Nel mondo, le vaccinazioni prevengono ogni anno fino a 3 milioni di decessi (7.000 al giorno) e ci proteggono da malattie gravi come il morbillo, la polio, la difterite, il tetano, e altre. Grazie alla vaccinazione, il vaiolo è stato eradicato ed il numero di casi di polio nel mondo è diminuito da 350.000 casi nel 1988 a 33 casi lo scorso anno. Il numero di casi di morbillo è drasticamente diminuito e la mortalità per questa malattia ridotta dell’84% dal 2000 (550.000 morti nel 2000, circa 90.000 nel 2016). Il tetano neonatale è stato eliminato e altre malattie gravi, come la difterite, sono diventate rare. Le vaccinazioni, insomma, sono un importante strumento di prevenzione a disposizione della sanità pubblica. Per informare sull’importanza dell’immunizzazione contro malattie gravi e potenzialmente mortali è nata la settimana europea delle Vaccinazioni, in corso ora.
I temi del 2019
Quest’anno la Settimana europea delle Vaccinazioni celebra le persone che lavorano per assicurare che tutti siano protetti contro le malattie prevenibili da vaccinazione (i “vaccine heroes”). Ne fanno parte i ricercatori che aprono nuove strade nel progresso scientifico, i responsabili delle politiche sanitarie che assicurano l’accesso equo alle vaccinazioni, gli operatori sanitari che somministrano i vaccini, i genitori che scelgono di vaccinarsi e di vaccinare i propri figli e tutti coloro che si informano sui vaccini da fonti affidabili e condividono informazioni corrette sulle vaccinazioni.
Le coperture e i rischi
I successi ottenuti grazie ai vaccini, hanno reso le malattie prevenibili con le vaccinazioni sempre meno percepite come un pericolo, e l’attenzione verso l’importanza dell’immunizzazione è diminuita. Negli ultimi due anni, a causa di Coperture Vaccinali (CV) non ottimali, nel mondo si sono verificate diverse epidemie di morbillo e difterite. Da luglio 2016, infatti, è in corso una vasta epidemia di difterite in Venezuela, con oltre 1.500 casi confermati e 270 decessi. Sono inoltre in corso epidemie di morbillo in vari Paesi che avevano precedentemente raggiunto l’eliminazione, sia nella Regione Europea, sia nel resto del mondo. In Italia, nel 2017 e 2018 si è verificata una vasta epidemia di morbillo con oltre 8.000 casi e 13 morti.
Dal 2013 al 2016, è stata registrata in Italia una diminuzione delle coperture vaccinali per diverse malattie prevenibili da vaccino e, nel 2017 è stato pertanto esteso l’obbligo vaccinale da 4 a 10 vaccinazioni. Una decisione nata a seguito della situazione epidemiologica del morbillo (malattia per cui l’Italia ha aderito all’obiettivo OMS di raggiungere l’eliminazione) e per il rischio di ricomparsa di malattie ormai eliminate o sotto controllo in Italia.
Con l’applicazione della Legge sull’obbligo vaccinale, le coperture vaccinali nei confronti delle malattie prevenibili per le quali è previsto l’obbligo sono aumentate già a partire dal 2017. Un ulteriore aumento è stato registrato in una rilevazione straordinaria effettuata nel 2018 nei bambini nati nel 2015, 2014 e 2010. La copertura nei confronti della polio (usata come proxy per le vaccinazioni contenute nel vaccino esavalente) nei bambini nati nel 2015, ha raggiunto nel 2017 il 94,6% a livello nazionale e il 95,5% nel primo semestre del 2018, con un valore superiore alla soglia del 95% (la minima raccomandata dall’OMS) in 13 Regioni. Per quanto riguarda il morbillo, la copertura nazionale nei bambini nati nel 2015, per la prima dose di vaccino contro il morbillo (che si effettua a 12-15 mesi di età) ha raggiunto il 91,8% nel 2017 e 94,2% nei primi sei mesi del 2018 (rispetto a 87,3% nel 2016, nei bambini di 24 mesi di età). La copertura per la seconda dose di vaccino contro il morbillo (che si effettua a 5-6 anni di età), tra i bambini nati nel 2010, è stata 85,7% nel 2017 e 90,1% nel 2018.
