Tempo di lettura: 2 minutiIl caffè aiuta a far passare il mal di testa, ma solo se l’attacco è causato dall’emicrania. A confermarlo è il dottor Vincenzo Tullo, specialista neurologo e responsabile dell’ambulatorio sulle cefalee di Humanitas. Insomma si tratta di una credenza diffusa che ha basi scientifiche, ma riguarda solo alcuni casi. Il caffè svolge un’azione vasocostrittrice che aiuta a ridurre i sintomi dell’emicrania, ma non aiuta in caso di mal di testa – anche nota come cefalea muscolo tensiva – legata più a stili di vita scorretti che non ad una vera e propria patologia. Se si fa un’alimentazione sbagliata con uno stile di vita poco sano, non basta una tazza di caffè per rimettere le cose a posto. In questo caso, infatti, il caffè potrebbe addirittura peggiorare la situazione, facendo aumentare il mal di testa.
Emicrania o Cefalea muscolo-tensiva
L’emicrania colpisce circa il 14-16% della popolazione. La classificazione più recente delle cefalee (2013) distingue le cefalee di tipo primario dalle cefalee di tipo secondario. Tra le cefalee primarie, emicrania e cefalea muscolo-tensiva sono le più comuni.
L’emicrania si manifesta con un dolore unilaterale (ma che può essere anche bilaterale), che dura da 4 a 72 ore, può dare sintomi neurovegetativi come nausea, vomito, fotofobia e fonofobia. Le crisi possono durare anche qualche giorno, influendo sulla qualità di vita.
La cefalea muscolo-tensiva, invece, è il comune mal di testa che dà un dolore di media intensità e non è associato ad altri sintomi. Dura dai 30 minuti ai 7 giorni e può essere legato all’assunzione di posture scorrette, allo stress o una forte stanchezza, inoltre gioca un ruolo anche la predisposizione personale, come nell’emicrania.
Emicrania e caffè
Tuttavia il ricorso al caffè, meglio senza zucchero, non va abusato perché, se da una parte può aiutare a contrastare la vasodilatazione che aumenta l’emicrania, dall’altro può favorire l’insonnia a causa della caffeina e quindi aggravare l’emicrania. In caso di mal di testa, invece del caffè può aiutare assumere una camomilla o una tisana rilassante soprattutto se la causa della cefalea muscolo tensiva è un’arrabbiatura o una situazione di stress.
Quando il mal testa compare la sera, fare una passeggiata prima di andare a dormire può aiutare sia in caso di emicrania che di cefalea muscolo tensiva, ma sempre tenendo conto che nell’emicrania il sollievo per il paziente dipende anche dal non sentirsi costretto a fare nulla che non voglia, sottolinea lo specialista.
Salute del cuore, screening alle elementari
PrevenzioneLa morte improvvisa del capitano della Fiorentina Davide Astori ha riacceso la luce sul tema della prevenzione cardiologica, facendo scattare in molti genitori il desiderio di accertarsi della salute dei propri figli. L’idea che un infarto improvviso possa mettere fine ai sogni e alle speranze di una vita è spaventosa, e lo è ancor più se questo avviene in una persona apparentemente sana.
Screening nelle scuole
A Napoli la prevenzione cardiologica arriva nelle scuole elementari. L’iniziativa è promossa in quattro Istituti che per competenza appartengono alla Asl Napoli 2 Nord ed è il frutto dell’impegno del Rotary Club Porte di Napoli. Le scuole sono la “Antonio de Curtis” di Casalnuovo, “Guglielmo Marconi” di Afragola, “Cilea Mameli” di Caivano e “Giacomo Leopardi” di Sant’Antimo. Gli scolari, durante le ore di lezione (dalle 8.30 alle 16.00) potranno sottoporsi gratuitamente ad una visita cardiologica completa con Ecocardiogramma Color Doppler 2D, elettrocardiogramma e screening aritmico. Misurazione della pressione arteriosa e prelievo di una goccia di sangue dal dito per la valutazione del livello di glicemia. Questo screening permetterà di individuare eventuali problematiche sconosciute fare prevenzione sui bambini che spesso praticano attività sportiva senza conoscere a fondo la propria condizione di salute.
