Tempo di lettura: 2 minutiUno dei tumori in aumento nei paesi occidentali è quello del colon retto. Si tratta di una neoplasia legata a diversi fattori: ambientali, genetici e di stili di vita. Moltissime sono ogni anno le diagnosi, ancor più in aree ad alto inquinamento ambientale, e moltissimi purtroppo sono i decessi. Dal Pascale di Napoli arriva una speranza in più. Nel giro di poche settimane all’Istituto dei tumori di Napoli prenderanno il via tre studi clinici innovativi volti a verificare tre originali strategie terapeutiche sviluppate attraverso la stretta collaborazione tra l’Unità di Farmacologia Sperimentale Oncologica diretta da Alfredo Budillon e l’Unità di Oncologia Clinica Sperimentale dell’addome diretta da Antonio Avallone, con il coinvolgimento della Chirurgia Colonrettale di Paolo del Rio e di quella Epatobiliare di Francesco Izzo.
Il primo studio
Denominato Improve, coinvolgerà più di 10 centri italiani e inizierà l’arruolamento nel giro di pochi giorni. Lo studio esplorerà una nuova modalità di somministrazione dell’anticorpo anti-EGFR panitumumab in associazione alla chemioterapia standard, in pazienti con tumore avanzato in prima linea di trattamento. La finalità della sperimentazione è di impedire al tumore di adattarsi con meccanismi di resistenza al trattamento e, dunque, di migliorarne l’efficacia e al tempo stesso attenuare alcuni effetti collaterali come la tossicità cutanea.
Il secondo studio
Denominato Nicole, comincerà l’arruolamento entro giugno e valuterà per la prima volta l’impatto di un immunoterapico, l’anticorpo anti-PD1 Nivolumab, somministrato prima dell’intervento chirurgico nei tumori del colon localmente avanzati. La finalità della sperimentazione è di evitare la formazione di metastasi a distanza.
Il terzo studio
Denominato Revolution, comincerà l’arruolamento entro l’estate ed è risultato vincitore del prestigioso finanziamento di ricerca finalizzata da parte del Ministero della Salute. Lo studio valuterà, in pazienti con tumore del colon avanzato con mutazione del gene RAS, l’impatto sulla sopravvivenza, di un farmaco generico a basso costo, l’acido valproico, un anticonvulsivante e stabilizzatore dell’umore utilizzato da oltre cinquanta anni, associato al trattamento standard con chemioterapia e anticorpo anti VEGF Bevacizumab. «Con l’avvio di queste sperimentazioni l’Istituto Pascale – dice il direttore generale dell’Irccs di Napoli, Attilio Bianchi – punta ad offrire alla maggioranza dei pazienti con tumore del colon-retto l’opportunità di poter beneficiare di terapie innovative e all’avanguardia. Al tempo questi studi hanno la finalità di implementare la caratterizzazione biologica dei tumore del colon attraverso ricerche che saranno effettuati presso i nostri laboratori, per migliorare e personalizzare sempre di più il trattamento sul singolo paziente».
Allattamento al seno. Oms-Unicef: può salvare la vita di 820mila bambini
BambiniL’allattamento al seno per i primi 2 anni potrebbe salvare la vita a più di 820.000 bambini l’anno di età inferiore ai 5 anni. Oms e Unicef hanno diffuso una guida pratica che incoraggia le nuove mamme ad allattare e informa gli operatori sanitari sul modo migliore per sostenere l’allattamento al seno che, secondo le due organizzazioni, è vitale per la salute di un bambino per tutta la vita e riduce i costi per strutture sanitarie, famiglie e governi, protegge i neonati da infezioni e salva vite umane, migliora anche il QI, la preparazione e la frequenza scolastica ed è associato a un reddito più elevato nella vita adulta. Già entro la prima ora di nascita l’allattamento al seno protegge i neonati dalle infezioni e salva vite umane. Inoltre riduce il rischio di cancro al seno nella madre. Allattare entro un’ora dalla nascita, protegge il neonato da infezioni e riduce la mortalità neonatale. I bambini e gli adolescenti che sono stati allattati al seno hanno anche meno probabilità di essere sovrappeso o obesi.
