Tempo di lettura: 2 minutiAvere like e visualizzazioni è diventata quasi un’ossessione. Fino ad essere pericoloso, specie quando si parla di adolescenti, facili prede delle mode. I giovani sul web sono pronti a sfidarsi a colpi di video da postare online, l’obiettivo è farli diventare in poco tempo virali e super cliccati. Tra le ultime tendenze sul web c’è una challenge, che ancora non ha preso piede in Italia: si chiama Bird Box Challenge (dal nome di un film).
Da dove arriva la Bird Box Challenge?
Dopo l’uscita del film “Bird Box”, dal genere horror post-apocalittico prodotto dalla piattaforma Netflix, in tanti hanno iniziato a replicare le azioni dei personaggi che all’interno della trama, cercano di salvarsi da entità fantastiche capaci di indurli ad uccidersi, con un semplice contatto visivo. Nel film, quindi, i protagonisti girano con gli occhi coperti, per non rischiare di essere spinti al suicidio. Proprio perché gli attori si muovono bendati è nata la Bird Box Challenge: una sorta di “gioco” imitativo che ha portato tante persone, tra cui bambini e ragazzi, a postare sui social video bendati, mentre camminano in casa, per strada o addirittura mentre guidano una macchina. Un gioco rischiosissimo, tanto che anche Netflix, tramite Twitter, ha chiesto di fermare questa challenge. Nei video postati su internet, però, appaiono anche molti adulti: “come se ci si dimenticasse della potenza educativa dell’esempio e del ruolo degli adulti che sono sempre più adultescenti” commenta la psicoterapeuta Maura Manca, Presidente dell’Osservatorio Nazionale Adolescenza.
“I ragazzi sono attratti da questo tipo di film o di serie tv horror, che richiamano a temi spaventosi e macabri perché sono adrenalinici e vengono vissuti come una sfida con se stessi. Il problema è che poi sul web i filmati e le sfide, ispirati a film che hanno già molto successo, attecchiscono con facilità e divengono virali in poco tempo”.
“Oggi – continua l’esperta – i ragazzi rischiano di esagerare e di andare oltre quello che è l’input iniziale e, pur di apparire, cercano la soluzione più estrema e più originale per ricevere approvazione e dimostrare il proprio coraggio, mettendo a repentaglio la propria salute e anche la propria vita”.
Il ruolo degli adulti
Secondo la psicologa è necessario filtrare tutti i contenuti perché i ragazzi, non avendo ancora una capacità critica sviluppata, sono facilmente influenzabili e condizionabili.
Tuttavia, la rete è solo il mezzo di diffusione: i social, le serie tv, i programmi non sono la causa, ma il problema è legato al fatto che, troppo spesso, vengono sottovalutati gli effetti sulla psiche e sui comportamenti dei ragazzi.
“Per prevenire questi comportamenti rischiosi – spiega l’esperta – gli adulti di riferimento, per prima cosa devono essere consapevoli dell’esistenza di questi fenomeni, conoscerne il funzionamento, monitorare i contenuti che i ragazzi guardano quotidianamente in modo tale da educarli e aiutarli a interiorizzare gradualmente il concetto di rischio, per evitare che siano eccessivamente influenzabili“.
Bird Box Challenge, rischiare la vita in una sfida a chi stupisce di più il web
PsicologiaAvere like e visualizzazioni è diventata quasi un’ossessione. Fino ad essere pericoloso, specie quando si parla di adolescenti, facili prede delle mode. I giovani sul web sono pronti a sfidarsi a colpi di video da postare online, l’obiettivo è farli diventare in poco tempo virali e super cliccati. Tra le ultime tendenze sul web c’è una challenge, che ancora non ha preso piede in Italia: si chiama Bird Box Challenge (dal nome di un film).
Da dove arriva la Bird Box Challenge?