Obiettivo morbillo
Il morbillo è altamente contagioso e la sua eliminazione richiede livelli di copertura vaccinale maggiori o uguali al 95% per due dosi di vaccino. I Paesi di tutte le 6 Regioni OMS hanno fissato obiettivi di eliminazione di questa malattia. Nella regione Europea, 37/53 Paesi hanno eliminato il morbillo e sei hanno interrotto la trasmissione dell’infezione per un periodo di almeno 12 mesi. L’Italia rimane uno dei 10 Paesi dove il morbillo è ancora endemico, questo a causa delle scarse coperture vaccinali nel corso degli anni che hanno portato all’accumulo di ampie quote di popolazione suscettibili all’infezione. Per interrompere la trasmissione endemica del morbillo nel nostro Paese, oltre ad aumentare le coperture vaccinali tra i bambini piccoli (prima dose a 12 mesi e seconda dose a 5-6 anni), sono necessarie anche vaccinazioni nelle fasce di età suscettibili, soprattutto giovani adulti nati a partire dalla fine degli anni 70, quando la copertura vaccinale contro il morbillo era molto bassa e si effettuava una sola dose di vaccino. Nel 2017, la copertura vaccinale nei 18enni (nati nel 1999) era solo del 81,2% per la prima dose e 77,7% per la seconda dose.
Tumore, buona muscolatura migliora risposta alla terapia. Lo studio
Ricerca innovazioneUna buona massa muscolare aiuta i pazienti con tumore del polmone non a piccole cellule a rispondere meglio ai trattamenti di immunoterapia. A dimostrarlo è un recente studio giapponese. In altre parole, sviluppare una buona muscolatura potrebbe non avere solo motivazioni estetiche, ma essere anche una strategia efficace per migliorare la risposta ai trattamenti immunoterapici contro il tumore. La ricerca è stata pubblicata sulle pagine della rivista Scientific Reports. I ricercatori giapponesi coordinati da Atsushi Kumanogoh dell’Università di Osaka hanno valutato questo particolare aspetto della terapia oncologica in pazienti con tumore del polmone non a piccole cellule.
“Sappiamo che la cosiddetta sarcopenia, ovvero la perdita di massa muscolare, può influenzare in modo negativo le risposte immunitarie” spiegano gli autori, che nella loro analisi hanno cercato di capire se questa condizione potesse avere un ruolo anche nella risposta all’immunoterapia nei pazienti oncologici. “Ci siamo concentrati in particolare sulla terapia con inibitori di PD-1 coinvolgendo nella nostra ricerca 42 pazienti con tumore del polmone non a piccole cellule in stadio avanzato” aggiungono i ricercatori, ricordando che lo scopo di questa terapia è spingere il sistema immunitario del paziente ad attaccare e distruggere il tumore.
In conclusione, l’analisi ha messo in luce che, a un anno dal trattamento, la percentuale di pazienti senza sarcopenia che ancora risultava anche senza malattia era del 38 per cento, contro il 10 per cento dei pazienti in cui era stata riscontrata perdita di muscolatura all’inizio del trattamento. Più lunghi anche i tempi prima della ripresa della malattia: 6,8 mesi senza sarcopenia e 2,1 con sarcopenia.
“Il dato emerso da questo studio potrebbe aiutare a individuare in anticipo quei pazienti con maggiore probabilità di rispondere bene al trattamento” scrivono gli esperti, che poi concludono: “Visto che la sarcopenia è una condizione molto comune nei pazienti oncologici, è importante mettere in campo trattamenti per prevenirla o almeno ridurla, in modo da migliorare anche la risposta ad alcune terapie antitumorali.”