La banca del cuore
In fatto di prevenzione delle malattie cardiovascolari, uno dei progetti più interessanti è quello della Banca del Cuore. Nasce 2015 ed è innovativo e rivoluzionario, ideato dal Dottor Michele Massimo Gulizia, attuale Presidente della Fondazione per il Tuo cuore, che ha ricevuto il sostegno dell’Istituto Superiore di Sanità e la medaglia al merito “per l’alto valore scientifico, assistenziale e sociale” della Presidenza del Consiglio dei Ministri. In pratica la banca del cuore è una “cassaforte” virtuale che custodisce l’elettrocardiogramma con i valori della pressione arteriosa e i dati clinici del cittadino.
Si tratta di fatto del primo grande registro permanente nazionale di elettrocardiogrammi e dati sanitari di area cardiovascolare che, nel rispetto delle normative di tutela sulla privacy, ne prevede la custodia gratuita e prontamente disponibile.
Violenza sui medici, il presidente Scotti: «Picchiate me»
News PresaIn Campania essere un medico dell’emergenza significa rischiare di prenderle. Una situazione che va talmente oltre il “normale” rischio professionale da spingere il presidente dell’Ordine dei Medici a iniziative eclatanti pur di cercare di accendere una luce sul problema. L‘ultimo episodio di violenza risale a pochi giorni fa e ha visto come vittima una dottoressa del 118, presa a calci e sputi da parenti e amici di una coppia finita a terra con lo scooter.
#PicchiateMe
Per far riflettere i decision maker della sanità e della politica e per suscitare una reazione nell’opinione pubblica, il segretario nazionale della Fimmg (nonché presidente dell’Ordine dei Medici di Napoli) Silvestro Scotti ha scelto di scrivere una lettera aperta che dal contenuto molto chiaro, che non a caso lancia l’hashtag #PicchiateMe. «A tutti quelli che pensano che sia giusto picchiare un medico che cerca di fare il proprio dovere nei limiti di un’organizzazione che non dipende da lui, di una logistica che non dipende lui, di una condizione di malattia la cui evoluzione – nonostante il suo impegno – non potrà cambiare, voglio dare un occasione: picchiate me», si legge. «A tutti quelli che considerano che un medico debba essere aggredito perché magari ha assistito al meglio il paziente che ha di fronte (sulla base di regole che impongono di dedicare immediate attenzioni ai casi più gravi per poi passare a tutti gli altri) e che piuttosto credono che debba dedicarsi prima di tutto a loro, perché sono arrivati prima o perché hanno deciso che sono loro i più gravi, dico: picchiate me». Scotti che ben conosce il sacrificio dei colleghi medici e le ansie di quanti ogni giorno cercano di salvare delle vite, mettendo a rischio la propria incolumità, conclude la sua accorata lettera dicendo: «Picchiate me! Anche se forse non sarò l’ultimo, mentre mi starete picchiando, pensate che nel prossimo futuro ce ne saranno sempre di meno a farsi picchiare. Fino al punto di non trovarne nessuno. Allora sì che avrete fatto giustizia, ma di un’unica cosa, del vostro diritto di essere assistiti e curati. E in fondo solo allora capirete che se #PicchiateMe, picchiate voi stessi».
Il precedente
«Pettorina antiproiettile». Nel giugno del 2016 Silvestro Scotti scese in campo con un’iniziativa forte e provocatoria, al fianco dei medici partenopei nella battaglia per dire stop alla violenza nei confronti dei camici bianchi. Le pettorine, stampate come giubbotti antiproiettile, furono distribuite in tutti gli ospedali di Napoli e provincia e agli operatori del 118. Furono loro i testimonial di questa iniziativa di sensibilizzazione che, nelle intenzioni, avrebbe dovuto ridurre il numero di aggressioni. Tutt’ora i medici sono costretti a difendersi dalla violenza dei familiari dei loro pazienti.
Parità di genere. Piccole storie di bambine coraggiose. Il docufilm
News PresaQuattro bambine italiane raccontano i loro sogni e le loro paure: Marta di Bolzano vuole fare l’astronauta, Naomi di Napoli la fumettista , Viola e Zoe di Torino vogliono fondare una rock band al femminile. Sono i sogni delle bambine di oggi, diversi da quelli di una volta, sogni che vanno al di là di ogni tipo di condizionamento sociale. Il docufilm è il ritratto di una nuova generazione più libera, più forte, proiettata alla conquista dei propri sogni fuori dagli stereotipi, che è determinata contro la violenza e la discriminazione.