Dopo l’uscita del film “Bird Box”, dal genere horror post-apocalittico prodotto dalla piattaforma Netflix, in tanti hanno iniziato a replicare le azioni dei personaggi che all’interno della trama, cercano di salvarsi da entità fantastiche capaci di indurli ad uccidersi, con un semplice contatto visivo. Nel film, quindi, i protagonisti girano con gli occhi coperti, per non rischiare di essere spinti al suicidio. Proprio perché gli attori si muovono bendati è nata la Bird Box Challenge: una sorta di “gioco” imitativo che ha portato tante persone, tra cui bambini e ragazzi, a postare sui social video bendati, mentre camminano in casa, per strada o addirittura mentre guidano una macchina. Un gioco rischiosissimo, tanto che anche Netflix, tramite Twitter, ha chiesto di fermare questa challenge. Nei video postati su internet, però, appaiono anche molti adulti: “come se ci si dimenticasse della potenza educativa dell’esempio e del ruolo degli adulti che sono sempre più adultescenti” commenta la psicoterapeuta Maura Manca, Presidente dell’Osservatorio Nazionale Adolescenza.
“I ragazzi sono attratti da questo tipo di film o di serie tv horror, che richiamano a temi spaventosi e macabri perché sono adrenalinici e vengono vissuti come una sfida con se stessi. Il problema è che poi sul web i filmati e le sfide, ispirati a film che hanno già molto successo, attecchiscono con facilità e divengono virali in poco tempo”.
“Oggi – continua l’esperta – i ragazzi rischiano di esagerare e di andare oltre quello che è l’input iniziale e, pur di apparire, cercano la soluzione più estrema e più originale per ricevere approvazione e dimostrare il proprio coraggio, mettendo a repentaglio la propria salute e anche la propria vita”.
Il ruolo degli adulti
Secondo la psicologa è necessario filtrare tutti i contenuti perché i ragazzi, non avendo ancora una capacità critica sviluppata, sono facilmente influenzabili e condizionabili.
Tuttavia, la rete è solo il mezzo di diffusione: i social, le serie tv, i programmi non sono la causa, ma il problema è legato al fatto che, troppo spesso, vengono sottovalutati gli effetti sulla psiche e sui comportamenti dei ragazzi.
“Per prevenire questi comportamenti rischiosi – spiega l’esperta – gli adulti di riferimento, per prima cosa devono essere consapevoli dell’esistenza di questi fenomeni, conoscerne il funzionamento, monitorare i contenuti che i ragazzi guardano quotidianamente in modo tale da educarli e aiutarli a interiorizzare gradualmente il concetto di rischio, per evitare che siano eccessivamente influenzabili“.
Diario alimentare fa perdere il doppio del peso. Lo studio
AlimentazioneDopo le abbuffate di Natale è il momento di ritrovare l’equilibrio a tavola. Se l’obiettivo è perdere peso, tra attacchi di fame, diete yo yo e allenamenti sbagliati, la strada non è sempre facile. Secondo gli esperti, ogni dieta inizia dalla testa. Il primo passo è lavorare sulla motivazione. Che sia per se stessi o per compiacere qualcun altro, nel primo caso si avranno molte più probabilità di ottenere risultati. Il secondo passo è fissare degli obiettivi intermedi per non perdere la motivazione. Per esempio perdere solo 1/3 dei chili totali che si vuole perdere potrebbe essere il primo obiettivo. Inoltre è importante festeggiare ogni traguardo e avere consapevolezza di ciò che viene consumato, aiutandosi con un diario alimentare.
Un altro importante fattore è il divertimento. Non è necessario correre 10 km al giorno o rinunciare a mangiare qualsiasi dolce, per poi pensarci tutto il giorno. Meglio percorrere distanze più corte, ma più volte alla settimana e variare la routine di allenamento, facendo per esempio nuoto o ballo. Se non ci si sente in condizioni di correre, camminare è alla portata di tutti. Inoltre, concedersi ogni tanto delle piccole concessioni, risponde a un bisogno di ricompensa e aiuta a perseguire risultati più a lungo termine.
