Tempo di lettura: 2 minutiI nostri ricordi, la nostra memoria, sono influenzati dalla dopamina. E c’è una piccola regione del cervello che ha un ruolo chiave nella malattia di Alzheimer. La scoperta fa parte di uno studio che parla italiano, una ricerca condotta da scienziati del Bel Paese e che analizza il ruolo dell’area «tegumentale ventrale» nella malattia di Alzheimer. Quest’area è deputata al rilascio di una importante molecola messaggera del cervello, la dopamina appunto, e se funziona poco ne risente il centro della memoria, vale a dire l’ippocampo, quindi la capacità di apprendere e ricordare.
La pubblicazione
Resa nota sul Journal of Alzheimer’s Disease, la scoperta potrebbe rivoluzionare sia la diagnosi precoce, sia le terapie per questa forma di demenza, spostando l’attenzione su farmaci che stimolano il rilascio di dopamina. Autrice dello studio è Annalena Venneri, dello Sheffield Institute for Translational Neuroscience (SITraN) in Gran Bretagna, che spiega: «La nostra scoperta indica che se l’area tegmentale-ventrale (VTA) non produce la corretta quantità di dopamina per l’ippocampo, questo non funziona più in modo efficiente» e la formazione dei ricordi risulta compromessa. Si tratta del primo studio al mondo che dimostra questo collegamento negli esseri umani.
I test
Si tratta del primo studio al mondo che dimostra questo collegamento negli esseri umani. Venneri e Matteo De Marco della University of Sheffield hanno eseguito test cognitivi e risonanze magnetiche su 29 pazienti con Alzheimer, 30 soggetti con declino cognitivo lieve e 51 persone sane, trovando una correlazione tra dimensioni e funzioni della VTA con le dimensioni dell’ippocampo e le funzioni cognitive dell’individuo. Più piccola risulta la VTA, minori le dimensioni dell’ippocampo e la capacità del soggetto di apprendere e ricordare. La scoperta arriva a un anno dai risultati di esperimenti di laboratorio condotti presso l’Ircss Santa Lucia e l’Università Campus Bio-Medico di Roma. Coordinato da Marcello D’Amelio, lo studio (su Nature Communication) evidenziava anche l’effetto del mancato rilascio di dopamina da parte della VTA su un aspetto che accompagna spesso la malattia fin dalle sue prime fasi: la perdita di motivazione della persona.
Anticorpi
Non meno interessante è un’altra scoperta, che riguarda stavolta un anticorpo, che fa sparire le placche amqiloidi che causano l’Alzheimer. Molto prima che le persone inizino a mostrare i sintomi caratteristici della malattia, infatti, queste placche iniziano a formarsi nel cervello, danneggiando le cellule vicine. In questo caso lo studio è dei ricercatori della Scuola di medicina dell’Università di Washington. L’anticorpo in questione si chiama Hae-4, e non solo colpisce la proteina Apoe delle placche amiloidi ma la spazza via. I risultati del loro lavoro (effettuato per ora sui topi) sono stati pubblicati sul Journal of Clinical Investigation. Spiegano gli studiosi come molte persone accumulino il maggior costituente delle placche (chiamato beta-amiloide) per molti anni e il cervello non riesca a liberarsene. Rimuovendo le placche, con una diagnosi precoce, potrebbe essere possibile fermare tutti quei cambiamenti nel cervello che portano al calo della memoria, alla confusione e al declino cognitivo.