“Gli ospedali non esistono solo per curare i malati, ma per promuovere la vita e assicurare che le persone possano prosperare e vivere al massimo delle loro potenzialità”, ha affermato il direttore generale Oms Tedros Adhanom Ghebreyesus. Perché ogni Paese spinga a raggiungere una copertura sanitaria universale – ha aggiunto – non c’è modo migliore che garantire che i dieci passi per il successo dell’allattamento al seno siano lo standard per la cura delle madri e dei loro bambini”.
I dieci passi di cui parla Tedros si basano sulle linee guida dell’Oms già pubblicate a novembre 2017, dal titolo Proteggere, promuovere e sostenere l’allattamento al seno in strutture che offrono servizi di maternità e neonati.
Il cervello apprende anche dagli errori altrui. Lo studio
Ricerca innovazioneSbagliando s’impara, anche se a sbagliare sono gli altri. Infatti, osservando gli errori altrui, vengono stimolati i meccanismi cerebrali di correzione automatica dell’errore e si impara più velocemente. A rivelarlo è uno studio condotto da Alice Mado Proverbio, docente di Neuroscienze cognitive presso il Dipartimento di Psicologia dell’Università di Milano-Bicocca.
Lo studio
La ricerca ha coinvolto 10 giudici esperti e 24 partecipanti sottoposti a elettroencefalografia: 12 pianisti professionisti e 12 studenti universitari senza una specifica educazione musicale. Ognuno di loro ha visualizzato alcuni video nei quali venivano mostrate un paio di mani nell’atto del suonare. Nella metà dei casi i movimenti delle mani erano compatibili con la traccia musicale ascoltata; nel resto dei casi, invece, no. Quando il suono non era compatibile con le immagini visualizzate, il cervello dei pianisti registrava l’incongruenza, mentre quello dei partecipanti non esperti non rilevava gli errori.
I risultati
Ne è emerso che la sola osservazione del movimento stimola direttamente l’attività della corteccia motoria e premotoria del cervello. In altre parole è come se a compiere un dato movimento fosse la persona stessa che osserva. Ecco perché, per gli esperti, anche la semplice visione di filmati, o la dimostrazione dal vivo da parte dell’insegnante è fondamentale per l’apprendimento di discipline motorie, musicali e di altro tipo.
Prospettive
La stimolazione sensoriale, attraverso la visione di un video, contribuisce all’apprendimento della pratica motoria grazie all’attivazione dei neuroni specchio visuo-motori. La scoperta in futuro potrebbe essere utile alla riabilitazione clinica in pazienti paralizzati e con deficit motori, ha sottolineato la ricercatrice Alice Mado Proverbio.
Dimagrire si può, «servono sport e psicoterapia»
AlimentazioneStrane diete e pasti sostitutivi, per mettersi in forma l’unica cosa che deve sparire dalla tavola è la pigrizia. Salvo casi limite, non esiste infatti una dieta migliore dell’altra. E gli integratori non vanno bene per tutti. Così, considerando che di fake news su diete, cibi e integratori non mancano, la Fondazione Gimbe ha dato vita ad uno studio che fotografa questo settore e lo affronta partendo dalle evidenze scientifiche.
Equilibrio
L’analisi, spiega Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione, dimostra «che qualsiasi dieta bilanciata a ridotto contenuto di carboidrati o di grassi fa dimagrire, ma non è possibile raccomandarne nessuna in particolare, viste le esigue differenze tra i vari regimi dietetici». Un maggiore effetto dimagrante lo si può ottenere però grazie all’aggiunta di una terapia cognitivo-comportamentale e dell’esercizio fisico. Dallo studio della Gimbe emerge come gli studi su integratori di vitamine e minerali non dimostrino evidenti benefici per la prevenzione di patologie cardiovascolari e tumori, evidenziando addirittura maggiori rischi per alcuni micronutrienti. Ecco perché, precisa Cartabellotta, «l’utilizzo di integratori multivitaminici e multimineralici non è raccomandato per la popolazione generale e nemmeno in gravidanza; al contrario, è di provata efficacia l’assunzione mirata di specifici integratori in alcune fasi della vita (gravidanza, neonati, ultracinquantenni) e in sottogruppi a rischio nei quali il fabbisogno nutrizionale non può essere soddisfatto con la sola dieta».
