Tempo di lettura: 2 minutiRosanna Gambone ha 54 anni e convive da sempre con l’ osteogenesi imperfetta, una malattia rara che crea problemi a carico dello scheletro, delle articolazioni, degli occhi, delle orecchie, della cute e dei denti. E’ la stessa malattia con cui nacque il celebre pianista Michel Petrucciani, il corpo non cresce e resta piccolo. Rosanna non suona nessuno strumento, invece, ma scrive. Il suo libro, “Rosanna per me. Camminare in amicizia”, edito da Mephite, è da poco uscito alle stampe, e racconta momenti di vita della donna, attraverso gli occhi dei suoi amici.
Il libro è curato da Giovanni Marino e Rosanna ha scelto di dare il ricavato delle vendite a Telethon a favore della ricerca scientifica sulle malattie genetiche rare. Un libro – si legge su Ciriaco.it – che testimonia la forza rivoluzionaria di una donna che è riuscita a strappare dal suo fragile corpo l’etichetta di ‘diversa’ che istituzioni e società le avevano attaccato addosso sin da bambina. “Se non curi le radici, non avrai mai l’albero. I bambini sono il nostro futuro, ed è proprio per loro che, oggi più che mai, ognuno di noi deve finanziare la ricerca sulle malattie rare. Ognuno, per quel che può, ha il dovere di investire sul nostro domani”, parole di Rosanna, queste, che stanno a testimoniare come la forza di volontà, la voglia di vivere e la tenacia si trovano nelle persone che lottano, non sono in quelle che sono in salute.
Il messaggio di solidarietà di Rosanna forse deriva anche dalla sua sofferenza: “Il libro è un racconto di tutto il mio percorso di vita, dai problemi che ho dovuto affrontare da piccola, a partire dalla difficoltà di avere una diagnosi, fino a quelli legati allo studio”, racconta Rosanna su Ciriaco.it. “Le scuole non mi accettavano, quelli come me non potevano avere il diritto di studiare, tanto che ho dovuto imparare tutto privatamente. Fino alla presa di coscienza di dover affrontare la mia realtà, diversa, difficile, ma comunque una vita. I miei genitori mi hanno portato ovunque, e ricordo i loro sguardi intristiti quando i dottori calavano lo sguardo per comunicargli che non c’era alcuna speranza che io potessi camminare, meno che mai guarire. Ricordo gli sguardi del paese: quando uscivo tutti mi guardavano come fossi un fenomeno da baraccone, quello, insieme al trattamento che le istituzioni riservavano alle persone come me, mi faceva sentire davvero un corpo estraneo al resto del mondo”.
Rosanna, però, non si è lasciata andare, non ha permesso che la malattia avesse la meglio. Ha conseguito il diploma di perito elettronico, ha la patente europea per l’uso del computer e ha frequentato un corso di grafica. Il ricavato del suo libro sarà devoluto tutto alla ricerca, perché, come dichiara la stessa Rosanna, “questo significa investire in un futuro migliore per tante persone che, altrimenti, sarebbero condannate ad un’esistenza di sofferenza”.
Oggi, Rosanna vive con la madre di 86 anni, a Montella, in provincia di Avellino. “I miei amici – racconta la donna – sono diventati le mie gambe. Mi rendono partecipe delle loro vite, delle loro avventure, delle loro emozioni. Grazie a loro ho capito che non mi manca nulla: viaggio tanto, con loro e tramite loro. Adoro stare con i loro figli, è un momento per staccare dalla realtà triste con cui comunque devo fare inevitabilmente i conti. Per questo, nel libro sono gli altri che parlano di me e raccontano come mi vedono loro. Ed è un racconto assolutamente fedele a quello che io sento di aver vissuto con loro”.
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Oggi, trent’anni fa, il primo trapianto di cuore a Napoli
News PresaSuccedeva oggi, ma trent’anni fa. Il primo trapianto di cuore a Napoli fu eseguito il 15 gennaio 1988, una giornata storica che oggi è stata celebrata con chi l’ha vissuta in prima persona e con quanti a seguire hanno fatto grande il centro trapianti del Monaldi. Quella giornata Maurizio Cotrufo, cardiochirurgo di fama mondiale, la ricorda bene. Il cuore lo andarono a prendere a Barcellona su un aereo messo a disposizione da Spadolini, che ai tempi era Presidente del Consiglio. L’equipe del Monaldi tornò a Napoli in piena notte, nonostante questo nei viali dell’ospedale i medici trovarono un mare di gente. «Ci aspettavano – dirà Cotrufo – come si aspetta all’aeroporto la squadra campione del mondo. Beh, a quei tempi tutto era diverso, e poi in un certo senso stavamo facendo qualcosa che mai era stata tentata prima in tutta l’Italia centro-meridionale».