Caffè come sigarette. In California dovrà avere l’etichetta “rischio cancro”
AlimentazioneIn America, nello stato della California, da oggi il caffè dovrà avere l’etichetta che informa sul ‘rischio cancro’. La causa risiede in alcune sostanze chimiche che vengono prodotte durante la preparazione. Insomma, esattamente come avviene già per le sigarette, anche le bevande come il caffè dovranno avere la dicitura che avverte dei rischi per la salute. A stabilirlo è stato un giudice al termine di una causa contro Starbucks e altre società, accusate di aver violato la legge dello stato che obbliga a mettere in guardia i consumatori sulla presenza di sostanze chimiche nei prodotti che possono causare il cancro. Nel caso del caffè, durante la torrefazione ad alte temperature viene prodotta una sostanza chiamata acrilammide, la quale fa parte della lista di quelle considerate cancerogene. La sostanza si forma naturalmente, quindi, negli alimenti ricchi di amidi e asparagina durante la cottura oltre i 120°: ad esempio nel pane tostato, in prodotti da forno, patate fritte, patate al forno, caffè e sostituti del caffè. L’Efsa (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare) ha stilato un rapporto in cui valuta i livelli di acrilammide e di altre sostanze nocive nel cibo (2015-2016). Questa sostanza aumenterebbe il rischio di sviluppare mutazioni genetiche e tumori.
La farina potenziata può salvare migliaia di bambini
AlimentazioneIn 20anni si potrebbero mettere al sicuro dal rischio di gravi problemi alla nascita ben 1 milione di bambini. Come? Semplicemente aggiungendo acido folico alla farina di frumento. Un cambiamento tanto semplice quanto importante, che non a caso sta facendo discutere la comunità scientifica internazionale.
Spina bifida e danni cerebrali
Stando ai più recenti dati, circa 57mila casi di difetti cerebrali e della colonna vertebrale presenti alla nascita potrebbero essere prevenuti ogni anno creando quella che in gergo viene definita farina potenziata. Un intervento, come detto, molto semplice, capace di abbattere i casi di invalidità e morte di moltissimi bimbi. Il dibattito nasce da uno studio c pubblicato su Birth Defects Research.
L’acido folico
A cambiare le sorti di migliaia di bimbi, soprattutto dei paesi invia di sviluppo è questa vitamina, che normalmente assumiamo attraverso cibi come pane e pasta. Per ridurre il rischio che il feto sia colpito da difetti del tubo neurale come spina bifida (malformazione del midollo spinale) o anencefalia (mancanza di parte del cervello), l’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda che le donne, durante la gravidanza e nei mesi che immediatamente la precedono, assumano quotidianamente 400 microgrammi di acido folico. Ma questo spesso non accade con l’alimentazione e solo il 30% delle donne, nel mondo, prende integratori per sopperire a questa carenza. Di qui la scelta – finora fatta da 81 Paesi tra cui Cile, Sudafrica e Stati Uniti – di aggiungere acido folico alla farina di frumento.
Nuove direttive
I ricercatori della Emory’s Rollins School of Public Health, in Georgia, hanno valutato i casi di difetti alla nascita in 71 paesi in cui questo non avviene, tra cui la Cina, arrivando a conclusione che introducendo sul mercato farina fortificata ogni anno si preverrebbero 57mila difetti alla nascita. «Nel corso di 20 anni ciò significherebbe almeno un milione di bambini in meno con gravi difetti alla nascita», spiega Vijaya Kancherla, epidemiologa e autrice principale dello studio. Nei paesi in cui questo intervento è previsto, prosegue, sono stati «riportati milioni di dollari in spese mediche evitate».
Proteggere il Dna grazie alla Dieta mediterranea
AlimentazioneAncora una volta chi tiene alla propria salute sente parlare di Dieta mediterranea. Non certo una novità, del resto che la dieta mediterranea faccia bene è risaputo. La notizia è però che la Dieta mediterranea rallenta l’invecchiamento del Dna. A confermarlo è uno studio inglese riportato dal sito In a Bottle in un approfondimento sul tema alimentazione e salute.
Proteggere i cromosomi
La scoperta arriva da alcuni ricercatori dell’Università di Exeter, in Gran Bretagna, che hanno seguito per 10 anni lo stato di salute di circa 5.000 persone, concludendo che «chi segue la famosa dieta mediterranea aiuta il proprio Dna a restare giovane e sano». La scoperta è arrivata osservando i telomeri, ossia i «cappucci protettivi» del Dna il cui progressivo accorciamento è correlato all’invecchiamento cellulare e a numerose patologie legate all’età. Dallo studio emerge, infatti, che «chi mangia secondo le regole della Dieta mediterranea mantiene i telomeri più lunghi e sani, rallentando l’invecchiamento genetico dei cromosomi e proteggendo il Dna da diverse malattie».