Luoghi comuni
Ciò nonostante, restano troppi i luoghi comuni e le fake news sulle scienze dell’alimentazione. Si generano continuamente credenze basate su congetture, aneddoti e intuizioni piuttosto che su evidenze scientifiche, peraltro poco robuste e influenzate da conflitti di interesse che, condizionando l’integrità della ricerca, minano la fiducia dei cittadini nei confronti del metodo scientifico. La morale? Attenzione a non credere a tutto ciò che viene pubblicato on line, meglio ricordare sempre che metodi miracoloso non esistono. Per ottenere risultati veri serve tempo e tanto impegno.
Cioccolato, chi lo ama ingrassa meno
News PresaAmanti del cioccolato, è il giorno della rivincita. Una scoperta che ha sorpreso tutti, persino gli stessi ricercatori che hanno portato avanti lo studio, è che il gene associato alla passione per il cioccolato è anche legato alla tendenza ad accumulare meno grasso. In altre parole, chi ama il cioccolato è anche meno soggetto ad ingrassare. Lo studio, pubblicato sulla rivista Cell Reports e guidato dall’Università di Exeter nel Regno Unito, arriva dallo stesso gruppo che l’anno scorso ha scoperto la variazione del gene FGF21 legata alla passione sfrenata per i dolci.
Lo studio
Niels Grarup dell’Università di Copenhagen, che ha preso parte alla ricerca, spiega che «questa scoperta contraddice un po’ ciò che si è sempre pensato. Ma è importante ricordare – aggiunge – che questo è solo un piccolo pezzo del puzzle che descrive le connessioni tra la dieta e il rischio di obesità e diabete». Ad indurre alla cautela, lo studio ha mostrato che gli effetti secondari correlati con la variazione del gene FGF21 non sono tutti positivi: la stessa mutazione è anche associata ad una pressione sanguigna leggermente più alta, anche se di pochissimo, e ad una maggiore tendenza a concentrare il grasso nella zona addominale.
Sviluppi futuri
Le conclusioni dei ricercatori guidati da Timothy Frayling si basano su una grande quantità di dati, comprendenti campioni di sangue, questionari sulle abitudini alimentari e campioni di Dna di più di 450.000 persone, registrate in un grande database britannico, la Biobank. «Siamo certi che i nostri risultati siano accurati», conclude Grarup. «Circa il 20% della popolazione europea presenta questa predisposizione genetica». Le nuove conoscenze saranno importanti soprattutto in relazione allo sviluppo di nuovi farmaci e trattamenti per diabete e obesità.
Ridurre preoccupazioni può allungare la vita fino a 10 anni
PsicologiaVivere meglio significa avere meno pensieri e preoccupazioni, e contribuire ad allontanare l’invecchiamento. Infatti eliminare lo stress può allungare la vita fino a 10 anni.
Questo è quello che un medico ricercatore svedese, Bertil Marklund, afferma nel suo libro in cui spiega come allontanare la vecchiaia, vivere a lungo e migliorare la qualità della vita.
Corpo e mente
Alimentazione ed esercizio fisico sono i primi fattori da non trascurare, ma il libro racchiude un focus particolare sullo spirito e l’atteggiamento positivo con cui affrontare la quotidianità. Bertil Marklund parla di piccole scelte quotidiane che si possono fare per migliorare la qualità della propria vita: dal giusto riposo all’alimentazione, dall’esercizio fisico al rapporto con gli altri. Tutti possono facilmente mettere in pratica almeno qualcuno dei cambiamenti suggeriti in questo libro senza dover stravolgere le proprie abitudini.
Il ricercatore in particolare si focalizza su alcuni punti:
1: percorrere almeno 6-8 chilometri ogni giorno.
2:Bandire il sovrappeso: Marklund propone anche la soluzione di un digiuno di qualche ora, ad esempio tra le 18 di sera e le 12 del giorno seguente.
3: avere pensieri positivi (seguire le proprie passioni): La mente influisce in maniera determinante sulle condizioni di vita.