Una scelta difficile
Pochi sanno della tribolazione con la quale Cotrufo accettò quel cuore da trapiantare nel petto di Vincenzo. C’era da scrivere la storia, ma il paziente era anziano e affetto da molte altre patologie. Un rischio enorme, l’incubo di qualsiasi cardiochirurgo. Cotrufo poteva scegliere di rinunciare, ma il suo paziente era l’unico compatibile in tutta Europa, o andare avanti e rischiare che l’intervento fosse un fallimento. la scelta fu di proseguire, anche perché per ottenere il placet del Ministero al centro di trapianti erano serviti tre anni di battaglie. Per Napoli e per i napoletani quello fu un momento epocale. «Ricordo che nel periodo caldo, quando dal Governo si ostinavano a negare il consenso alla nostra attività, nel rione Sanità comparve addirittura uno striscione. C’era scritto “Lo volete fare questo trapianto? Noi oltre Maradona abbiamo Cotrufo”. Una foto che ho incorniciato».
L’amicizia con De Filippo
Della fine degli Anni 80 il cardiochirurgo ha moltissimi ricordi straordinari. Ad esempio il rapporto con un suo paziente d’eccezione, Edoardo De Filippo. «Un uomo straordinario e molto riservato», ricorda il medico. Accettò di farsi ricoverare, ma solo per un giorno. Non sopportava l’idea di dover rinunciare alla sua intimità domestica».
Essere fratelli nella disabilità – il sistema siblings
PsicologiaLe famiglie con un figlio disabile (evento imprevedibile e non scelto), secondo l’approccio evolutivo, cominciano a differenziarsi dalle altre famiglie a partire dalla nascita del figlio: problemi di accettazione, percezione dell’handicap, compiti di cura, riorganizzazione della coppia. In questa riorganizzazione, una particolare attenzione viene data alla relazione fraterna siblings (significa fratello o sorella di persone con disabilità) molti ricercatori si sono interessati a questa tematica (Cuzzocrea & Tribulato, 2003; Damiani, 1999; Fisman, Wolf, Ellisom, D. & Freemn, 2000, McHale & Gable, 1987). Studi recenti affrontano la qualità della relazione fraterna presentando un quadro confuso, la maggior parte descrive gli elevati rischi di disadattamento e sofferenza psicologica, considerando i fratelli sani come una “popolazione a rischio” , altri studi, invece, riportano che i fratelli non disabili hanno uno sviluppo cognitivo ed emotivo regolare e buone capacità adattive e sociali. Spesso, ad esempio, si riscontra in questi fratelli una maggiore empatia e altruismo e una maggiore comprensione per le persone con disabilità. Sono molti i fattori che possono determinare le caratteristiche della relazione fraterna, tra i fattori più considerati compaiono le variabili demografiche statiche come il genere, l’ordine di genitura, l’età, la grandezza della famiglia, lo status socio-economico e il livello di gravità della patologia. Nel rapporto tra fratelli e sorelle nella dimensione della diversabilità, i genitori hanno un ruolo insostituibile nel facilitare e sostenere la relazione fraterna, soprattutto nel rapporto con il figlio con disabilità. I genitori partono a volte da un bisogno di rassicurazione che “va tutto bene” e che non devono preoccuparsi (anche) del fratello normodotato. Di fatto poi sono molto disponibili ad aprire spazi di consapevolezza su un mondo, quello dei siblings, presente e silenzioso che necessita di attenzione e rispetto e che in cambio potrà dare molto in futuro alla famiglia o anche alla società.
«Come sarà il rapporto tra i due fratelli?» “i rapporti tra fratelli differiscono, generalizzazioni universali sulla loro natura ed influenza sono impossibili”(Powekk e Ogle, 1985).
I fattori che possono determinare le caratteristiche della relazione fraterna, sono molteplici: le variabili demografiche statiche come il genere, l’ordine di genitura, l’età, la famiglia, lo status socio-economico e il livello di gravità della patologia.