Milk-sharing, torna la condivisione del latte materno, rischio acquisti dal web
AlimentazioneLa condivisione del latte materno un tempo era una pratica comune, c’erano le cosiddette nutrici che oggi non esistono più. Tuttavia, c’è una nuova tendenza diffusa che oggi viene definita con il termine milk sharing. I rischi, però, sono dietro l’angolo. Sempre più spesso, infatti, il latte di altre madri viene acquistato attraverso il web, dove viene messo in vendita in modo non sicuro. Il dato emerge da un’analisi presentata in occasione del Meeting annuale delle Pediatric Academies Societies(PAS), in corso a Baltimora, negli Stati Uniti. Per millenni, la figura della nutrice è stata la forma alternativa più sicura e popolare di nutrizione di lattanti che non potevano essere allattati dalla propria madre. Le prime tracce risalgono al 2000 a.C. Negli anni poi, questa pratica salvavita, è diventata una professione. Sono nate apposite leggi e contratti che ne regolavano le modalità e i requisiti medici. Durante il 19/mo secolo anche a seguito dei dubbi per l’effetto sul legame mamma-bambino e il rischio di trasmissione di malattie questa figura è andata perdendosi. Oggi si assiste a una rinascita della condivisione del latte materno, grazie a donne che ne producono più del necessario e lo vendono online. Questi scambi però sono privi dei regolamenti e degli esami medici che una volta vigevano, mettono in guardia i ricercatori del Cohen’s Children Medical Center di New York. “La condivisione del latte non regolamentata via Internet presenta problemi di sicurezza e va scoraggiata”, precisa Ruth Milanaik, una delle autrici della ricerca. “I medici – prosegue – dovrebbero essere consapevoli del risorgere di questa pratica e incoraggiare la condivisione del latte attraverso apposite banche”.
Organi e tessuti: come avviene la donazione?
News PresaOltre 670mila persone nel mondo vivono grazie ad un trapianto di rene, 149mila di fegato, 73mila di cuore e 30mila di pancreas. Ma come e da chi viene gestito il processo dalla donazione al trapianto? In occasione della settimana di sensibilizzazione per la donazione di organi e tessuti, al Policlinico Umberto I di Roma si è tenuta una giornata informativa curata dal Coordinamento Aziendale Donazione Organi e Tessuti.
A dicembre 2018 è stata registrata una riduzione per la terza volta consecutiva del numero di pazienti in lista di attesa per il trapianto di organi, tuttavia “c’è ancora molto da fare” spiegano gli organizzatori sia per combattere la disinformazione, sia per informare sull’importanza di manifestare per tempo la propria volontà, sia per ridurre ulteriormente le liste di attesa.
In Italia – precisa il Centro Nazionale Trapianti – tutte le donazioni sono effettuate in strutture accreditate e sotto il controllo dei Centri di coordinamento regionali e nazionali, seguendo specifici protocolli che prevedono il coinvolgimento di molti specialisti in ciascun processo. “Tutti possono essere donatori di organi e, o solo, di tessuti – spiega Prof. Gustavo Spadetta, Responsabile Coordinamento Aziendale Donazione Organi e Tessuti – quindi tutti possono iscriversi nel Registro dei donatori”:
Non c’è un limite di età. “Persone anziane, ad esempio, possono avere degli organi potenzialmente molto utili ad altre persone. Abbiamo fatto proprio in questa azienda, qualche anno, fa una donazione da una donna di 93 anni che ha salvato la vita di una ragazza di Milano di 25 anni”
Non ci sono malattie importanti che impediscono la donazione. Tutte le Religioni sono favorevoli al prelievo di organi in quanto lo considerano un atto di grande solidarietà umana. Gli organi possono essere donati solo quando sia stata accertata la morte cerebrale del donatore, stato definitivo e irreversibile (Legge 29 dicembre 1993, n.578; Decreto 11 marzo 2008). In Italia è possibile la donazione anche da donatore vivente del rene e di parti del fegato.
La legge n. 91 del 1° aprile 1999 garantisce che la volontà degli individui in merito alla donazione degli organi sia rispettata, “è quindi importante che ogni persona esprima in vita il proprio orientamento, perché in mancanza di una dichiarazione scritta questa domanda sarà fatta ai propri cari. Se non li vogliamo lasciare in una situazione di difficoltà, è bene deciderlo prima e comunicarlo”.