Il docufilm andrà per la prima volta in onda questa sera su Real Time ed è il nuovo lavoro della regista e scrittrice trentina Katia Bernardi ispirato alle donne. SOGNI IN GRANDE. PICCOLE STORIE DI BAMBINE CORAGGIOSE è prodotto da GiUMa produzioni e sostenuto da Trentino Film Commission, IDM Film Funding, Film Commission Regione Campania in collaborazione con le Pari opportunità della Provincia autonoma di Trento, Valore D e la Torino Piemonte Film Commission.
La regista, dopo il successo di “Funne, le ragazze che sognavano il mare”, film e libro sui sogni della terza età, con questo lavoro, ha rovesciato il principio del non è mai troppo tardi, trasformandolo in “non è mai troppo presto per cominciare a sognare”.
“Anche questa volta – afferma Katia Bernardi – protagonista è la forza, la determinazione, il coraggio dell’universo femminile. Un nuovo innamoramento nello sguardo e nella purezza del meraviglioso mondo di Naomi, Marta, Zoe e Viola, il tempo dell’infanzia dove tutto è e deve essere possibile.“ Le protagoniste raccontano una nuova generazione più consapevole in fatto di parità di genere e più determinata. Quattro storie di bambine coraggiose con le loro sfide e difficoltà quotidiane nel lungo e straordinario cammino verso la realizzazione del proprio sogno.
Alfie sarà curato al Bambino Gesù. Papà del bimbo inglese accolto da Papa Francesco
News PresaAlfie è un bambino inglese di quasi due anni ricoverato a Liverpool per una malattia neurodegenerativa non conosciuta e per il quale i medici hanno stabilito la sospensione delle cure, contro la volontà dei genitori. Thomas Evans, padre del piccolo, non si è arreso ed è volato a Roma per incontrare Papa Francesco prima dell’udienza generale. Al termine dell’udienza in Piazza San Pietro il Pontefice ha pronunciato un appello sul caso del piccolo Alfie e di Vincent Lambert. Appello accolto e oggi l’Ospedale pediatrico Bambino Gesù “è pronto ad accogliere il piccolo Alfie”. La presidente dell’Ospedale, Mariella Enoc, avrebbe infatti incontrato il padre del bimbo. I medici dell’Ospedale della Santa Sede propongono un piano di cure che prevede un supporto per la respirazione e l’alimentazione.
Intanto Angelino Alfano ha auspicato lunedì scorso incontrando Boris Johnson che “sia accolto il desiderio dei genitori di Alfie Evans di trasferire il bambino al Bambin Gesù di Roma, struttura medica di altissimo livello che lo accoglierebbe sulla base di una decisione concordata”. Questo, ha detto, pur ricordando che “Alfie è un cittadino del Regno Unito e l’Italia rispetta le decisioni prese nella cornice della giurisdizione nazionale britannica” e che “il sistema sanitario nazionale britannico e gli standard medici sono tra i più alti del mondo”.
Abbattere le barriere: le storie di sei ragazzi diventati guide museali
News PresaCastiglion Fiorentino (AR) – “Tutti hanno diritto di partecipare alla vita culturale della propria comunità” così ha esordito Marie Clapot, direttore dei progetti speciali del Metropolitan di New York, parlando alla platea che, questa mattina, ha partecipato alla prima delle tre giornate de “Il Sistema museale castiglionese e il Metropolitan Museo of Art di New York: esempi di accessibilità a confronto”. La Clapot ha detto che le persone interessate da disabilità sono tantissime ed è doveroso pensare a loro come parte integrante soprattutto in ambito museale. “Il Metropolitan, ha aggiunto, da oltre trent’anni propone progetti inclusivi per tutte le disabilità e questo ha fatto sì che oggi siamo all’avanguardia nell’annullare le barriere fisiche sì ma, soprattutto, culturali”.
Anche Ornella Dossi, direttore dei progetti educativi al MART di Trento e Rovereto ha derto: “il Museo deve essere un luogo non solo accessibile, ma d’incontro e per questo è necessario e fondamentale creare accoglienza, sia per quanto riguarda le barriere architettoniche ma, soprattutto, nella offerta; così come è fondamentale mettere a disposizione personale formato in grado di dare risposte alle diverse espressioni della disabilità. L’ormai ventennale esperienza – ha concluso – ci ha portato a lavorare con ogni tipo di pubblico dando delle risposte adeguate”.