E’ possibile affermare che, talvolta, i bambini con un fratello disabile non riescono a capire la patologia, in questa fase le categorie “maggiore”, “minore” vengono sostituite da “capace”, “non capace”, ciò può comportare che, se il fratello non disabile sia il secondogenito, ad esempio, si possa trovare ad avere un ruolo molto diverso da quello che gli sarebbe spettato. Qualora invece, ci si trovi di fronte a siblings adolescenti è riscontrabile, quanto questi ultimi possano sentirsi estranei al gruppo dei pari, avendo raggiunto per esperienza di vita familiare una superiore maturità a quella dei coetanei; infine i siblings adulti diventati a loro volta genitori riportano un comportamento molto attento e riflessivo nei confronti della propria prole. Forse grazie alla presenza nella loro storia di una sorella o fratello “diversi”?
Giulia Liperini, Psicologa, Psicoterapeuta, esperta in DSA, Didatta IPR di Pisa. Socio Ordinario SIPPR
Alessandra Testi, Psicologa, Psicoterapeuta, esperta in DSA. Socio Ordinario SIPPR
I super batteri che attaccano il cancro del colon
Ricerca innovazioneNon tutti i batteri sono pericolosi, anzi, alcuni batteri sono vere e proprie armi contro il cancro. In particolare contro il cancro del colon-retto. La notizia sta facendo velocemente il giro del mondo, creando grandi aspettative e aprendo la porta a nuove speranze. I batteri creati in laboratorio sono batteri intestinali, capaci di combattere strenuamente il cancro del colon-retto. Per farlo trasformano nella pancia una molecola di broccoli e altri vegetali in un’arma contro il tumore che determina la regressione della malattia e ha anche effetti preventivi sulla crescita del cancro, il sulforafano.
Risultati eccellenti
Lo studio condotto presso l’Universiità di Singapore e pubblicato sulla rivista Nature Biomedical Engineering è stato portato avanti in due fasi, prima gli scienziati hanno creato una versione geneticamente modificata del batterio intestinale Escherichia coli, rendendolo capace di trasformare una molecola dei broccoli in un’arma anti-cancro. Poi hanno testato i batteri così creati su cellule tumorali umane e su topolini malati di cancro del colon-retto vedendo così che i batteri rilasciano un enzima che attiva la molecola anti-cancro dei broccoli e il tumore regredisce quasi del tutto, in più la crescita di nuove cellule tumorali è bloccata. Ai topolini è bastato mangiare un mix di batteri e broccoli per vedere regredire la propria malattia.
I dati
Il tumore del colon-retto è dovuto alla proliferazione incontrollata delle cellule della mucosa che riveste questo organo. C’è anche chi distingue tra tumore del colon vero e proprio e tumore del retto, ovvero dell’ultimo tratto dell’intestino, in quanto possono manifestarsi con modalità e frequenze diverse. Nei Paesi occidentali il cancro del colon-retto rappresenta il secondo tumore maligno per incidenza e mortalità, dopo quello della mammella nella donna e il terzo dopo quello del polmone e della prostata nell’uomo. La malattia, abbastanza rara prima dei 40 anni, è sempre più frequente a partire dai 60 anni, raggiunge il picco massimo verso gli 80 anni e colpisce in egual misura uomini e donne. In Italia, si stima che questo tumore colpisca circa 40.000 donne e 70.000 uomini ogni anno. L’incidenza è in aumento nella popolazione femminile per via delle abitudini di vita sempre più uniformi tra i due sessi. Negli ultimi anni, come detto prima, si è assistito a un aumento del numero di tumori, ma anche a una diminuzione della mortalità, attribuibile soprattutto a un’informazione più adeguata, alla diagnosi precoce e ai miglioramenti nel campo della terapia.
Vaccini, il morbillo causa 80mila vittime l’anno
News PresaRiuscire a capire come comportarsi con i vaccini, se dare ascolto agli allarmi che si moltiplicano sui social non è semplice. I genitori di oggi si trovano spiazzati e spesso disorientati su una questione che non è per nulla secondaria e che, in un modo o nell’altro, influisce sulla salute dei propri figli. Per fare il punto della situazione sul Piano Nazionale Vaccini e sull’impegno nel settore farmaceutico, lunedì 15 gennaio (a partire dalle 9.30, nell’Aula Magna “Gaetano Salvatore” del Policlinico Federico II), i maggiori esperti di sanità pubblica e farmacovigilanza si confronteranno con l’obiettivo di creare una rete sinergica interistituzionale a tutela dei cittadini per affrontare con consapevolezza le attuali sfide sanitarie.