L’importanza del diario alimentare
Uno studio del Kaiser Permanente’s Center for Health Research ha stabilito che si perde il doppio del peso se si usa un diario alimentare. Per fare una prova, basta chiedersi cosa si è mangiato durante il giorno o quante calorie liquide sono state assunte. Sarà molto difficile ricordarsi tutto nei dettagli e tenere sotto controllo l’apporto calorico per creare un deficit (calorie bruciate devono essere maggiori delle calorie assunte). È importante, quindi, conoscere meglio le proprie abitudini alimentari segnando ogni pasto nel diario alimentare. Secondo gli esperti, questo sistema pemette di correggere anche le cattive abitudini.
Diario alimentare fa perdere il doppio del peso. Lo studio
AlimentazioneDopo le abbuffate di Natale è il momento di ritrovare l’equilibrio a tavola. Se l’obiettivo è perdere peso, tra attacchi di fame, diete yo yo e allenamenti sbagliati, la strada non è sempre facile. Secondo gli esperti, ogni dieta inizia dalla testa. Il primo passo è lavorare sulla motivazione. Che sia per se stessi o per compiacere qualcun altro, nel primo caso si avranno molte più probabilità di ottenere risultati. Il secondo passo è fissare degli obiettivi intermedi per non perdere la motivazione. Per esempio perdere solo 1/3 dei chili totali che si vuole perdere potrebbe essere il primo obiettivo. Inoltre è importante festeggiare ogni traguardo e avere consapevolezza di ciò che viene consumato, aiutandosi con un diario alimentare.
Un altro importante fattore è il divertimento. Non è necessario correre 10 km al giorno o rinunciare a mangiare qualsiasi dolce, per poi pensarci tutto il giorno. Meglio percorrere distanze più corte, ma più volte alla settimana e variare la routine di allenamento, facendo per esempio nuoto o ballo. Se non ci si sente in condizioni di correre, camminare è alla portata di tutti. Inoltre, concedersi ogni tanto delle piccole concessioni, risponde a un bisogno di ricompensa e aiuta a perseguire risultati più a lungo termine.
L’importanza del diario alimentare
Uno studio del Kaiser Permanente’s Center for Health Research ha stabilito che si perde il doppio del peso se si usa un diario alimentare. Per fare una prova, basta chiedersi cosa si è mangiato durante il giorno o quante calorie liquide sono state assunte. Sarà molto difficile ricordarsi tutto nei dettagli e tenere sotto controllo l’apporto calorico per creare un deficit (calorie bruciate devono essere maggiori delle calorie assunte). È importante, quindi, conoscere meglio le proprie abitudini alimentari segnando ogni pasto nel diario alimentare. Secondo gli esperti, questo sistema pemette di correggere anche le cattive abitudini.
Spugna in 3D per ripulire il sangue dopo la chemio
Ricerca innovazioneRipulire il sangue dai farmaci chemioterapici grazie ad una piccolissima spugna stampata in 3D. E’ uno di quei casi nei quali la scienza e la medicina, combinandosi in maniera incredibile, sembrano superare la fantascienza dei film di Hollywood. A sperimentare questa incredibile soluzione sono stati alcuni ricercatori dell’università della California di Berkeley, l’obiettivo è naturalmente quello di rendere meno tossico per il corpo la terapia contro i tumori.
Filtro speciale
Come si legge sulla rivista Acs Central Science, la piccolissima spugna viene sistemata chirurgicamente dentro una vena, dove rimuove dal flusso sanguigno l’eccesso di farmaci chemioterapici, una volta che hanno attaccato il tumore. Viene stampata in 3D e quindi può essere adattata al paziente, ed è ricoperta da uno strato speciale che assorbe il farmaco ma lascia fluire il sangue senza problemi. La speranza è che possa evitare alcuni effetti collaterali della chemio, come la nausea e la perdita di capelli. Finora è stata testata sui maiali, in cui è riuscita a rimuovere dal sangue il 64% di un farmaco, e non dovrebbe avere perdite una volta che viene tolta dal corpo. Andrebbe inserita durante la chemioterapia e rimossa alla fine di ogni sessione. I ricercatori guidati da Nitash Balsara vogliono sperimentarla presto sull’uomo, perché i primi risultati sono promettenti. Il che, se tutto va bene, potrebbe accadere in un paio d’anni.