Il ruolo dell’acqua
E se anche la Dieta mediterranea ha la sua piramide alimentare, dove sono riportare le giuste proporzioni di verdura, frutta, carboidrati e proteine da assumere per un regime alimentare sano ed equilibrato, alla sua base non va dimenticata l’importanza dell’acqua per una corretta idratazione. Come confermato da Laura Rossi, esperta del Centro di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione (Crea), «l’idratazione ha conquistato negli anni un posto di rilievo all’interno delle piramidi alimentari sviluppate a ogni livello, e l’acqua è elemento essenziale per un corretto stile alimentare, tanto da essere riportata come alimento essenziale nei livelli di assunzione raccomandati di energia e nutrienti». Grazie alle sue proprietà, la Dieta mediterranea è considerata ormai uno dei pilastri della salute.
Neonati e udito, quel «refer» incubo delle mamme
BambiniUno dei primi esami ai quali viene sottoposto un neonato è quello dell’udito. Si procede con un macchinario apposito che servirà ai medici a capire se è tutto a posto. Nella maggior parte dei casi la prova da esito negativo, il che in medicina significa che è tutto a posto, ma se non dovesse essere così non si deve disperare. I falsi positivi in bambini così piccoli non sono una rarità e in ogni caso l’esame va ripetuto più volte.
Lo screening
Obiettivo dello screening audiologico alla nascita è quello di capire se un neonato può essere affetto da ipoacusia (sordità) congenita, e di capirlo in maniera precoce. Questo infatti consente, in caso di problemi, di arrivare ad una diagnosi prima dei 3 mesi e di intervenire entro i sei. Molti studi dimostrano che i bambini a cui si effettua diagnosi di ipoacusia già nei primi mesi di vita presentano uno sviluppo del linguaggio adeguato alla loro età grazie alla possibilità di poter intervenire tempestivamente: con un intervento precoce il bambino di raggiunge un miglior livello di abilità linguistiche migliorando di conseguenza la sua capacità di interazione sociale e comunicativa. Si tratta di un test semplice, molto sensibile, facile da eseguire e non invasivo (non pericoloso per il neonato). Per fare il test si usa un piccolo apparecchio portatile dotato di una sonda capace di emettere e registrare stimoli sonori. Il pediatra provvede a inserire un piccolo tappetto di gomma (in cui è presente la sonda) nel condotto uditivo esterno e quindi a registrare l’esito del test.
Pass e Refer
L’incubo di molti genitori è in una parola: «refer». Questo è infatti il termine che viene adoperato per segnalare un problema. Refer sta ad indicare la mancanza delle otoemissioni acustiche (OTA), ovvero di quei suoni prodotti dalla coclea in risposta allo stimolo prodotto dalla sonda. Un test con esito Pass indica invece che lo stimolo sonoro ha incontrato un orecchio sano. I genitori spesso non sanno però che alla nascita possono esserci ancora dei muchi ad ostacolare queste onde, quindi l’imperativo è «non saltare a conclusioni affrettate in caso di refer».
Cosa fare
Se l’esame ha dato un esito anomalo il pediatra chiederà di ripetere il test dopo 2 o 3 settimane, per provare quando il condotto uditivo sarà leggermente più largo e ripulito della vernice caseosa, magari approfittando di un momento di minore agitazione del neonato. Nel caso in cui anche al secondo test si dovesse avere un refer, sarà necessaria una valutazione audiologica e l’effettuazione di un esame molto più sensibile e specifico.
Pasqua e le uova della salute, per i piccoli e per i grandi
News PresaUna gita in barca e ben duecento uova di Pasqua per i bambini dell’ospedale pediatrico Santobono-Pausilipon di Napoli. A mettere in campo l’iniziativa è l’Associazione nautica regionale Campana, presieduta da Gennaro Amato, un modo in più per essere al fianco dei piccoli pazienti dopo le donazioni effettuate in occasione del Nauticsud durante il quale furono consegnati oltre 6.000 euro. Assieme al presidente Amato, a donare le uova pasquali ai bimbi, anche una bella rappresentanza di quote rosa: Enza Pane (Nautica Salpa), Valeria Iliano Schiano (Nautica Schiano) e Cinzia Buonanno, coordinatrice dell’associazione.