80mila vittime l’anno
Il tema dei vaccini è probabilmente il più pressante nell’attuale contesto della sanità italiana, basti pensare che il ricorso alla vaccinazione, pratica preventiva per antonomasia, è diminuito negli ultimi anni e l’accesso diretto all’informazione sanitaria, attraverso le potenzialità infinite della rete, rappresenta uno degli elementi in grado di incidere in modo più dirompente sugli atteggiamenti culturali dei cittadini nei confronti della vaccinazione. «È necessario non abbassare la guardia – dice Gabriella Fabbrocini, membro del Consiglio Superiore di Sanità – tra disinformazione strumentale e fake news sono necessarie iniziative che facciano chiarezza fornendo ai cittadini dati esatti e precisi. La posta in gioco, infatti, è la vita delle persone. Per capire l’importanza dei vaccini sono sufficienti pochi dati: al mondo, tra i bimbi di cinque anni, il morbillo fa oltre 80mila vittime l’anno, più dell’Hiv e degli incidenti stradali, e si stimano in oltre un milione l’anno le morti dovute a malattie prevenibili con la vaccinazione».
Parterre d’eccezione
Durante l’incontro, promosso da Gabriella Fabbrocini, membro del Consiglio Superiore di Sanità, Luigi Califano, Presidente della Scuola di Medicina e Chirurgia dell’Università Federico II di Napoli e Mario Delfino, Direttore della Dermatologia del Policlinico Federico II saranno approfondite le nuove frontiere delle pratiche vaccinali, a livello regionale e nazionale: dal piano per la tutela della salute all’impegno dei Centri di farmacovigilanza e AIFA, passando per il ruolo fondamentale delle scuole e dei pediatri. Interverranno, tra gli altri, il Ministro della Salute Beatrice Lorenzin, il Presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca, il Rettore dell’Università Federico II di Napoli Gaetano Manfredi, il Direttore Generale dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II Vincenzo Viggiani, il Rettore del Campus Biomedico di Roma Raffaele Calabrò, il Presidente dell’Ordine dei Medici Silvestro Scotti.
Continua il progetto A-Head di Angelo Azzurro Onlus con un nuovo opening
News PresaDopo l’opening di novembre, l’Angelo Azzurro Onlus – che da anni combatte contro lo stigma della malattia mentale ed è al fianco di pazienti e familiari – apre ad una nuova tappa del progetto A-Head. Venerdì 19 gennaio, nella nuova sede romana ospita la mostra personale di Luca Guatelli, dal titolo Dove fiorisce il silenzio, a cura di Pietro Gagliardi.
Dopo l’inaugurazione della sede con la mostra di Tiziano Bellomi, per questa prima esposizione del 2018, l’Associazione Angelo Azzurro ha scelto di mettere al centro Luca Guatelli (Bruxelles, 1979, vive e lavora a Roma) un artista che, da sempre, collabora con la Onlus. La mostra propone l’ultimo portato della ricerca artistica di Luca Guatelli, che plasma lo spazio dello studio galleria trasformandolo attraverso i suoi Alberi Scultorei “in un bosco onirico, metafora della ricerca di se stessi e della propria consapevolezza” per usare le parole del curatore. Tutta la ricerca di Luca Guatelli parte da una riflessione sulla natura, da cui l’artista trae i principali elementi delle sue opere, per lo più rami ormai privi di vita, che, attraverso un cortocircuito, acquistano nuova vita trasformandosi in vere e proprie sculture. Le opere di Guatelli, che uniscono l’elemento ritrovato a quello creato dall’artista, propongono non solo una personale visione della natura, ma soprattutto del rapporto uomo-natura che, nell’ottica dell’artista, assume una valenza positiva, in grado di innescare un nuovo ciclo vitale per questi scheletri di alberi, attraverso il potere taumaturgico della creatività. Gli spettatori sono invitati ad entrare in questo “bosco”, a lasciarsi coinvolgere, a perdersi, in un confronto che si rivela sempre costruttivo e diverso. Nel progetto trovano posto anche le opere in collezione permanente della Onlus Angelo Azzurro, realizzate oltre che da Luca Guatelli, da Barbara Salvucci e da Giovanni Calemma. In mostra anche una piccola selezione di lavori tratti dal progetto “Uno sguardo nuovo”, realizzati dai pazienti, in collaborazione con gli artisti, durante i laboratori che la Onlus porta avanti dal 2009 accanto ai percorsi di psicoterapia tradizionali.
Si ringrazia Casale del Giglio per la sponsorizzazione tecnica.