Tra gli esempi di progetti inclusivi c’è anche quello del Sistema Museale Castiglione che, in collaborazione con la cooperativa Koiné, ha dato la possibilità a sei giovani (in questo primo step) di diventare guide museali: l’accessibilità, quindi, non è altro che dare la possibilità di esprimersi, di relazionarsi e di confrontarsi.
Domani sarà la volta delle scuole superiori: i ragazzi parteciperanno ai laboratori tenuti proprio da Marie Clapot.
Mal di testa: il caffè aiuta oppure no?
PrevenzioneIl caffè aiuta a far passare il mal di testa, ma solo se l’attacco è causato dall’emicrania. A confermarlo è il dottor Vincenzo Tullo, specialista neurologo e responsabile dell’ambulatorio sulle cefalee di Humanitas. Insomma si tratta di una credenza diffusa che ha basi scientifiche, ma riguarda solo alcuni casi. Il caffè svolge un’azione vasocostrittrice che aiuta a ridurre i sintomi dell’emicrania, ma non aiuta in caso di mal di testa – anche nota come cefalea muscolo tensiva – legata più a stili di vita scorretti che non ad una vera e propria patologia. Se si fa un’alimentazione sbagliata con uno stile di vita poco sano, non basta una tazza di caffè per rimettere le cose a posto. In questo caso, infatti, il caffè potrebbe addirittura peggiorare la situazione, facendo aumentare il mal di testa.
Emicrania o Cefalea muscolo-tensiva
L’emicrania colpisce circa il 14-16% della popolazione. La classificazione più recente delle cefalee (2013) distingue le cefalee di tipo primario dalle cefalee di tipo secondario. Tra le cefalee primarie, emicrania e cefalea muscolo-tensiva sono le più comuni.
L’emicrania si manifesta con un dolore unilaterale (ma che può essere anche bilaterale), che dura da 4 a 72 ore, può dare sintomi neurovegetativi come nausea, vomito, fotofobia e fonofobia. Le crisi possono durare anche qualche giorno, influendo sulla qualità di vita.
La cefalea muscolo-tensiva, invece, è il comune mal di testa che dà un dolore di media intensità e non è associato ad altri sintomi. Dura dai 30 minuti ai 7 giorni e può essere legato all’assunzione di posture scorrette, allo stress o una forte stanchezza, inoltre gioca un ruolo anche la predisposizione personale, come nell’emicrania.
Emicrania e caffè
Tuttavia il ricorso al caffè, meglio senza zucchero, non va abusato perché, se da una parte può aiutare a contrastare la vasodilatazione che aumenta l’emicrania, dall’altro può favorire l’insonnia a causa della caffeina e quindi aggravare l’emicrania. In caso di mal di testa, invece del caffè può aiutare assumere una camomilla o una tisana rilassante soprattutto se la causa della cefalea muscolo tensiva è un’arrabbiatura o una situazione di stress.
Quando il mal testa compare la sera, fare una passeggiata prima di andare a dormire può aiutare sia in caso di emicrania che di cefalea muscolo tensiva, ma sempre tenendo conto che nell’emicrania il sollievo per il paziente dipende anche dal non sentirsi costretto a fare nulla che non voglia, sottolinea lo specialista.
Hiv e pregiudizi, Napoli maglia nera
PrevenzioneEsiste una Napoli che guarda con grande diffidenza, addirittura con odio, a chi è contagiato da Hiv. Questo sentimento striscia in rete, sulle bacheche dei social, e di certo non rappresenta il pensiero della gran parte dei cittadini che vivono all’ombra del Vesuvio. Anche per questo la foto scattata da Voices from the Blogs, start up dell’Università di Milano specializzata nell’analisi delle conversazioni online, ha colto tutti di sorpresa.