Tutti in barca
La delegazione, accolta dal direttore della Fondazione Santobono-Pausilipon, Flavia Matriciano, ha incontrato oggi i piccoli nel plesso ospedaliero di Posillipo e poi si è spostata all’ospedale al Vomero per concludere la visita. Nel corso dell’incontro, alla sala multifunzionale “Scugnizzo club” del Pausilipon, il presidente Gennaro Amato ha deciso di accontentare un bambino che ha espresso il desiderio di vedere il mare da vicino. Di qui l’idea di organizzare una gita nel golfo di Napoli, con imbarcazioni degli associati del circolo per l’intero reparto onco-ematologico.
Altre iniziative
Uova di Pasqua anche per combattere le malattie sessualmente trasmissibili, a cominciare dall’Aids. L’iniziativa si chiama «Ciocondom», l’uovo di Pasqua de La Radiazza. «Quest’uovo – spiegano Gianni Simioli e il consigliere regionale Francesco Borrelli – è un contributo simbolico che vogliamo dare alla lotta contro le malattie sessualmente trasmissibili e all’Aids in particolare. Il nostro uovo di Pasqua vuole essere anche un aiuto per quei genitori o fratelli maggiori che sono imbarazzati a parlare di certi argomenti perché, regalandolo, darà un consiglio e un aiuto a chi lo riceve senza affrontare l’argomento».
».
Stomaco al posto dell’esofago, salvati due fratellini
News PresaLo stomaco al posto dell’esofago, con un intervento straordinario l’equipe del professor Renato Romagnoli, della Chirurgia Generale della II Universitaria della Città della Salute di Torino, ha salvato la vita a due fratellini di 4 e di 5 anni. L’operazione risale alla fine del 2017, ma solo adesso se ne ha notizia. Anche perché, e questa è una news di oggi, i due fratellini ora possono nuovamente nutrirsi per bocca.
La storia
Tutto è iniziato con un incidente domestico terribile, i due fratellini avevano infatti ingerito accidentalmente della soda caustica. L’agente chimico aveva procurato una grave esofagite, mettendo a rischio la vita dei ragazzi. I due sono stati salvati alla Città della Salute di Torino proprio grazie ad un intervento innovativo. Per la prima volta su pazienti così piccoli e debilitati si è proceduto alla rimozione dell’esofago malato rimpiazzandolo con lo stomaco rimodellato a tubo e spostato all’altezza del collo. Come detto, la procedura chirurgica è stata portata a termine dall’equipe del professor Renato Romagnoli e ha messo fine ad un calvario di circa un anno, il tempo necessario a stabilizzare i fenomeni infiammatori degli organi vitali intorno all’esofago.
Ritorno alla vita
Seguiti sin dall’inizio dall’equipe dei gastroenterologi pediatri guidati dal dottor Pier Luigi Calvo, i due bambini si alimentavano solo attraverso una sonda. L’infiammazione aveva chiuso l’esofago dei due fratellini, che non potevano quindi mangiare per bocca ed erano obbligati a una nutrizione artificiale in vena. Il decorso postoperatorio in Terapia intensiva e in Chirurgia ad alta intensità dell’ospedale Infantile Regina Margherita di Torino è stato privo di complicazioni. «La loro aspettativa di vita e la qualità della stessa – sottolineano i sanitari – sono ora pari a quelle degli individui della loro età».
Dermatite atopica, ma i risvolti sono anche psicologici
PsicologiaArrossamento, secchezza, desquamazione e prurito: la dermatite atopica o eczema atopico è una malattia infiammatoria della pelle, ma i risvolti sono anche psicologici. A dirlo è una ricerca che ha coinvolto 13 paesi europei, tra i quali l’Italia, e da uno studio condotto dall’Università di Genova, in collaborazione con l’Università di Torino, presentato dalla Società italiana di Psicodermatologia (Sidep).