Effetti collaterali
Per quanto, soprattutto sul web, esistono correnti di pensiero che disconoscono l’effetto terapeutico della chemioterapia (peraltro lo fanno senza alcun fondamento scientifico), il trattamento può salvare la vita, perché utilizza farmaci capaci di distruggere le cellule che proliferano attivamente, come quelle tumorali, bloccando così la progressione e la diffusione della malattia. Alcune cellule del nostro corpo condividono con le cellule tumorali una caratteristica: la capacità di crescere molto rapidamente. Per questo i farmaci chemioterapici, che agiscono sulla capacità delle cellule di moltiplicarsi, possono distruggere anche alcune cellule sane che si riproducono con altrettanta rapidità. Tra queste ci sono le cellule del sangue, quelle dei follicoli piliferi, le cellule che rivestono la bocca, lo stomaco e l’intestino, e quelle degli organi riproduttivi. Tra gli effetti collaterali della chemioterapia vi sono la perdita di capelli, l’anemia, la stanchezza, la nausea, il vomito, la diarrea, le infezioni, la formazione di lividi o piccole emorragie e anche problemi di tipo cognitivo (“chemo brain”). Ecco perché, riuscire a ripulire il sangue a seguito del trattamento sarebbe un risultato straordinario.
Bullismo provoca danni alla struttura fisica del cervello
News Presa, PrevenzioneLe vittime del bullismo non subiscono solo danni psicologici, ma hanno un aumento delle possibilità di soffrire di disturbi mentali in futuro. Oggi la scienza ha dimostrato per la prima volta come possa addirittura subire delle modifiche anche la struttura fisica del cervello. La scoperta è stata presentata da uno studio internazionale coordinato dal King’s College di Londra, che ha dimostrato come ci possano essere differenze strutturali fisiche nel cervello degli adolescenti. Inoltre, il bullismo, secondo i ricercatori, farebbe aumentare le possibilità di soffrire di disturbi mentali in momenti successivi della vita.
Lo studio
Dalla ricerca, pubblicata sulla rivista Molecular Psychiatry, emerge come le vittime dei bulli presentino una diminuzione del volume di alcune parti del cervello. In particolare, sono stati analizzati il nucleo caudato e il putamen (che insieme formano lo striato dorsale) ed è emerso come arrivino a restringersi a seguito delle continue angherie subite dai bulli. La ricerca ha coinvolto 682 giovani di Inghilterra, Irlanda, Francia e Germania: a 14, 16 e 19 anni hanno dovuto compilare questionari sugli eventuali episodi di bullismo di cui erano stati vittime. Sono in tutto 36 i casi in cui sono state accertate forme di bullismo cronico. Le conclusioni della ricerca sono arrivate grazie anche ad alcune scansioni cerebrali ad alta risoluzione (fatte a 14 e 19 anni) e a uno studio sui livelli di depressione, ansia e iperattività.
Gli studi precedenti
In passato altre ricerche scientifiche avevano fatto emergere il legame tra bullismo e problemi di salute mentale. Tra le più recenti c’è lo studio canadese della McGill University, che ha dimostrato un rischio raddoppiato, tra le vittime di bullismo, di poter avere sintomi depressivi e un rischio triplicato di casi d’ansia. La modifica fisica della struttura del cervello individuata dai ricercatori internazionali coordinati dal King’s College di Londra spiegherebbe la relazione tra le vittime di bullismo e alti livelli di ansia che sono stati individuati tra i giovani di 19 anni. La motivazione risiederebbe anche in un’incapacità di elaborazione emotiva legata ai cambiamenti strutturali.
Accumulatori compulsivi digitali, è una malattia
PsicologiaCome nella vita reale, anche nel mondo digitale c’è chi non riesce a sbarazzarsi di vecchie cose ormai inutili. E se dal vivo si traduce nell’occupare spazio in casa con cartoline ricordo, vestiti che non vengono indossati più da decenni e bigliettini di auguri degli ultimi 20 anni, per gli accumulatori compulsivi digitali si tratta di vecchie mail, foto o documenti ormai in disuso. Non ci sarebbe nulla di male – a parte il limite di gigabyte sul computer – se non fosse che secondo alcuni ricercatori, si tratterebbe di una vera e propria patologia in certi casi (il ‘digital hoarding’). Lo affermano due studiosi dell’australiana Monash University in uno studio presentato all’International Conference on Information Systems di San Francisco.