4: impegnarsi a ridurre lo stress, le preoccupazioni e scegliere di arrabbiarsi di meno.
Troppo seduti fa invecchiare il cervello, non è solo questione di linea. Lo studio
PrevenzioneStare per troppo tempo su una sedia o sul divano può esporre al rischio demenza. La sedentarietà, quindi, non danneggia solo il metabolismo, ma anche il cervello. Ad affermarlo è uno studio dell’Università della California di Los Angeles (UCLA), condotto su persone di mezz’età e su anziani, che ha evidenziato come stare troppo seduti sia associato ad alterazioni morfologiche delle aree cerebrali che hanno il compito di formare nuovi ricordi.
La sedentarietà è un fattore di rischio ormai assodato, per patologie cardio-metaboliche (dall’infarto al diabete) e mortalità precoce, ma lo studio appena pubblicato su Plos One aggiunge un tassello inedito alla lista delle ricadute negative.
Lo studio
Sono stati coinvolti 35 soggetti di età compresa tra i 45 e i 75 anni ai quali è stato chiesto di indicare il livello di attività fisica giornaliero e il numero medio di ore trascorse ogni giorno da seduti, nell’arco della settimana precedente. Tutti sono stati sottoposti a risonanza magnetica ad alta risoluzione, per uno studio in dettaglio del lobo temporale mediale (MTL), regione coinvolta nella formazione dei nuovi ricordi.
I risultati
Stare seduti a lungo rappresenta un predittore importante di assottigliamento del MTL. Un fattore di rischio che non può essere bilanciato neppure dallo svolgere regolarmente attività fisica, anche se ad alti livelli.
Conclusioni
Ora i ricercatori della UCLA hanno in progetto un nuovo studio che possa confermare e dare nuovi dettagli su questa correlazione. Per ora dunque è possibile parlare solo di ‘associazione’ e non di rapporto causa-effetto. L’assottigliamento delle strutture del MTL può rappresentare un precursore del declino cognitivo e della demenza nei soggetti di mezz’età-anziani. Combattere la sedentarietà potrebbe diventare un fattore ancora più importante di prevenzione, soprattutto nei soggetti a rischio demenza.
Promuoviamo salute
Tumore al seno, anche gli uomini sono a rischio
PrevenzioneIl tumore al seno è il più diagnosticato nelle donne, ma può colpire anche gli uomini. Tuttavia è raro e viene diagnosticato in un caso su 100.000 uomini circa.
Questo tipo tumore “si evidenzia soprattutto in età adulta, dopo i 60 anni – spiega il dottor Andrea Sagona, chirurgo senologo dell’Humanitas Cancer Center. “Sebbene con un’incidenza inferiore – sottolinea sulle pagine del sito – una diagnosi di tumore alla mammella può comparire sotto i 45 anni”.
Da una recente ricerca pubblicata su Scientific Reports è emerso che il tumore più diagnosticato (in oltre otto casi su dieci) è quello di tipo duttale. La ricerca ha analizzato i dati relativi a 446 pazienti uomini con tumore al seno. In questa tipologia di tumore, la malattia origina perlopiù dalle cellule dei dotti galattofori, che nell’uomo sono sviluppati in forma rudimentale e che nella donna hanno la funzione di portare il latte dai lobuli al capezzolo.
Cause possibili
I fattori che predispongono all’insorgenza di questo tipo di tumore sono diversi, tra cui le condizioni di alterato metabolismo ormonale con uno sbilanciamento del rapporto fra estrogeni e progesterone che può verificarsi in seguito di patologie del testicolo, cirrosi epatica, obesità, sovraesposizione a sostanze contenenti estrogeni o dall’attività estrogenica, ginecomastia secondaria a farmaci (come per esempio quelli per patologie prostatiche) o un pregresso trattamento radioterapico nell’area della mammella, come nel caso di linfomi. Il rischio aumenta anche in relazione alla familiarità: “Spesso il tumore maschile è legato ad alterazioni genetiche BRCA1 e BRCA2, ai quali è correlato un aumento del rischio di insorgenza di tumore al seno e anche ovarico. Per questo motivo gli uomini che si ammalano di questa patologia devono essere sottoposti al test per individuare eventuali variazioni del corredo genetico, in modo da rendere disponibile l’informazione anche per i famigliari e permettere di eseguire programmi di prevenzione adeguati”, sottolinea il dottor Sagona.