Quando la pelle presenta imperfezioni ben visibili, anche i rapporti sociali e l’autostima sono a rischio. Un problema che riguarda allo stesso modo sia uomini che donne e porta a pensare che, spesso, all’azione del dermatologo si debba associare quella dello psicologo. Infatti l’80% dei pazienti dermatologici ha anche una sofferenza psicologica associata, mentre il 18% soffre di disturbi legati all’ansia e il 10% arriva perfino alla depressione. Lo studio dimostra proprio come i pazienti con patologie croniche come psoriasi, dermatite atopica, alopecia e vitiligine sono incapaci di esprimere le proprie emozioni, oppure soffrono di ansia e depressione.
Alzheimer, due nuove scoperte cambiano le cose
Ricerca innovazioneI nostri ricordi, la nostra memoria, sono influenzati dalla dopamina. E c’è una piccola regione del cervello che ha un ruolo chiave nella malattia di Alzheimer. La scoperta fa parte di uno studio che parla italiano, una ricerca condotta da scienziati del Bel Paese e che analizza il ruolo dell’area «tegumentale ventrale» nella malattia di Alzheimer. Quest’area è deputata al rilascio di una importante molecola messaggera del cervello, la dopamina appunto, e se funziona poco ne risente il centro della memoria, vale a dire l’ippocampo, quindi la capacità di apprendere e ricordare.
La pubblicazione
Resa nota sul Journal of Alzheimer’s Disease, la scoperta potrebbe rivoluzionare sia la diagnosi precoce, sia le terapie per questa forma di demenza, spostando l’attenzione su farmaci che stimolano il rilascio di dopamina. Autrice dello studio è Annalena Venneri, dello Sheffield Institute for Translational Neuroscience (SITraN) in Gran Bretagna, che spiega: «La nostra scoperta indica che se l’area tegmentale-ventrale (VTA) non produce la corretta quantità di dopamina per l’ippocampo, questo non funziona più in modo efficiente» e la formazione dei ricordi risulta compromessa. Si tratta del primo studio al mondo che dimostra questo collegamento negli esseri umani.
I test
Si tratta del primo studio al mondo che dimostra questo collegamento negli esseri umani. Venneri e Matteo De Marco della University of Sheffield hanno eseguito test cognitivi e risonanze magnetiche su 29 pazienti con Alzheimer, 30 soggetti con declino cognitivo lieve e 51 persone sane, trovando una correlazione tra dimensioni e funzioni della VTA con le dimensioni dell’ippocampo e le funzioni cognitive dell’individuo. Più piccola risulta la VTA, minori le dimensioni dell’ippocampo e la capacità del soggetto di apprendere e ricordare. La scoperta arriva a un anno dai risultati di esperimenti di laboratorio condotti presso l’Ircss Santa Lucia e l’Università Campus Bio-Medico di Roma. Coordinato da Marcello D’Amelio, lo studio (su Nature Communication) evidenziava anche l’effetto del mancato rilascio di dopamina da parte della VTA su un aspetto che accompagna spesso la malattia fin dalle sue prime fasi: la perdita di motivazione della persona.
Anticorpi
Non meno interessante è un’altra scoperta, che riguarda stavolta un anticorpo, che fa sparire le placche amqiloidi che causano l’Alzheimer. Molto prima che le persone inizino a mostrare i sintomi caratteristici della malattia, infatti, queste placche iniziano a formarsi nel cervello, danneggiando le cellule vicine. In questo caso lo studio è dei ricercatori della Scuola di medicina dell’Università di Washington. L’anticorpo in questione si chiama Hae-4, e non solo colpisce la proteina Apoe delle placche amiloidi ma la spazza via. I risultati del loro lavoro (effettuato per ora sui topi) sono stati pubblicati sul Journal of Clinical Investigation. Spiegano gli studiosi come molte persone accumulino il maggior costituente delle placche (chiamato beta-amiloide) per molti anni e il cervello non riesca a liberarsene. Rimuovendo le placche, con una diagnosi precoce, potrebbe essere possibile fermare tutti quei cambiamenti nel cervello che portano al calo della memoria, alla confusione e al declino cognitivo.