Oggi l‘aula del Senato ha, inoltre, approvato all’unanimità (220 sì) il ddl sulla donazione del corpo post mortem. Nella votazione finale c’è stato un solo astenuto. Il provvedimento passa ora all’esame della Camera. Si tratta di 9 articoli, a partire dal primo, che chiarisce che le norme riguardano l’utilizzo a fini di studio e di ricerca scientifica del corpo umano e dei tessuti di persone delle quali sia stata accertata la morte nelle forme di legge e che abbiano espresso in vita il loro consenso.
Sport e alimentazione, alleati della salute degli uomini
PrevenzioneLo sport e una sana alimentazione sono il segreto per la salute della prostata. Però, c’è un segreto, si deve iniziare a mettere da parte questo “tesoretto” di salute a partire dai 25 anni. Seguendo questo stile di vita il rischio di contrarre malattie urologiche come l’ingrossamento della prostata (iperplasia prostatica benigna – Ipb) e la disfunzione erettile (De) scende del 30% circa.
L’INDAGINE
Il dato è stato presentato dalla Società Italiana di Urologia (Siu) dopo che gli esperto hanno realizzato 7.300 visite in 159 centri italiani. In particolare, come ha precisato Walter Artibani, segretario generale della Siu, in 79 centri durante le visite sono state compilate oltre 2.800 schede da parte di uomini con età media 55 anni, incentrate sul confronto fra lo stile di vita e l’attività fisica praticati all’età di 25 anni e al momento della visita.
PANTOFOLAI
I dati ricavati «non lasciano dubbi – afferma il professor Fabio Parazzini dell’Università di Milano, autore dello studio – i giovani pantofolai avranno in media maggiori problemi per quel che riguarda il benessere della prostata. Al contrario, l’attività fisica intensa e regolare svolta prima dei 25 anni riduce del 20% il rischio di iperplasia della prostata benigna in età adulta fino al 30% in meno se la pratica è costante nel tempo. Lo studio conferma anche l’impatto importante del peso extra sulla salute della prostata. L’obesità prima dei 25 anni accresce del 32% la probabilità di iperplasia della prostata benigna, e fino al 41% se la condizione è presente allo stato attuale.
SINDROME METABOLICA
Non solo, l’indagine evidenzia anche che la sindrome metabolica (coesistenza di alcuni fattori che favoriscono la possibilità di sviluppare malattie cardiovascolari e diabete, ndr) influenza il rischio del 48% di manifestare iperplasia della prostata benigna da adulti. E stesso impatto si è registrato per la disfunzione erettile, riducibile del 20% con l’attività fisica prima dei 25 anni. Durante le visite sono stati rilevati 744 casi di iperplasia della prostata benigna, di cui il 31% di nuova diagnosi, presente soprattutto nelle fasce di popolazione più giovane e osservati 650 pazienti con De (23% dl totale) di cui oltre il 44% già in terapia farmacologica.
Troppe donne vanno a letto con lo smartphone
PsicologiaUn tempo se non riuscivano a chiudere era quasi colpa del russare del partner, oggi le donne perdono importanti ore di sonno a causa del cellulare. Una ricerca condotta dalla Queensland university of Technology australiana, e pubblicata su Frontiers in Psychiatry, mette in luce dati preoccupanti: una donna su cinque perde ore di sonno a causa dello smartphone. Ben più limitato il fenomeno negli uomini, in questo caso il rapporto è di 1 su 8.
MINOR PRODUTTIVITA’
Sono in molti, sia uomini che donne, ad essere certi che il dispositivo abbia diminuito la propria produttività. I ricercatori hanno sottoposto a questionari 709 persone tra 18 e 83 anni, con domande sull’utilizzo e sulle sensazioni associate allo smartphone. Dallo studio è emerso che il 24% delle donne e il 14% degli uomini può essere considerato un “utilizzatore problematico”. Il 14% delle donne e l’8% degli uomini cerca inoltre di nascondere il tempo passato al telefono. Circa l’8% del campione di entrambi i sessi ha affermato di avere qualche dolore o fastidio fisico dovuto allo smartphone. tutte queste percentuali, sottolineano gli autori, sono in grande aumento rispetto ad una analoga survey condotta nel 2005. «Questo studio suggerisce che gli smartphone stanno sempre più influenzando negativamente le funzionalità di tutti i giorni – concludono – a causa della mancanza di sonno e dell’abbandono delle responsabilità».