Sintomi
“Nell’uomo, come nella donna, possono essere avvertiti dei noduli, delle tumefazioni, oppure possono manifestarsi sanguinamento e ulcerazione. Diversamente da quanto accade nelle donne, però, nel sesso maschile si manifestano di rado segni come la cute a buccia d’arancia”. Il minor volume del tessuto mammario maschile però rende più semplice l’osservazione della presenza di un nodulo. Inizialmente, il tumore al seno è spesso silente, ne consegue che “in molti i casi i pazienti giungono alle prime visite cliniche già con i linfonodi patologici, ai quali il tumore si sarà già diffuso. Il percorso diagnostico è il medesimo rispetto al tumore al seno femminile, con l’esecuzione di esami come la mammografia, l’ecografia e la biopsia”, ha specificato lo specialista.
Promoviamo salute
Accessibilità: il sistema museale italiano a confronto con il Metropolitan of Art di NY
News PresaRendere il patrimonio culturale accessibile a tutti e valorizzare le buone pratiche italiane e straniere rivolte all’inclusione della disabilità. Si parlerà di questo da mercoledì 18 a venerdì 20 aprile a Castiglion Fiorentino, dove il comune e il Sistema Museale Castiglionese ospitano la tre giorni “Il Sistema museale castiglionese e il Metropolitan Museo of Art di New York: esempi di accessibilità a confronto”. Esperti di importanti realtà nazionali ed internazionali come Marie Clapot, responsabile dell’accessibilità del Metropolitan Museum of Art, Ornella Dossi del MART di Trento e Rovereto, Dino Angelaccio, presidente di ITRA – accessibilità e progetti inclusivi e Maria Chiara Ciaccheri di Musei Senza Barriere dialogheranno insieme e aiuteranno ad approfondire il concetto di accessibilità culturale nel senso più ampio del termine considerato che, accanto alle barriere fisiche di accesso al patrimonio, vi sono quelle sensoriali e di comunicazione che suggeriscono un approccio universale all’accessibilità per migliorare la qualità di vita di tutti i cittadini.
Saranno tre giornate in cui, oltre al dialogo con i massimi esperti dell’accessibilità nei siti culturali, si svolgeranno laboratori e workshop sul tema. Proprio prendendo spunto dagli esempi di tutto il mondo possono nascere nuove pratiche di crescita e innovazione sociale.
promuoviamo salute
Tumore del colon, da Napoli tre studi innovativi
Ricerca innovazioneUno dei tumori in aumento nei paesi occidentali è quello del colon retto. Si tratta di una neoplasia legata a diversi fattori: ambientali, genetici e di stili di vita. Moltissime sono ogni anno le diagnosi, ancor più in aree ad alto inquinamento ambientale, e moltissimi purtroppo sono i decessi. Dal Pascale di Napoli arriva una speranza in più. Nel giro di poche settimane all’Istituto dei tumori di Napoli prenderanno il via tre studi clinici innovativi volti a verificare tre originali strategie terapeutiche sviluppate attraverso la stretta collaborazione tra l’Unità di Farmacologia Sperimentale Oncologica diretta da Alfredo Budillon e l’Unità di Oncologia Clinica Sperimentale dell’addome diretta da Antonio Avallone, con il coinvolgimento della Chirurgia Colonrettale di Paolo del Rio e di quella Epatobiliare di Francesco Izzo.
Il primo studio
Denominato Improve, coinvolgerà più di 10 centri italiani e inizierà l’arruolamento nel giro di pochi giorni. Lo studio esplorerà una nuova modalità di somministrazione dell’anticorpo anti-EGFR panitumumab in associazione alla chemioterapia standard, in pazienti con tumore avanzato in prima linea di trattamento. La finalità della sperimentazione è di impedire al tumore di adattarsi con meccanismi di resistenza al trattamento e, dunque, di migliorarne l’efficacia e al tempo stesso attenuare alcuni effetti collaterali come la tossicità cutanea.