L’Associazione Socio-Sanitaria Angelo Azzurro Onlus è stata costituita nel 2009 dalle famiglie Calapai e Lo Giudice con lo scopo di sostenere pazienti e familiari in condizione di disagio fisico, psichico e sociale di tutte le età. In particolare l’Associazione si occupa di sviluppare progetti riabilitativi individualizzati volti al recupero della massima autonomia da parte dei pazienti, alla riduzione della dipendenza istituzionale e alla lotta contro lo stigma della malattia mentale.
Negli anni l’Associazione “Angelo Azzurro” ONLUS ha ricevuto il sostegno economico da Privati con erogazioni liberali, da Fondazioni, come la Fondazione Vodafone Italia e La Fondazione Nando ed Elsa Peretti, e dal 5×1000. Infine va ricordato che l’Associazione “Angelo Azzurro” ONLUS sostiene in maniera attiva l’arte contemporanea e gli artisti che collaborano ai laboratori, rendendo possibile la realizzazione dei loro progetti artistici.
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Osteogenesi imperfetta: Rosanna contro la cecità del Paese
BambiniRosanna Gambone ha 54 anni e convive da sempre con l’ osteogenesi imperfetta, una malattia rara che crea problemi a carico dello scheletro, delle articolazioni, degli occhi, delle orecchie, della cute e dei denti. E’ la stessa malattia con cui nacque il celebre pianista Michel Petrucciani, il corpo non cresce e resta piccolo. Rosanna non suona nessuno strumento, invece, ma scrive. Il suo libro, “Rosanna per me. Camminare in amicizia”, edito da Mephite, è da poco uscito alle stampe, e racconta momenti di vita della donna, attraverso gli occhi dei suoi amici.
Il libro è curato da Giovanni Marino e Rosanna ha scelto di dare il ricavato delle vendite a Telethon a favore della ricerca scientifica sulle malattie genetiche rare. Un libro – si legge su Ciriaco.it – che testimonia la forza rivoluzionaria di una donna che è riuscita a strappare dal suo fragile corpo l’etichetta di ‘diversa’ che istituzioni e società le avevano attaccato addosso sin da bambina. “Se non curi le radici, non avrai mai l’albero. I bambini sono il nostro futuro, ed è proprio per loro che, oggi più che mai, ognuno di noi deve finanziare la ricerca sulle malattie rare. Ognuno, per quel che può, ha il dovere di investire sul nostro domani”, parole di Rosanna, queste, che stanno a testimoniare come la forza di volontà, la voglia di vivere e la tenacia si trovano nelle persone che lottano, non sono in quelle che sono in salute.
Il messaggio di solidarietà di Rosanna forse deriva anche dalla sua sofferenza: “Il libro è un racconto di tutto il mio percorso di vita, dai problemi che ho dovuto affrontare da piccola, a partire dalla difficoltà di avere una diagnosi, fino a quelli legati allo studio”, racconta Rosanna su Ciriaco.it. “Le scuole non mi accettavano, quelli come me non potevano avere il diritto di studiare, tanto che ho dovuto imparare tutto privatamente. Fino alla presa di coscienza di dover affrontare la mia realtà, diversa, difficile, ma comunque una vita. I miei genitori mi hanno portato ovunque, e ricordo i loro sguardi intristiti quando i dottori calavano lo sguardo per comunicargli che non c’era alcuna speranza che io potessi camminare, meno che mai guarire. Ricordo gli sguardi del paese: quando uscivo tutti mi guardavano come fossi un fenomeno da baraccone, quello, insieme al trattamento che le istituzioni riservavano alle persone come me, mi faceva sentire davvero un corpo estraneo al resto del mondo”.
Rosanna, però, non si è lasciata andare, non ha permesso che la malattia avesse la meglio. Ha conseguito il diploma di perito elettronico, ha la patente europea per l’uso del computer e ha frequentato un corso di grafica. Il ricavato del suo libro sarà devoluto tutto alla ricerca, perché, come dichiara la stessa Rosanna, “questo significa investire in un futuro migliore per tante persone che, altrimenti, sarebbero condannate ad un’esistenza di sofferenza”.
Oggi, Rosanna vive con la madre di 86 anni, a Montella, in provincia di Avellino. “I miei amici – racconta la donna – sono diventati le mie gambe. Mi rendono partecipe delle loro vite, delle loro avventure, delle loro emozioni. Grazie a loro ho capito che non mi manca nulla: viaggio tanto, con loro e tramite loro. Adoro stare con i loro figli, è un momento per staccare dalla realtà triste con cui comunque devo fare inevitabilmente i conti. Per questo, nel libro sono gli altri che parlano di me e raccontano come mi vedono loro. Ed è un racconto assolutamente fedele a quello che io sento di aver vissuto con loro”.