Lo studio
I ricercatori hanno somministrato a circa 850 persone dei questionari simili a quelli utilizzati per diagnosticare gli accumulatori compulsivi. È stato analizzato il livello di stress provocato dal pensiero di dover cancellare dei contenuti. “L’analisi – scrivono Darshana Sedera e Sachithra Lokuge, i due ricercatori coinvolti – ha rivelato che l’accumulo seriale digitale, simile a quello ‘tradizionale’, può causare alti livelli di stress personale”.
Più a rischio le donne
Secondo gli autori, il problema riguarda maggiormente la fascia di età tra 20 e 30 anni e colpisce di più le donne, che sembrano avere più difficoltà nel liberarsi del materiale digitale inutile. Inoltre, nel mondo digitale ci sono molti meno problemi di spazio, a differenza dell’accumulo seriale ‘reale’. Il livello di stress, infatti, è risultato essere indipendente dallo spazio di memoria a disposizione delle persone.
Alzheimer, la malattia negli errori del linguaggio
Ricerca innovazioneAlzheimer, dall’analisi linguistica la possibilità di individuare precocemente i primissimi segni della malattia. Sembra fantascienza, è realtà. I segnali della malattia sono infatti nascosti tra le pieghe del linguaggio parlato, o meglio in alcuni piccoli errori che si commettono quando si parla. Così, grazie a particolari tecniche di analisi linguistica e a sofisticati software, potrebbe essere possibile individuare precocemente i segnali della malattia. Lo rivela uno studio frutto della collaborazione dell’Università di Bologna e dell’Unità di Neuropsicologia clinica dell’Arcispedale Santa Maria Nuova Ircss di Reggio Emilia co-finanziato dal Miur.
Approccio combinato
Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Frontiers in Aging Neuroscience. Gli studiosi sono riusciti a individuare specifiche alterazioni nell’uso della lingua parlata in pazienti che presentano i primi segni di deterioramento cognitivo. Un metodo che potrebbe anticipare di molto il riconoscimento dell’insorgere della malattia e consentire di attivare così per tempo misure terapeutiche adeguate ad alleviare l’impatto nella vita quotidiana. Il lavoro utilizza un approccio combinato, unendo dunque neuroscienza e linguistica, applicando strumenti di analisi del linguaggio a un problema medico urgente come il riconoscimento precoce del decadimento cognitivo.
Lo studio
Nello studio clinico sono stati coinvolti 96 partecipanti, metà dei quali con segni di deterioramento cognitivo lieve (quello che viene definito “mild cognitive impairment”), una condizione che può precedere l’insorgere del morbo di Alzheimer. Durante l’esperimento, a ogni partecipante è stato chiesto di descrivere a parole prima i dettagli di un’immagine, poi una loro tipica giornata di lavoro e infine l’ultimo sogno che ricordavano. I risultati hanno convinto i ricercatori che nelle persone con la malattia in stato primordiale si presentano piccolissimi errori ricorrenti del linguaggio. Non è difficile comprendere come questa scoperta possa aprire a scenari di grandissimo impatto per la diagnosi precoce e quindi per la terapia (seppur conservativa) dei pazienti. Probabilmente, grazie all’impego dell’intelligenza artificiale sarà anche possibile essere coadiuvati nella diagnosi proprio da un software capace di apprendere. Ma questo è chiaramente uno scenario lontano da venire. Al momento ciò che veramente conta è l’aver fatto un passo in più nella comprensione della malattia di Alzheimer.
Disturbi alimentari, identikit di una generazione a rischio
AlimentazioneSempre di più, molto spesso di sesso femminile e sempre più di giovanissima età. E’ l’identikit dei ragazzi che in Italia soffrono di disturbi alimentari, anoressia e bulimia in testa. Un dato allarmante, anche perché ormai questi problemi riguardano anche bambini che hanno appena 11 anni e in alcuni casi, secondo i pediatri, addirittura in bambine di soli 8 anni.