Napoli, asportato un tumore di 15 chili
News PresaUn tumore all’utero di 15 chili e un intervento che ha dell’incredibile. La storia è quella di Francesca (nome di fantasia), paziente di 60 anni affetta nanismo ipofisario, che si è sentita dire dai medici di avere una neoplasia pesante quanto un bambino di tre anni. Facile immaginare lo choc della donna e quali angosce in attesa dell’intervento alla Federico II. Dover affrontare una neoplasia è già molto dura, se poi si tratta di un caso tanto raro è ancor più difficile.
Caso raro
Ad accogliere la paziente e accettare quello che per altri sarebbe stato un salto nel buio, l’equipe del professor Giuseppe Bifulco, responsabile dell’Unità Operativa di Fisiopatologia Ostetrico-Ginecologica del Dipartimento Materno Infantile diretto dal professor Giuseppe De Placido, in collaborazione con il dottor Gaetano Luglio. Quello di Francesca è stato il primo intervento di questo tipo realizzato presso il Policlinico Federiciano. Un caso davvero raro, a detta degli stessi esterrefatti chirurghi. «Le dimensioni della massa, in una paziente già minuta a causa della sua patologia – hanno spiegato i medici – e la contiguità con organi vitali della cavità addominale, hanno reso, infatti, l’operazione oltre che unica, rischiosa e complessa».
Spazi vitali
L’addome di Francesca era completamente occupato dal tumore. Questo determinava la compressione degli organi interni che, addirittura, venivano spostati sui lati. Tanto che negli ultimi periodi la donna aveva difficoltà a respirare, urinare e persino a camminare. L’intervento, durato circa tre ore, è servito ad asportazione quella massa incredibile. E’ stato necessario eliminare utero e ovaie, ma i chirurghi sono riusciti a preservare l’integrità di tutti gli organi dell’addome e della pelvi. Tutto è andato per il meglio, nonostante il caso fosse da manuali di medicina. Oggi Francesca affronta una serena convalescenza post-chirurgica ed è presti potrà tornare alla sua vita di sempre. Molto più leggera.
Nasce Il Gelsomino, accoglierà familiari e pazienti dell’Ospedale pediatrico
BambiniNasce una nuova casa per l’accoglienza di pazienti e famiglie dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù. Si chiama Il Gelsomino ed è stata inaugurata domenica 25 marzo nei locali della parrocchia San Gregorio VII a Roma (Via del Cottolengo, 4), nelle vicinanze della sede dell’Ospedale al Gianicolo.
La struttura è stata realizzata dalla stessa comunità parrocchiale di San Gregorio VII e garantirà l’accoglienza di quattro nuclei familiari. «Si tratta di un’iniziativa – spiega Lucia Celesti, responsabile dell’Urp e dei Servizi Sociali del Bambino Gesù – che consentirà a diverse famiglie provenienti da fuori Roma di far fronte all’esigenza alloggiativa durante il periodo di ricovero in Ospedale. Le case di accoglienza sono strutture fondamentali, soprattutto se si tiene conto che il trenta per cento dei bambini ricoverati proviene da fuori Regione e il tredici per cento è di nazionalità straniera».
In particolare, la casa di accoglienza Il Gelsomino misura 250 mq, strutturati su 4 stanze da 12 posti letto complessivi e ciascuna avente bagno indipendente, una cucina comune e con all’esterno un piccolo giardino destinato all’area giochi. L’accoglienza alle famiglie sarà curata da una settantina di volontari della parrocchia.
Al Bambino Gesù nel 2017 sono state oltre 3.500 le famiglie ospitate in accoglienza alloggiativa, con circa 200 stanze messe a disposizione gratuitamente ogni giorno per i familiari dei pazienti che vengono da fuori Roma, grazie a una rete di solidarietà formata da case famiglia, istituzioni non profit e associazioni di albergatori. Nello stesso anno sono state assicurate circa 90 mila notti.
promuoviamo salute