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Autismo, italiana la prima ricerca sull’efficacia della TMA
News PresaSi chiama terapia multisistemica in acqua metodo Caputo-Ippolito ed è una delle più efficaci terapie nel trattamento dei deficit del funzionamento adattivo di bambini con autismo. La ricerca, è facile intuirlo dal nome, è tutta italiana ed è stata pubblicata sul Journal of Autism and Developmental Disorders, una delle più prestigiose riviste scientifiche internazionali per l’autismo
La ricerca
Il titolo della ricerca è Effectiveness of a Multisystem Aquatic Therapy for Children with Autism Spectrum Disorders ed è stata condotta in collaborazione con Massimiliano Conson professore del Dipartimento di Psicologia dell’Università della Campania Luigi Vanvitelli (Caserta). I risultati hanno dimostrato che un programma d’intervento di 10 mesi con TMA metodo Caputo-Ippolito è in grado di produrre miglioramenti significativi rispetto a un gruppo di controllo (bambini con autismo che non hanno preso parte al trattamento multisistemico) in differenti ambiti del funzionamento adattivo, oltre che migliorare le capacità natatorie dei partecipanti. In particolare, i bambini sottoposti alla TMA metodo Caputo Ippolito hanno mostrato miglioramenti significativi nell’adattamento funzionale, nella espressione delle emozioni, nella capacità di adattamento ai cambiamenti e nel livello di attività generale, tutte abilità misurate con appropriati strumenti formalizzati. I risultati dunque suggeriscono che la TMA metodo Caputo Ippolito sia utile per intervenire efficacemente su molteplici aree di funzionamento del bambino con disturbo dello spettro autistico, promuovendo rilevanti cambiamenti negli aspetti comportamentali ed emotivi del disturbo. Per saperne di più CLICCA QUI
TMA e Autismo
Questo metodo d’intervento multisistemico frutto di un lavoro ultraventennale in acqua è sviluppato specificamente per persone con disturbo dello spettro autistico, vale a dire per quel complesso disordine dello sviluppo neurologico a insorgenza precoce che attualmente colpisce circa 1 persona su 100. L’autismo è quattro volte più frequente nei maschi rispetto alle femmine, e non conosce barriere razziali, etniche o sociali. Le persone con disturbo dello spettro autistico hanno specifiche difficoltà di comunicazione verbale e non verbale, d’interazione sociale, con interessi ristretti e comportamenti ripetitivi. Spesso i problemi del funzionamento adattivo sono gravi, ad esempio nella gestione delle attività legate al tempo libero e al gioco. La TMA, nata dal lavoro di Giovanni Caputo, Giovanni Ippolito e Paolo Maietta e nasce con l’obiettivo di sviluppare una metodologia d’intervento globale (multisitemica) che tenga conto degli aspetti relazionali, emotivi, comportamentali e d’integrazione sociale della persona con autismo; il programma è inserito all’interno del contesto familiare e realizzato in ambiente naturale, la piscina pubblica, che offre un’opportunità unica di interazione e partecipazione sociale.
Vaccini, tra informazione e fantamedicina. Medici e giornalisti a confronto
News PresaVax o no vax, vaccinarsi oppure no. Il dubbio, la domanda che si fanno in molti. In medicina, la comunicazione gioca un ruolo chiave proprio per dissipare dubbi e rispondere agli interrogativi. Medici, giornalisti ed esperti di comunicazione si riuniranno a Cagliari per discuterne domani (venerdì 12 gennaio 2018 nell’Aula Boscolo della Cittadella universitaria).
Al convegno dal titolo “Comunicare con cura: il controverso caso dei vaccini, storia, filosofia, etica e cronaca di un dibattito aperto” interverranno il Presidente dell’Ordine dei giornalisti Francesco Birocchi, Andrea Grignolo dell’Università di Roma “La Sapienza”, Elisabetta Lalumera dell’Università di Milano-Bicocca, Ferdinando Coghe dell’Azienda Ospedaliero Universitaria di Cagliari, Marcello Montibeller dell’Università di Sassari e Francesca Ervas dell’Università di Cagliari.
Andrea Grignolio parlerà del suo libro “Chi ha paura dei vaccini?”.