Lo studio
In Rete 4 commenti su 10 riferiti a persone con Hiv sono denigratori e dispregiativi. I dati di questa nuova indagine svolta sui Social Network, su Twitter in particolare, sono stati presentati oggi e dimostrano come il pregiudizio contro le persone con Hiv sia ancora molto forte e come a Napoli sia superiore rispetto alla media nazionale anche se in linea con altri grandi città come Roma o Milano. Circa il 40% dei commenti in cui si parla di Hiv e Aids sono infatti denigratori e dispregiativi. Sieropositivo diventa un insulto nella maggior parte dei casi. A Napoli sul totale dei contenuti generati su Twitter a tema Hiv la percentuale che denota uno stigma o pregiudizio è del 23%, più alta di 10 punti rispetto al 13% della media nazionale e leggermente più elevata di Roma e Milano (rispettivamente di 2,8 e 3,2 punti percentuale). L’insulto è nella maggior parte dei casi collegato all’omosessualità o a tematiche legate all’immigrazione.
Combattere lo stigma
Proprio da Napoli partono una serie di iniziative volte a ribadire come Napoli sia dalla parte delle persone con Hiv e che hanno l’obiettivo di sollevare l’attenzione della città, e del Paese, contro il pregiudizio. #HIVnoPregiudizio è l’hashtag lanciato in occasione di questa giornata – che tutti possono usare per esprimere il proprio no al pregiudizio. Tra le iniziative messe in campo da Associazioni di pazienti supportate dal contributo non condizionato di Gilead Sciences, la rappresentazione “Oggi si recita l’Hiv” che si è svolta nella splendida cornice del Teatro Politeama, con il patrocinio del Comune di Napoli, della Regione Campania e del Dipartimento delle Pari Opportunità; si tratta della prima tappa 2018 del progetto “HImoVie”, ideato dall’Associazione Arcobaleno Aids, lo spettacolo teatrale della compagnia Teatrosequenza di Torino, dedicato agli studenti delle scuole medie superiori, è focalizzato sui temi della prevenzione dell’Hiv e delle malattie sessualmente trasmissibili, che ha già ad oggi coinvolto migliaia di adolescenti delle principali città italiane.
Dal Jet Set
Il tema dell’Hiv è tornato sulle pagine di tutti i quotidiani proprio in questi giorni, dopo l’outing di Conchita Wurst che ha dichiarato di essere positiva all’Hiv, virus che ha contratto molti anni fa. Oggi la cantante austriaca segue un trattamento antiretrovirale e grazie ai farmaci la concentrazione di virus nel sangue è sotto al limite di rilevabilità. «Non volevo rendere pubblica questa informazione per diverse ragioni – ha detto – voglio citarne solo un paio qui: la più importante era la mia famiglia, che sapeva e mi ha supportato incondizionatamente dal primo giorno».
Tumore urologico, 38mila italiani over 70 colpiti ogni anno
PrevenzioneNel nostro Paese ogni anno 38mila italiani, con più di 70 anni, scoprono di avere un tumore urologico. Il più frequente è quello alla prostata, anche se ha un minor impatto clinico, soprattutto negli over 80, rispetto al carcinoma del rene e quello della vescica. Se ne parla a Milano al XXVIII Congresso Nazionale della Società Italiana di Urologia Oncologica. Il numero di casi di tumore del rene è aumentato del 7% nell’ultimo quinquennio. E per quello della vescica per il 2020 sono previste oltre 30.300 nuove diagnosi l’anno contro le attuali 27.000.
Fino a sabato la città lombarda ospiterà oltre 600 esperti provenienti da tutta la Penisola per parlare di multidisciplinarità al servizio della terza età. “Le neoplasie uro-genitali rappresentano un quinto di tutte le diagnosi di cancro registrate nel nostro Paese – ha detto Riccardo Valdagni, Presidente Nazionale della Siuro -. Sono patologie tipiche degli over 70, che spesso soffrono anche di ulteriori gravi problemi di salute come diabete, ipertensione o insufficienza renale. Questi pazienti, è importante che siano assistiti da un team multidisciplinare”. Il cancro del rene o della vescica, per esempio, non hanno sintomi specifici, ecco perché è difficile individuarli ai primi stadi.
Negli anziani il rischio di ammalarsi di cancro urologico è di 40 volte più alto rispetto agli under 40 e secondo le ultime previsioni demografiche già nel 2025 un quarto della popolazione italiana avrà più 65 anni. Da qui nasce l’importanza della prevenzione, anche attraverso stili di vita sani. Tabagismo e sovrappeso sono ancora molto diffusi tra gli over 65. In particolare il 57% degli anziani italiani risulta in eccesso di peso e questo determina un aumento del rischio soprattutto del tumore del rene.