LUCE BLU
Il problema legato ai cellulari, a dire il vero, non è solo di carattere psicologico. Molti danni arrivano infatti da un abuso che si fa di questi dispositivi in combinazione con la luce blu che emettono. Gli esperti ritengono che danneggi la retina accelerando l’insorgenza di maculopatie, malattie in genere legate all’età e che conducono gradualmente alla perdita della vista. Il motivo per cui la luce a queste particolari lunghezze d’onda sia dannosa è stato messo in luce da un team dell’Università di Toledo che afferma dalle pagine di Scientific Reports di aver scoperto il meccanismo che conduce alla morte dei fotorecettori della retina che ci consentono di vedere: la luce blu trasformerebbe una molecola chiamata retinale, indispensabile per la vista, in un killer cellulare. La ricerca, sostengono gli autori, potrebbe portare allo sviluppo di nuove terapie, per esempio dei colliri, per rallentare la degenerazione maculare.
Oms, giochi attivi fino a 2 anni, mai davanti agli schermi
Stili di vitaI bambini devono stare meno tempo seduti in passeggino, secondo l’OMS. Il movimento, infatti, previene l’obesità infantile. Quest’ultimo rappresenta un problema a livello mondiale. Nel mondo sono circa 38 milioni e mezzo i bambini in sovrappeso (dal 2000 al 2017 sono aumentati di 8 milioni). Con una direttiva l‘Organizzazione Mondiale della Sanità ha messo in guardia dalla diffusa tendenza a lasciare i propri figli per ore davanti agli schermi dei dispositivi elettronici, dai tablet agli smartphone, fino ai televisori in casa. Spesso rappresenta un modo per tenere impegnati i propri bambini, ma secondo gli esperti le ore passate davanti ad uno schermo o seduti in passeggino aumentano il rischio di sovrappeso. Inoltre le luci dello schermo possono alterare il ciclo del sonno. Tra le raccomandazioni degli medici, c’è quella di rispettare le giuste ore di riposo, perché questo aiuta i piccoli a crescere più sani e previene l’obesità. La direttiva diffusa dall’Organizzazione mondiale della sanità riguarda la salute dei bimbi di meno di cinque anni per i quali è salutare, si legge, stare meno nel passeggino, dormire il giusto e dedicare più tempo ai giochi attivi. In altre parole, non c’è nulla di più sbagliato del lasciare che i propri figli giochino seduti nel passeggino con il tablet.
Settimana europea delle Vaccinazioni, ogni anno evitano 3 mln di morti
News PresaNel mondo, le vaccinazioni prevengono ogni anno fino a 3 milioni di decessi (7.000 al giorno) e ci proteggono da malattie gravi come il morbillo, la polio, la difterite, il tetano, e altre. Grazie alla vaccinazione, il vaiolo è stato eradicato ed il numero di casi di polio nel mondo è diminuito da 350.000 casi nel 1988 a 33 casi lo scorso anno. Il numero di casi di morbillo è drasticamente diminuito e la mortalità per questa malattia ridotta dell’84% dal 2000 (550.000 morti nel 2000, circa 90.000 nel 2016). Il tetano neonatale è stato eliminato e altre malattie gravi, come la difterite, sono diventate rare. Le vaccinazioni, insomma, sono un importante strumento di prevenzione a disposizione della sanità pubblica. Per informare sull’importanza dell’immunizzazione contro malattie gravi e potenzialmente mortali è nata la settimana europea delle Vaccinazioni, in corso ora.