L’evento di venerdì 12 è organizzato dall’Ordine dei giornalisti della Sardegna con l’Azienda Ospedaliero Universitaria di Cagliari, i Corsi dl laurea in Scienza della Comunicazione e Filosofia e Teorie della Comunicazione dell’Università di Cagliari, l’Osservatorio socioterritoriale per la comunicazione pubblica e Fondazione di Sardegna.
L’immunizzazione della popolazione dalle malattie infettive è un obiettivo primario per la salute pubblica. Tuttavia, nonostante l’ampio successo dei vaccini, testimoniato dalla scomparsa di alcune malattie infettive, in Italia si assiste ad un pericoloso calo della copertura vaccinale. Il seminario ha l’obiettivo di comprendere le ragioni di questo calo, indagando il modo in cui comunicano tanto i sostenitori quanto i detrattori delle vaccinazioni. Secondo studi recenti, infatti, alla base del fenomeno di resistenza ai vaccini ci sono sia la persuasione retorica di testi disponibili nella rete, la cui efficacia sembra andare molto oltre l’informatività scientifica, sia la mancanza di fiducia negli esperti (immunologi, comunicatori scientifici, operatori sanitari), nelle loro competenze e conoscenze sul tema di sicurezza dei vaccini.
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Breast Unit, Campania in ritardo ma “il tempo non aspetta”
News Presa, PrevenzionePer il tumore al seno la prevenzione è tutto. Nonostante questo solo l’8% delle donne italiane tra i 40 e i 70 anni sa cosa siano i centri di senologia multidisciplinari o Breast Unit. Inoltre, solo una regione su tre ha un numero di Breast Unit adeguato alla popolazione femminile: Friuli Venezia Giulia, Umbria e Valle D’Aosta. I numeri, che ci proiettano nel medioevo della prevenzione, sono quelli dell’indagine commissionata da Europa Donna Italia e condotta dall’istituto di ricerca SWG su un campione rappresentativo di 1.042 donne italiane nella fascia d’età più a rischio di tumore al seno (dai 40 ai 70 anni). Una ricerca che ha come obiettivo quello di indagare quanto effettivamente le donne sappiano di questa patologia e quanto conoscano i centri di cura dedicati e qualificati.
I ritardi
Recependo le direttive europee e secondo l’Intesa Stato-Regioni del 18 dicembre 2014, entro il 31 dicembre 2016 in Italia si sarebbero dovuti realizzare 242 centri di senologia. Attualmente sono 160 le Breast Unit, cioè meno della metà. C’è ancora tanto da fare. La Campania ad esempio dovrebbe dotarsi di 23 Breast Unit, mentre sul territorio ne esistono solamente 3 non iscritte a Senonetwork (il Network dei centri italiani di senologia che promuove il trattamento del tumore al seno in centri dedicati che rispettino i requisiti europei). Inoltre, secondo i dati di Europa Donna Italia, in Campania esiste una rete oncologica e la delibera della giunta regionale per l’attuazione delle Breast Unit è stato approvata con il decreto 98 del 20 settembre 2016. Nonostante questo non è stata ancora approvata la delibera di recepimento dell’Intesa Stato-Regioni.
L’appello
Sono questi i motivi che hanno portato Europa Donna Italia a lanciare un nuovo video-appello a tutte le Regioni, perché “il tempo non aspetta” e sono sempre di più le donne colpite dalla malattia. Abbiamo affidato il sollecito a Marisa Laurito che lo ha fatto suo con la passione che la contraddistingue – dice Rosanna D’Antona Presidente di Europa Donna Italia – Noi proseguiremo nella nostra azione di ricognizione territoriale e moltiplicheremo il nostro impegno nel sollecitare le Istituzioni perché si giunga al più presto alla completa applicazione della legge. L’Italia è in ritardo su due fronti primo, i centri di senologia multidisciplinari, che assicurano un 18% in più di sopravvivenza dal tumore al seno, non sono ancora operativi in metà delle Regioni, come documentano i risultati del nostro monitoraggio; secondo, e lo dimostrano i dati dell’indagine condotta per noi da SWG, c’è un’assenza quasi totale di informazione e consapevolezza da parte della popolazione femminile. Il risultato è che le donne non sono curate come prevede la legge, soffrono di più e guariscono di meno, mentre l’incidenza della malattia non smette di aumentare.