Sigarette elettroniche: hanno rischi, ma sono meno tossiche
PrevenzioneAl momento le e-cig sarebbero l’unica alternativa soft alle sigarette normali per chi non riesce a smettere di fumare. Così si pronuncia la Società Italiana di Tossicologia riunita a Bologna in occasione del suo 18° Congresso Nazionale. Le sigarette elettroniche hanno dei rischi, quindi ma ridurrebbero i danni. I dati dicono che milioni di persone non riescono a smettere di fumare, sottolineano in una nota i medici, “le scienze che si occupano di salute non hanno solo il compito di promuovere campagne contro il fumo, ma devono trovare soluzioni emergenziali per contenere il più possibile il danno. E-CIG e sistemi di riscaldamento del tabacco non sono privi di rischi, perché contengono la nicotina, tossica tra l’altro per il sistema cardiovascolare, ma hanno una quantità estremamente bassa di prodotti della combustione. Il fumo di sigaretta produce e veicola nei polmoni (e quindi nel sangue) decine di sostanze cancerogene e particelle solide: le prime risultano ridotte del 90% in E-CIG e sistemi di riscaldamento del tabacco, assenti le altre. La tossicità è quindi ridotta di molto”.
I numeri
Ogni anno sono circa 6 milioni i decessi dovuti al fumo, di cui 600mila per fumo passivo. Si stima che nel XXI secolo saranno 1 miliardo le morti legate al tabacco. Inoltre è tossico anche il fumo “di terza mano”, ovvero il residuo che rimane sui vestiti, sulle tende e sulle superfici in generale. Tre fumatori su quattro, tra quelli consapevoli dei pericoli del tabacco hanno intenzione di smettere, ma solo l’1-3% dei fumatori che ci provano, in un anno, riesce a smettere.
“Le sigarette elettroniche sembrano indurre meno danni sull’organismo, almeno nel breve termine, rispetto alle sigarette tradizionali – continuano gli studiosi – pur constatando che ciò non equivale all’assenza di danni e non permette di fornire rassicurazioni nel lungo termine”, concludono.
Seduti al Pc, ecco perché ne risente il cervello
Ricerca innovazioneSiamo cresciuti sentendoci dire che una mente sana può esistere solo in un corpo sano, ora gli scienziati dell’Università della California di Los Angeles hanno svelato il segreto di questo antico detto. A quanto pare la sedentarietà non aumenta solo il rischio di sviluppare malattie cardiovascolari, ma colpisce anche il cervello. Stare troppo seduti, oltre che aumentare i rischi per il cuore, le probabilità di diabete e di morte prematura, è infatti collegato a cambiamenti in un’area che è fondamentale per la memoria.
Lo studio
Lo studio condotto dai ricercatori della California è stato pubblicato su Plos One. Gli studiosi hanno reclutato 35 persone tra i 45 e i 75 anni. Hanno chiesto informazioni sui loro livelli di attività fisica e sul numero medio di ore al giorno trascorse seduti nella settimana precedente alla ricerca. Ciascuno dei partecipanti è stato poi sottoposto a una risonanza magnetica ad alta risoluzione, che ha fornito uno esame dettagliato del lobo temporale mediale, una regione chiave del cervello coinvolta nella formazione di nuove memorie. L’analisi dei risultati ha permesso di verificare che un comportamento sedentario prediceva l’assottigliamento del lobo temporale mediale e la cattiva notizia era anche che l’attività fisica, pur se a livelli elevati, era insufficiente per compensare gli effetti dannosi dello stare seduti per periodi prolungati.
Prospettive di cura
La speranza dei ricercatori è di seguire un gruppo di persone per una durata maggiore, anche per capire quale ruolo potrebbero avere il genere, la razza e il peso nella salute del cervello in relazione alla sedentarietà. L’assottigliamento del lobo temporale mediale può essere un precursore del declino cognitivo e della demenza in adulti di mezza età e anziani e ridurre il comportamento sedentario potrebbe essere quindi secondo i ricercatori un possibile obiettivo per interventi progettati per migliorare la salute del cervello nelle persone a rischio di Alzheimer.