I temi del 2019
Quest’anno la Settimana europea delle Vaccinazioni celebra le persone che lavorano per assicurare che tutti siano protetti contro le malattie prevenibili da vaccinazione (i “vaccine heroes”). Ne fanno parte i ricercatori che aprono nuove strade nel progresso scientifico, i responsabili delle politiche sanitarie che assicurano l’accesso equo alle vaccinazioni, gli operatori sanitari che somministrano i vaccini, i genitori che scelgono di vaccinarsi e di vaccinare i propri figli e tutti coloro che si informano sui vaccini da fonti affidabili e condividono informazioni corrette sulle vaccinazioni.
Le coperture e i rischi
I successi ottenuti grazie ai vaccini, hanno reso le malattie prevenibili con le vaccinazioni sempre meno percepite come un pericolo, e l’attenzione verso l’importanza dell’immunizzazione è diminuita. Negli ultimi due anni, a causa di Coperture Vaccinali (CV) non ottimali, nel mondo si sono verificate diverse epidemie di morbillo e difterite. Da luglio 2016, infatti, è in corso una vasta epidemia di difterite in Venezuela, con oltre 1.500 casi confermati e 270 decessi. Sono inoltre in corso epidemie di morbillo in vari Paesi che avevano precedentemente raggiunto l’eliminazione, sia nella Regione Europea, sia nel resto del mondo. In Italia, nel 2017 e 2018 si è verificata una vasta epidemia di morbillo con oltre 8.000 casi e 13 morti.
Dal 2013 al 2016, è stata registrata in Italia una diminuzione delle coperture vaccinali per diverse malattie prevenibili da vaccino e, nel 2017 è stato pertanto esteso l’obbligo vaccinale da 4 a 10 vaccinazioni. Una decisione nata a seguito della situazione epidemiologica del morbillo (malattia per cui l’Italia ha aderito all’obiettivo OMS di raggiungere l’eliminazione) e per il rischio di ricomparsa di malattie ormai eliminate o sotto controllo in Italia.
Con l’applicazione della Legge sull’obbligo vaccinale, le coperture vaccinali nei confronti delle malattie prevenibili per le quali è previsto l’obbligo sono aumentate già a partire dal 2017. Un ulteriore aumento è stato registrato in una rilevazione straordinaria effettuata nel 2018 nei bambini nati nel 2015, 2014 e 2010. La copertura nei confronti della polio (usata come proxy per le vaccinazioni contenute nel vaccino esavalente) nei bambini nati nel 2015, ha raggiunto nel 2017 il 94,6% a livello nazionale e il 95,5% nel primo semestre del 2018, con un valore superiore alla soglia del 95% (la minima raccomandata dall’OMS) in 13 Regioni. Per quanto riguarda il morbillo, la copertura nazionale nei bambini nati nel 2015, per la prima dose di vaccino contro il morbillo (che si effettua a 12-15 mesi di età) ha raggiunto il 91,8% nel 2017 e 94,2% nei primi sei mesi del 2018 (rispetto a 87,3% nel 2016, nei bambini di 24 mesi di età). La copertura per la seconda dose di vaccino contro il morbillo (che si effettua a 5-6 anni di età), tra i bambini nati nel 2010, è stata 85,7% nel 2017 e 90,1% nel 2018.
Obiettivo morbillo
Il morbillo è altamente contagioso e la sua eliminazione richiede livelli di copertura vaccinale maggiori o uguali al 95% per due dosi di vaccino. I Paesi di tutte le 6 Regioni OMS hanno fissato obiettivi di eliminazione di questa malattia. Nella regione Europea, 37/53 Paesi hanno eliminato il morbillo e sei hanno interrotto la trasmissione dell’infezione per un periodo di almeno 12 mesi. L’Italia rimane uno dei 10 Paesi dove il morbillo è ancora endemico, questo a causa delle scarse coperture vaccinali nel corso degli anni che hanno portato all’accumulo di ampie quote di popolazione suscettibili all’infezione. Per interrompere la trasmissione endemica del morbillo nel nostro Paese, oltre ad aumentare le coperture vaccinali tra i bambini piccoli (prima dose a 12 mesi e seconda dose a 5-6 anni), sono necessarie anche vaccinazioni nelle fasce di età suscettibili, soprattutto giovani adulti nati a partire dalla fine degli anni 70, quando la copertura vaccinale contro il morbillo era molto bassa e si effettuava una sola dose di vaccino. Nel 2017, la copertura vaccinale nei 18enni (nati nel 1999) era solo del 81,2% per la prima dose e 77,7% per la seconda dose.