Il corpo “perfetto”
A sentire gli esperti, l’età di esordio più frequente per anoressia e bulimia è tra i 15 e i 25 anni, anche se sono in aumento i casi dagli 11 ai 12 anni. Rifiuto del cibo o, al contrario, grandi abbuffate restano i problemi più frequenti. Ma, spiega Annalisa Venditti, psicologa esperta dei disturbi del comportamento alimentare presso il Gruppo INI-Istituto Neurotraumatologico Italiano «ad essere in aumento è anche la risposta maschile della “vigoressia”, ovvero l’ossessione di un fisico prestante». La causa? Un profondo disagio personale che trasforma la voglia di essere magri e “belli” in una vera e propria malattia, aggravata dall’utilizzo dei social, che facilitano confronti con modelli di bellezza irraggiungibili.
I disturbi
L’anoressia e bulimia, legate al controllo del peso (nel primo caso una restrizione patologica alimentare che porta ad un forte dimagrimento e nel secondo con mangiate incontrollate a cui seguono condotte compensative quali vomito, abuso di lassativi/diuretici e sport estremo) sono i più diffusi, soprattutto per le donne. Stanno però aumentando le forme miste, in cui si passa dall’anoressia nervosa alla bulimia nelle diverse fasi della vita, e il disturbo da alimentazione incontrollata (binge eating disorder), una sorta di bulimia senza comportamenti di compenso che porta frequentemente all’obesità: è stimato che circa il 30% degli obesi sia affetto da questo disturbo. Qual è dunque l’identikit della persona che ha problemi con il cibo? I disturbi alimentari, ribadisce Venditti «colpiscono più le donne, l’esordio è più frequente nell’adolescenza ma l’età si sta abbassando, già con l’ingresso nella scuola media».
Sempre più al maschile
A quanto pare il problema, ed è questa una delle maggiori novità, è in aumento anche negli uomini. La vigoressia, o anoressia reversa, è una forma di dismorfismo corporeo che porta la persona ad una continua ossessione per il tono muscolare, l’allenamento, una dieta ipocalorica e iperproteica, a cui spesso si aggiunge l’uso di sostanze illegali per raggiungere tale obiettivo. Tanti possono essere i campanelli d’allarme, avverte la psicologa: «Un improvviso controllo estremo del cibo con paura di ingrassare, difficoltà a mangiare con gli altri, bassa autostima, attività fisica eccessiva, scomparsa di grandi quantità di cibo e ritrovamento di cibo in posti anomali come camera da letto o armadi, rituali alimentari particolari, estrema selettività alimentare».
Fernando Aiuti, è morto l’immunologo anti Aids
News PresaEra il 1991 quando, con un bacio ad una paziente affetta da Hiv (Rosaria Iardino), aveva dimostrato al mondo intero che il virus non poteva trasferirsi in quel modo. Oggi l’immunologo Fernando Aiuti, pioniere della ricerca e della lotta contro l’Aids è morto. Era ricoverato al Policlinico Agostino Gemelli di Roma. La Procura di Roma ha aperto un fascicolo sulla morte del’immunologo Fernando Aiuti in cui non si esclude l’ipotesi del suicidio.
Il comunicato
«Il Professore – recita un comunicato del Policlinico – era ricoverato presso il reparto di Medicina Generale della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS per il trattamento di una grave cardiopatia ischemica da cui era da tempo affetto e che lo aveva già costretto ad altri ricoveri e a trattamenti anche invasivi. Più recentemente il quadro cardiologico si era aggravato evolvendo verso un franco scompenso cardiaco, in trattamento polifarmacologico. La morte è sopravvenuta per le complicanze immediate di un trauma da caduta dalla rampa delle scale adiacente il reparto di degenza».
Il post del ministro Grillo
«La scienza oggi piange un grande uomo: la scomparsa dell’immunologo Fernando Aiuti, punto di riferimento mondiale per la lotta all’Aids, mi rattrista molto. Sono certa che il suo grande impegno vivrà attraverso il lavoro di Anlaids». Così il ministro della Salute, Giulia Grillo, commenta su twitter la scomparsa del celebre medico oggi a Roma, postando anche una foto del bacio che Aiuti si scambiò con Rosaria Iardino con l’obiettivo di combattere lo stigma delle persone sieropositive.
