immaginare un diverso uso dei servizi mHealth a seconda della fascia di età: 181 milioni di pazienti europei potrebbero usare servizi di mHealth, di cui più del 77% potrebbe migliorare la qualità della propria vita.
Si stima che il risparmio per la spesa sanitaria a livello europeo sarebbe di 99 miliardi di euro, con la possibilità di incrementare di poco meno di 25 milioni il numero di pazienti presi in cura.
Gli ostacoli principali sono sicuramente culturali, organizzativi e solo in parte tecnologici. La possibilità di aprire spazi di collaborazione fra associazioni dei pazienti, Aziende sanitarie, personale sanitario, università e imprese ITC o start up rappresenta oggi un possibile percorso per accelerare questa trasformazione verso un modello sanitario più incentrato sul paziente. Emergono così due temi, quello dell’open source e dell’open innovation, come possibilità di accedere ad una digitalizzazione a costo zero per il malato. La tecnologia può diventare uno strumento di costruzione di nuovi network tra Aziende, in un’ottica di codificazione, replicabilità e condivisione delle buone pratiche in sanità.
Sport, i più motivati sono quelli che abbandonano prima
Psicologia, SportCosa centra la psicologia con la forma fisica? A quanto pare molto. A rivelarlo sono i dati pubblicati su BMC Public Health, che svelano come la chiave della motivazione sia nell’approccio rilassato. Secondo i ricercatori, infatti, i segreto sarebbe nel concentrarsi non tanto sull’intensità dell’esercizio fisico o sul «senso del dovere», bensì sulla sensazione di benessere che deriva dallo sport.
Lo studio
Condotta all’Università del Michigan, l’indagine ha preso in considerazione 40 donne tra i 22 ei 49 anni. Di queste, 29 erano inattive (facevano meno di due ore settimanali di esercizio fisico), mentre 11 attive (lo facevano per almeno due ore). I ricercatori le hanno sottoposte a domande sull’atteggiamento verso l’esercizio fisico. Ne è emerso che le inattive condividevano alcune convinzioni. Ad esempio, che l’esercizio per essere «valido» doveva essere intenso, e che il fare attività fisica impediva loro di rilassarsi nel tempo libero. Molte delle donne «pigrone» hanno spiegato di sentirsi «sotto pressione» e di dover fare sport per migliorare la salute o perdere peso. Queste aspettative circa l’attività fisica, secondo cui deve essere intensa per essere efficace, frenano però le donne dal raggiungere gli obiettivi di allenamento. Un approccio più rilassato, invece, potrebbe aumentare la motivazione. Le donne attive fisicamente, infatti, sono risultate più serene sulla possibilità di saltare la palestra. Nessuna di loro ha mai pensato che l’esercizio debba essere tra le massime priorità, né che fosse da ostacolo per il loro libero. Questo modo di vedere le cose, conclude lo studio, potrebbe aumentare la voglia di fare movimento.
La palestra secondo i Jackal
Iscriversi in palestra, magari con un abbonamento annuale, per poi mollare dopo un solo giorno è un episodio tanto comune da essere diventato traccia per un video di successo dei The Jackal.[youtube]https://www.youtube.com/watch?v=SnifCNwiQB0[/youtube]Un modo esilarante per far riflettere tutti sull’importanza di vivere con serenità il proprio tempo, senza stress e soprattutto senza mai dimenticare che fare sport aiuta a vivere una condizione psicologica migliore.