Vaccini: un italiano su due crede in frequenti effetti collaterali gravi
PrevenzioneQuasi la metà degli italiani ha paura dei vaccini. È quanto emerge dal primo Eurobarometro che ha analizzato l’atteggiamento degli europei nei confronti dei vaccini, presentato dalla Commissione Ue a Bruxelles. Circa un italiano su due, esattamente il 46 per cento, pensa che i vaccini possano causare di frequente gravi effetti collaterali. Circa un terzo, invece, è convinto che indeboliscano il sistema immunitario (32 per cento). C’è poi un 34 per cento che pensa che possano causare la malattia da cui proteggono. Il nostro Paese non è l’unico, ma è in linea con i numeri europei. Infatti, secondo l’indagine, ben il 48 per cento della popolazione in Europa crede a effetti collaterali gravi e frequenti, percentuale che supera il 50 per cento in sedici paesi Ue. I numeri mostrano quanto siano diffusi i ‘falsi miti’ sui vaccini, in particolare sugli effetti collaterali e sulle modalità con cui agiscono. In altre parole, l’Europa è la regione nel mondo con il livello più basso di fiducia sulla sicurezza e efficacia dei vaccini. Un dato che fa riflettere, anche il vicepresidente della Commissione europea Jyrki Katainen, ha espresso la propria preoccupazione. Una tendenza che secondo gli esperti si traduce in un rischio per la salute pubblica.
Pediatri in campo contro la violenza sui minori
BambiniIn Italia si sta alzando in maniera esponenziale il livello d’allarme per la violenza sui minori. Sempre più spesso la cronaca restituisce storie di ordinaria follia, vicende nelle quali si svela una crudeltà indicibile. «Si stima che in Italia siano circa l’1% i bambini e gli adolescenti maltrattati, ma questa percentuale rappresenta solo la punta dell’iceberg e la “patololgia delle cure” riguarda oltre il 60% dei casi – dice Pietro Ferrara, referente nazionale della Società Italiana di Pediatria (SIP) per abusi e maltrattamenti e professore di Pediatria presso l’Università Campus Bio-Medico e Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma –. Le forme di maltrattamento oggi conosciute sono infatti numerosissime e inizia ad esserci finalmente una maggiore consapevolezza del problema. La formazione su questi temi è diventata indispensabile anche nelle forme diverse da quelle “tradizionali” delle violenze fisiche e degli abusi sessuali. In ogni caso i bambini vittime di abusi, violenze e maltrattamenti, possono soffrire di importanti conseguenze immediate e tardive e vanno incontro a un maggior rischio di sviluppare problemi cognitivi, linguistici e sociali e di sviluppare da adulti disordini della personalità o fare abuso di sostanze».
I DATI
Oggi su un totale di circa 100mila bambini e adolescenti vittime di abusi ogni anno, certamente sottostimato di alcune decine di migliaia di casi per la carenza di denunce, oltre il 60% sono dovuti a trascuratezza. Pensando ai bambini abusati la mente corre ai maltrattamenti fisici e agli abusi sessuali che rappresentano, rispettivamente, il 23% e l’8-10% del totale: le forme di violenza più striscianti sono invece più comuni e in continuo aumento. La denutrizione, l’inadeguatezza dei vestiti, al sesso, all’età o alla stagione, la scarsa igiene o il disinteresse per i bisogni affettivi ed emotivi, fino all’eccesso di cure mediche o alla richiesta ossessiva ai propri figli di prestazioni superiori alla norma, sono tutti esempi di violenze ‘invisibili’ con cui il benessere di un bambino e il suo diritto a uno sviluppo armonico possono venire calpestati.