Fernando AiIl suo impegno
Tra i tanti meriti, quello di aver portato contributi originali alla conoscenza dei linfociti T nell’uomo, ai meccanismi delle malattie allergiche, alla diagnosi e terapia delle Immunodeficienze, delle malattie autoimmuni e linfoproliferative. Negli ultimi anni si è occupato degli aspetti immunologici e terapeutici dell’Aids. La sua attività si è rivolta anche alla prevenzione dell’Aids e alla lotta alla droga in Italia, attraverso conferenze ai giovani, dibattiti in Tv, articoli sui giornali e partecipazioni come esperto a vari organi consultivi dello Stato. E’ stato lui a fondare e presiedere l’Associazione Nazionale per la lotta contro l’Aids, Onlus che opera nel campo della ricerca, assistenza e prevenzione dell’Aids. E’ stato membro della Commissione Nazionale per la Lotta contro l’Aids del Ministero della salute ed è stato membro della Commissione contro la droga del Ministero della Pubblica istruzione (dal 1990 al 1993). Dal 1993 è anche stato membro della Commissione per i fondi della ricerca Aids del Ministero della Sanità. Il professor Aiuti è stato inoltre presidente della Commissione della Didattica per la Facoltà di Medicina e Chirurgia della Sapienza per il triennio 1987-1990.
Neurochirurgia della mano, l’ecografia è il terzo occhio del medico
Ricerca innovazioneL’ecografia è il “terzo occhio” del medico. Nelle procedure invasive guida il medico nell’esecuzione delle infiltrazioni alla mano, minimizzando i rischi. Lo hanno spiegato i ricercatori della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS – Università Cattolica, coordinati dal professor Luca Padua. Gli studiosi hanno realizzato un riepilogo delle evidenze scientifiche emerse dai vari studi, pubblicato in forma di lettera sulla prestigiosa rivista New England Journal of Medicine (redatta dal professor Padua e dai dottori Daniele Coraci e Claudia Loreti).
L’ecografia è un mezzo per studiare le diverse strutture corporee, incluso il sistema nervoso periferico. In questo caso, l’ecografia richiede molta esperienza da parte del medico, ma permette di valutare con precisione e in maniera non invasiva, la morfologia delle strutture, ottenendo informazioni in caso di neuropatie.
Utilizzo in ambito clinico
Nel caso di interventi chirurgici, l’ecografia può essere usata per conoscere bene la condizione anatomica del nervo e delle strutture circostanti in fase pre-operatoria, ovvero “a cielo chiuso”. Questo permette di pianificare l’intervento con più sicurezza. Un approccio utile nei casi di ricostruzione chirurgica o nei casi di anestesia locale, dove il nervo è la struttura target per ottenere una anestesia efficace. Riguardo quest’ultima procedura se eseguita “alla cieca”, essa può risultare inefficace (quando il posizionamento dell’ago da anestesia è errato) o provocare effetti collaterali (legati per esempio a una somministrazione dell’anestetico in un vaso).
I numeri
Ogni anno i traumi dell’arto superiore sono oltre un milione e la giusta esecuzione di un intervento risulta, spesso, essenziale per la qualità di vita di un paziente. Il gruppo del professor Padua spiega che questa metodica è in grado di “vedere” anche strutture nervose molto piccole a livello della mano, scoprire la presenza di eventuali anomalie strutturali (come decorsi irregolari di nervi o vasi sanguigni) e comprendere le relazioni anatomiche tra un nervo e le strutture a esso vicine, come i muscoli. Oggi, l’utilizzo del supporto ecografico in questo tipo di interventi è limitato solo ai centri altamente specializzati in quanto ancora di recente introduzione e richiede un’elevata esperienza da parte del medico. L’auspicio degli esperti è che sempre di più ci si avvalga di questa metodica nello svolgimento di operazioni neurochirurgiche agli arti.