I progetti che faranno (s)correre la prevenzione
PrevenzioneStrumenti di digital health, itinerari urbani che coniugano movimento e cultura, lezioni di ballo formato famiglia, gruppi di cammino e di pedalate con il supporto di personal trainer, percorsi metabolici alla scoperta della salute e insieme del territorio, lezioni di cuore tra i banchi di scuola. Questi sono alcuni degli ingredienti dei 6 progetti vincitori dell’iniziativa «La prevenzione cardiovascolare sCorre in Italia» promossa da Boehringer Ingelheim, premiati in occasione di un evento celebrativo tenutosi a Milano nelle scorse settimane.
I vincitori
Dei sei vincitori candidati dalle strutture ospedaliere da tutta Italia, il primo classificato è il progetto “Coru – La prevenzione inizia a scuola”, ideato dall’Ospedale Nostra Signora di Bonaria di San Gavino Monreale (Sud Sardegna) che mira a svolgere uno screening delle cardiopatie e della morte improvvisa fra i giovani delle scuole superiori e ad offrire consigli specifici “Salva Cuore” in termini di sane abitudini (dall’alimentazione, all’abolizione del fumo, all’attività sportiva), stilati in funzione dello stile di vita dei ragazzi. Il progetto si è aggiudicato un contributo di 20.000 euro.
Curati con stile
E’ questo il secondo dei progetti premiati, ideato dell’Ospedale Immacolata Concezione di Maniago (Pordenone) che punta sulla modifica degli stili di vita per prevenire e curare condizioni quali obesità, diabete, ipertensione, stimolando le persone a mettersi in moto, in particolare attraverso la realizzazione di “Percorsi Metabolici” di lunghezze e difficoltà variabili, descritti non solo dal punto di vista geografico, ma anche delle calorie consumate per ciascun percorso, gli equivalenti alimentari, le ore di vita in più guadagnate, il risparmio ottenuto per il Sistema Sanitario. Il progetto si è aggiudicato un contributo di 10.000 eruo.
Una rete per la vita
Al terzo posto “Infarto Miocardico e morte improvvisa” dell’Ospedale di Savigliano (Cuneo) che ha come obiettivo la prevenzione e l’attivazione della rete regionale per la cura dell’infarto miocardico e attività di informazione e formazione nelle scuole medie superiori, includendo attività quali: la valutazione dei fattori di rischio con consulenze cardiologiche in piazza, gruppi di cammino e di pedalatori coadiuvati da personal trainer con lezioni teoriche e pratiche, certificazione come istruttori di almeno 1-2 insegnanti per istituto in 8 istituti scolastici della provincia, donazione di defibrillatori semiautomatici alle scuole sprovviste. Il progetto si è aggiudicato un contributo di 10.000 euro.
Imparare da piccoli a diventare grandi
Con questi per…corsi di prevenzione transgenerazionale ha conquistato il quarto posto l’Azienda Ospedaliera dei Colli dell’Ospedale Monaldi di Napoli con lo scopo di fornire a bambini ed adulti del territorio le nozioni teorico-pratiche ed una metodologia applicativa per il cambiamento degli stili di vita non salutari, riducendo in maniera consapevole i fattori di rischio cardiovascolare “silenti”, attraverso l’educazione alimentare e l’aumento della spesa energetica, sfruttando la dimensione ludica del ballo, come attività praticabile a tutte le età.
In quinta posizione
“Trieste in cammino, 10.000 passi per stare bene”, il progetto dell’Azienda Sanitaria Integrata di Trieste, che si propone di incentivare la prevenzione mettendo a disposizione di cittadini e visitatori 13 percorsi urbani, descritti in un’apposita App, scaricabile gratuitamente sul proprio smartphone, integrando il movimento con luoghi di interesse storico e culturale. Entrambi i progetti si sono aggiudicati un contributo rispettivamente di 10.000 euro ciascuno. Infine, il progetto dell’Università Magna Graecia di Catanzaro, “Piramide della Salute”, che ha l’obiettivo di sviluppare un dispositivo che consenta di archiviare e catalogare in modo semplice tutti i dati clinici e strumentali, attraverso l’uso di una App dedicata, capace di permettere una visione chiara e ordinata della storia clinica dell’utente. Il progetto si è aggiudicato un contributo di 5.000 euro. Tra i più votati dalla Giuria di esperti e meritevoli di una menzione speciale per la portata innovativa delle proposte: al primo posto l’Ospedale di Savigliano (Cuneo), al secondo l’Azienda Sanitaria Integrata di Trieste e al terzo quello dell’Ospedale Immacolata Concezione di Maniago (Pordenone).