Il secondo studio
Denominato Nicole, comincerà l’arruolamento entro giugno e valuterà per la prima volta l’impatto di un immunoterapico, l’anticorpo anti-PD1 Nivolumab, somministrato prima dell’intervento chirurgico nei tumori del colon localmente avanzati. La finalità della sperimentazione è di evitare la formazione di metastasi a distanza.
Il terzo studio
Denominato Revolution, comincerà l’arruolamento entro l’estate ed è risultato vincitore del prestigioso finanziamento di ricerca finalizzata da parte del Ministero della Salute. Lo studio valuterà, in pazienti con tumore del colon avanzato con mutazione del gene RAS, l’impatto sulla sopravvivenza, di un farmaco generico a basso costo, l’acido valproico, un anticonvulsivante e stabilizzatore dell’umore utilizzato da oltre cinquanta anni, associato al trattamento standard con chemioterapia e anticorpo anti VEGF Bevacizumab. «Con l’avvio di queste sperimentazioni l’Istituto Pascale – dice il direttore generale dell’Irccs di Napoli, Attilio Bianchi – punta ad offrire alla maggioranza dei pazienti con tumore del colon-retto l’opportunità di poter beneficiare di terapie innovative e all’avanguardia. Al tempo questi studi hanno la finalità di implementare la caratterizzazione biologica dei tumore del colon attraverso ricerche che saranno effettuati presso i nostri laboratori, per migliorare e personalizzare sempre di più il trattamento sul singolo paziente».
Sindrome di Brugada, un nemico silente del cuore
Ricerca innovazioneI segreti del cuore. Uno studio del Policlinico San Donato, pubblicato sulla rivista Journal of the American College of Cardiology, affronta (per la prima volta) l’anomalia elettrica alla base della fibrillazione ventricolare e della morte improvvisa in giovani altrimenti considerati sani, ma affetti da Sindrome di Brugada. Questo potrebbe essere il caso di Davide Astori, il capitano della Fiorentina, scomparso improvvisamente e per cause sconosciuto e incomprensibili. Anche se per astori era stata esclusa la sindrome di Brugada.
Nemico silente
Al di là del dramma che ha colpito Davide Astori, il lavoro dell’Irccs dimostra che, indipendentemente dai sintomi, la malattia è presente sin dall’infanzia sulla superficie epicardica del ventricolo destro e il rischio di sviluppare aritmie ventricolari potenzialmente fatali sia presente per tutto l’arco della vita. I problemi della Sindrome di Brugada sono determinati da gruppi di cellule «elettricamente» anomale, raggruppate come isole circondate da tessuto sano. Queste isole assomigliano ad una cipolla, con un cerchio centrale caratterizzato da cellule più aggressive e predisposte a generare un arresto cardiocircolatorio.
Lo studio
Sono stati arruolati sia pazienti sopravvissuti a un arresto cardiaco, sia pazienti con sintomi sfumati. In entrambi i gruppi, le isole di tessuto anomalo sono risultate essere piuttosto simili quando sollecitate dalla somministrazione di ajmalina, farmaco che simula in laboratorio ciò che può accadere durante la vita di questi pazienti: cellule dormienti che all’improvviso durante la febbre o dopo pasto abbondante o durante il sonno, possono «esplodere» generando la completa paralisi elettrica del cuore con conseguente arresto e morte improvvisa. Questo studio, secondo Carlo Pappone, direttore della unità operativa di aritmologia dell’Irccs Policlinico San Donato, dimostra che «i sintomi e l’elettrocardiogramma non sono sufficienti, da soli, ad identificare i pazienti a rischio, poiché spesso il primo sintomo può essere la morte improvvisa». Al Dipartimento di Aritmologia dell’Irccs Policlinico San Donato sono state sviluppate tecnologie innovative in grado di effettuare una mappatura del cuore estremamente accurata. «Si tratta di un software – spiega l’Irccs – in grado di riconoscere in modo automatico la distribuzione delle aree anomale e di particolari sonde in grado di emettere impulsi di radiofrequenza che “ripuliscono come un pennello”, la superficie anomala del ventricolo destro, rendendolo elettricamente normale».