LO SAI CHE…
Proprio perché la violenza cambia faccia e si nasconde sempre più spesso nelle pieghe della normalità, toccando tutte le classi sociali, prosegue il progetto che punta ad una rete di pediatri “salvabimbi”, grazie ai nuovi corsi di formazione “Lo sai che… Incontri sulla realtà degli abusi e dei maltrattamenti dell’infanzia”, organizzati con la Società Italiana di Pediatria (SIP) e la Federazione Italiana Medici Pediatri (FIMP). Mille pediatri saranno allenati a riconoscere i segnali di difficoltà inespressi dell’infanzia e diventeranno così una “sentinella” del disagio dei minori, andando ad aggiungersi ad altrettanti medici già formati capaci di riconoscere prima i casi di abuso. Da qui a giugno i corsi coinvolgeranno Soave (VR), Novara, Ragusa, Oristano, Noventa (VE), Brescia, Foligno (PG), Viterbo, Caserta, Rende (CS), Ascoli Piceno, Parma e Savona: tredici città e anche centri di piccole dimensioni, proprio per diffondere la conoscenza del fenomeno in maniera più capillare possibile su tutto territorio.
Batteri della bocca e rischi per la salute
PrevenzioneSi dice spesso che dalla salute dei denti, ma soprattutto delle gengive, dipende la salute di tutto il corpo. Sarà vero? Di certo lo è che alcuni batteri della bocca possono arrivare al cuore e creare seri problemi. C’è un nesso, infatti, tra le malattie della gengiva e patologie come ictus o infarto, e a rivelarlo è uno studio realizzato dall’Università del Connecticut di Storrs e pubblicato sul Journal of lipid research. i batteri della bocca possono essere molto pericolosi anche per il cervello, perché possono viaggiare nel corpo e arrivare al cervello, producendo tossine legate alla malattia di Alzheimer.
MOLECOLE
Ora gli scienziati stanno lavorando a piccole molecole che riescono a ridurne la presenza, contribuendo a preservare le capacità cognitive. A illustrare il meccanismo di questa migrazione e il possibile modo di contrastarlo, è stato Jan Potempa, ricercatore della University of Louisville School of Dentistry (Usa), ospite pochi giorni fa al congresso Experimental Biology, organizzato dall’American Association of Anatomists. Nel mirino dei ricercatori il batterio Porphyromonas gingivalis, coinvolto nella parodontite, infiammazione grave e cronica delle gengive: in precedenti studi era stato già trovato in campioni di cervello di malati di Alzheimer, senza tuttavia che venisse identificata una relazione di causa-effetto. «Questo batterio – spiega Mario Aimetti, presidente della Società Italiana di Parodontologia e Implantologia (SidP) – inizia a infiltrarsi nelle gengive durante l’adolescenza e circa il 20% dei giovani adulti ne presenta bassi livelli in bocca. Non è dannoso in tutte le persone, ma se cresce in modo incontrollato può portare il sistema immunitario a scatenare infiammazioni, causando rossore, gonfiore, sanguinamento ed erosione del tessuto gengivale».
MIGRAZIONI
Uno studio pubblicato di recente su Science Advanced, ha spiegato Potempa, membro del team multinazionale di ricercatori che lo ha condotto, ha confrontato il tessuto cerebrale di 100 individui con e senza Alzheimer e «ha osservato che P. gingivalis era più comune nei campioni prelevati dai malati di Alzheimer, come evidenziato dall’impronta del DNA del batterio e dalla presenza delle sue tossine chiave, note come gingipain». Negli studi sui topi, si è visto che il batterio può “infiltrarsi” nelle microlesioni della bocca, spostarsi attraverso il sangue e arrivare al cervello, dove la sua presenza è associata a un aumento della produzione di beta-amiloide. Tuttavia, prosegue Potempa, «questa migrazione può essere bloccata da farmaci che prendono di mira le tossine gingipain: molecole in fase uno di sperimentazione, infatti, sono state somministrate ai topi, riducendone la presenza del batterio nel cervello».